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Libano: Hariri ritorna alla guida del governo, pronto a giocare «l’ultima carta»

(Roma 22 Ottobre 2020). L’incarico di formare un nuovo governo per il Libano è stato conferito a Saad Hariri, l’ex premier dimessosi a seguito dell’ondata di proteste iniziata il 17 ottobre 2019. Per Hariri, si tratterà del suo quarto mandato.

Le consultazioni tra il capo di Stato libanese, Michel Aoun, e i blocchi parlamentari avevano avuto inizio nella mattina di giovedì 22 ottobre, al palazzo presidenziale di Baabda. Sebbene fosse un’ipotesi considerata da settimane, diverse sono state le voci di dissenso alla nomina di Hariri, provenienti perlopiù da partiti cristiani maroniti, come il Free Patriotic Movement e le Forze Libanesi. Nonostante ciò, Hariri è riuscito ad ottenere 65 voti, su un totale di 120, e ad essere nominato primo ministro per la quarta volta dal 14 febbraio 2005, giorno dell’assassinio del padre, Rafiq Hariri. Una volta formato il nuovo esecutivo, sarà il presidente Aoun ad avvalersi del suo diritto costituzionale e sarà lui ad accettare o meno la formazione ministeriale proposta o a richiedere la modifica di alcune personalità designate.

Spinto dalla forte mobilitazione popolare dell’ottobre 2019, Saad Hariri era stato costretto a dimettersi il 19 dicembre dello stesso anno, lasciando Beirut in una crescente e perdurante fase di stallo politico, la quale si è aggiunta ad una grave crisi economica e finanziaria, considerata la peggiore dalla guerra civile del 1975-1990. Ad esacerbare ulteriormente la situazione vi è stata, poi, l’esplosione presso il porto di Beirut, il 4 agosto scorso, considerata la “scintilla che fa fatto traboccare il vaso”. La missione di Hariri sarà riconquistare la fiducia non solo della popolazione libanese, la quale non ha mai smesso di lamentare condizioni di vita e sociali sempre più precarie e una corruzione dilagante tra le classi politiche al potere, ma anche dei donatori internazionali, tra cui la Francia, e del Fondo Monetario Internazionale (FMI), i quali hanno promesso sostegno finanziario in cambio di una squadra governativa in grado di implementare le riforme di cui necessita attualmente il Libano.

Nel corso delle ultime settimane, Hariri si è mostrato a favore della cosiddetta “road map” francese, presentata dal presidente Emmanuel Macron all’indomani dell’esplosione di Beirut. Come ribadito anche nel suo discorso a seguito della nomina, il 22 ottobre, compito del primo ministro sarà attuare le riforme economiche, finanziarie e amministrative contenute nel documento delineato da Parigi. Per il premier ri-eletto, “l’iniziativa francese” è l’unica strada perseguibile per ricostruire Beirut nel modo più veloce e sicuro, oltre che “l’unica e l’ultima” carta da poter giocare per evitare il collasso. “Mi concentrerò sulla formazione di un governo in tempi rapidi”, ha affermato Hariri.

Ciò significa formare una squadra indipendente, apartitica e composta da specialisti. Secondo alcuni, non è da escludere l’ipotesi di un compromesso con alcune forze politiche, tra cui il duo sciita Amal-Hezbollah, ritenuto il responsabile del fallimento dell’ex premier designato, Mustapha Adib, dimessosi il 26 settembre. Nel corso delle consultazioni del 22 ottobre, i suddetti partiti non hanno votato a favore di Hariri. Motivo per cui, alcuni sostengono che Hariri potrà ottenere un pieno appoggio da parte di Hezbollah solo se soddisferà le richieste già avanzate in precedenza con Adib, ovvero l’assegnazione di portafogli ministeriali a personalità sciite, tra cui il Ministero delle Finanze.

Anche dopo le proteste del 2019 e le sue dimissioni, Hariri, secondo alcuni, ha continuato a rappresentare il candidato più forte, il quale, più di altri, era destinato ad occupare una posizione che, secondo il sistema confessionale libanese, deve essere ricoperta da un rappresentante sunnita. Tuttavia, il ritorno di Hariri sul palcoscenico libanese rappresenta una sfida anche per i gruppi di attivisti tuttora impegnati nella rivolta nazionale contro la classe politica del Paese. “Il ritorno di Hariri è il culmine della controrivoluzione”, ha dichiarato Nizar Hasan, attivista politico del gruppo indipendente Li Haqqi. “Un pilastro dell’establishment politico, un multimilionario che rappresenta le banche e gli interessi stranieri, e un simbolo di governance inefficiente e corrotta”, ha continuato l’attivista, evidenziando come il premier rappresenti esattamente ciò contro cui la popolazione libanese si è ribellata.

Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)

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