«Svezia nella NATO ? Solo con la Turchia in UE»: il ricatto di Erdogan

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(Roma, 11.07.2023). Recep Tayyip Erdogan alza l’asticella delle richieste alla Svezia perché possa essere accettata nella Nato. Il presidente turco, alla vigilia del summit di Vilnius ritenuto tra i più strategici degli ultimi anni, durante una conferenza stampa pre-partenza per la Lituania ha chiesto un preciso scambio aI partner euroatlantici: “Aprite le porte dell’Ue alla Turchia e apriremo le porte della Nato alla Svezia”, ha dichiarato il Reis rispondendo alle domande sul tema dell’agenzia turca Anadolu.

Si tratta di una svolta importante e dall’elevato peso specifico perché pone in essere un elemento negoziale fino ad ora inatteso. Qualora fosse anche solo una provocazione, l’idea di Erdogan lancerebbe uno scenario inaudito: barattare il via libera a un partner in pectore di un’alleanza militare con l’ingresso dell’attore decisivo per il suo ingresso in un’altra organizzazione internazionale di matrice politico-economica e giuridica rappresenta una soglia negoziale estremamente complessa da mettere in campo. Questo per un’ampia serie di motivi.

In primo luogo, un dato autoevidente: Unione europea e Nato non sono sovrapponibili. Così come ci sono Paesi europei della Nato che non sono membri dell’Unione europea (Norvegia e Regno Unito in primis), così ci sono Stati della comunità dei Ventisette esterni al perimetro atlantico: Austria e Irlanda sono i più rilevanti, ma ci sono anche Malta e, soprattutto, Cipro. Stato sulla cui superficie Ankara ha da mezzo secolo installato la secessionista Repubblica turca di Cipro Nord e con cui ha una disputa territoriale evidente.

In secondo luogo, nessun elemento riguardante una ripresa del discorso sull’adesione della Turchia all’Ue era mai stato portato da Ankara al tavolo negoziale quando, nel 2022, aveva alzato l’asticella per chiedere precise contropartite all’accesso della Finlandia e della Svezia alla Nato. Né ragionevolmente avrebbe potuto essere considerato un valido elemento negoziale. Al vertice di Madrid del 2022 Erdogan aveva chiesto a Stoccolma e Helsinki la fine dell’ospitalità e della protezione dei guerriglieri curdi del Pkk e la rottura con la branca siriana del Partito curdo dei lavoratori, le Ypg. Oltre a questo, aveva incassato la fine dell’embargo sulle armi nei confronti della Repubblica euroasiatica da parte dei due Paesi scandinavi. Ma processi come i roghi del Corano in Svezia e l’ascesa a Stoccolma del centrodestra guidato da Ulf Kristersson avente come appoggio esterno quello dei Democratici Svedesi conservatori e nazionalisti, tanto atlantisti quanto anti-turchi, ha ritardato l’applicazione delle richieste turche. Oggi ulteriormente indurite.

Il terzo punto sta nel fatto che la proposta scavalca le prospettive negoziali del segretario Nato Jens Stoltenberg. Negli anni silenzioso tessitore delle manovre Nato e autore di diverse ricuciture apprezzate più volte da Erdogan, a partire dal sostegno incassato dopo il fallito golpe del 2016 e i controversi interventi in Siria della Turchia del 2018 e del 2019, Stoltenberg non avrebbe margine di manovra dopo una presa di posizione del genere. Ma proprio stasera Erdogan lo incontrerà per capire se l’impasse è sbloccabile. Previsto anche un incontro con Kristersson, mentre in giornata è giunta una chiamata da Tony Blinken, segretario di Stato Usa, al ministro degli Esteri turco Hakan Fidan per provare a sbloccare l’impasse.

A cosa punta Erdogan ? In poche parole, a essere sempre più centrale. Il Reis dà un colpo al cerchio e uno alla botte. Riceve il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Ankara dichiarandosi pronto a accogliere l’Ucraina nella Nato. Ma al tempo stesso annuncia di aver invitato a Ankara ad agosto Vladimir Putin per parlare dei rapporti russo-turchi e degli accordi del grano. Fa della sicurezza il suo pivot diplomatico puntando sul neo-ministro degli Esteri Hakan Fidan, in perenne confronto con Washington, Mosca e Kiev forte dell’esperienza alla guida dell’intelligence.

Tutti i tavoli negoziali devono passare dalla Turchia. E ciò rende Erdogan più saldo che mai dopo la recente rielezione. Ormai l’obiettivo è chiaro: rendere Ankara indispensabile in ogni tavolo e profittare su ogni fronte. Che si tratti di evitare il tracollo dell’economia turca rendendo onerosa politicamente la fuga dei capitali occidentali, che si tratti di garanzie securitarie agli interessi energetici e geopolitici di Ankara, che si parli di integrazione infrastrutturale e bilanciamenti regionali tra Mediterraneo orientale e Medio Oriente, Erdogan è pronto, quando in futuro l’azione turca si farà propositiva, a cercare una dopo l’altra le varie contropartite politiche. E a giocare, mossa dopo mossa, la sua partita di continui rilanci. A volte addirittura improbabili. Ma il vantaggio in questa partita a scacchi è tutta per il Sultano: sa benissimo cosa vogliono gli occidentali, cioé in questo caso Stoccolma nella Nato. Ma continua a ampliare la cortina fumogena mostrandosi equivoco su ciò che vuole davvero. E questo lo rende sempre più impossibile da ignorare.

Di Andrea Muratore. (Inside Over)