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«Neutralizzato il capo dell’ISIS»: la rivelazione di Erdogan

(Roma, 30.04.2023). Il presidente turco, in piena campagna elettorale, ha annunciato che Abou Hussein al-Qourachi sarebbe morto nel corso di un’operazione dei servizi segreti turchi

In clima di intensa campagna elettorale Recep Tayyip Erdogan prova a guadagnare terreno con una rivelazione notevole. Il « presunto capo » dello Stato Islamico sarebbe stato « neutralizzato » nella notte del 29 arilre in Siria. Nel corso di un’intervista il presidente turco ha fornito qualche dettaglio: « Il presunto capo di Daesh, nome in codice Abou Hussein al-Qourachi, è stato neutralizzato nel corso di un’operazione compiuta dal Mit (i servizi segreti turchi) in Siria ». « Noi », ha aggiunto Erdogan, « continueremo la nostra lotta contro le organizzazioni terroristiche senza esclusione di colpi ».

Per l’organizzazione si tratterebbe della seconda morte del leader in pochi mesi. Il 30 novembre scorso il gruppo aveva annunciato che l’allora capo Abou Al-Hassan Al-Hachimi Al-Qourachi era morto combattendo « i nemici di Dio ». In particolare Al-Qourachi, il predecessore, era rimasto ucciso nel Sud della Siria combattendo i ribelli siriani.

Secondo un corrispondente dell’Agence France-Presse l’operazione che ucciso l’ultimo leader dell’Isis ha avuto luogo nel Nord della Siria. In particolare gli uomini dell’intelligence turca, in collaborazione con la polizia miliare locale, sostenuta sempre da Ankara, sarebbero entrati in azione nei pressi della località di Jindires, nel cantone curdo di Afrin.

Secondo diversi testimoni, riporta sempre Afp, l’operazione si sarebbe svolta nei pressi di un palazzo abbandonato che in passato era stato la sede di una scuola islamica. Levent Kemal, giornalista di Middle East Eye ha scritto di aver avuto conferma dai residenti di Jindires che gli scontri avrebbero coinvolto miliziani jiadisti e che il capo si sarebbe fatto saltare in aria al termine dello scontro.

Per quello che resta dello Stato Islamico si tratta di un secondo duro colpo in meno di un mese. Il 4 aprile il Comando centrale Usa, Centcom aveva annunciato di aver eliminato Khaled Aydd Ahmad al-Jabouri, uno dei leader storici della formazione, la mente dietro gli attacchi dell’Isis che hanno insanguinato l’Europa negli anni di massima espansione del Califfato.

Al-Jabouri prima e Al-Qourachi poi sono entrambi morti in quel lembo di Siria ancora fuori dal controllo di Damasco. Il primo nel « qaedistan » presenete nel governatorato di Idlib, ultima roccaforte dei ribelli nel Nord Overs del Paese, il secondo in quel cantone di Afrin, prima sotto il controllo delle forze curde e poi strappato dalla Turchia con l’Operazione Ramoscello d’Ulivo nel 2018. Ad oggi la Turchia formalmente controlla quello spicchio di Siria grazie a proxy locali.

Come ha sottolineato Le Monde, oggi lo Stato Islamico è fortemente indebolito, ma nonostante questo continua a colpire i civili, soprattutto in Siria. Solo il 16 aprile 41 persone, tra le quali 24 civili, sono morte in due attacchi attribuiti proprio a miliziani di Daesh. Nonostante la sconfitta in Siria e Iraq tra 2018 e 2018, l’organizzazione delle bandiere nere continua ad essere una minaccia.

Nel luglio scorso un dossier dell’Onu stimava che nei territori dell’ex Califfato ci sarebbero tra i 6mila e 10mila jihadisti, molti dei quali impegnati in operazioni di guerriglia e attacchi terroristici. Nonostante le operazioni chirurgiche contro la testa dell’organizzazione, l’Isis è ancora presente in molte parti del mondo. Secondo le Nazioni Unite le « province » più pericolose sono quelle attive in Somalia, nel Sahel, nel bacino del lago Ciad e soprattutto in Afghanistan.

Di Alberto Bellotto. (Il Giornale)

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