Libia : condanne contro l’ingerenza turca, Tripoli risponde

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(Roma-12 maggio 2020). Egitto, Emirati Arabi Uniti (UAE), Grecia, Francia e Cipro hanno espresso la propria preoccupazione di fronte all’escalation di violenza in Libia ed hanno condannato l’ingerenza turca nel Paese. Per Tripoli, si è trattato di un’interferenza negli affari interni libici.

In particolare, in una dichiarazione congiunta rilasciata l’11 maggio, i ministri degli Esteri dei cinque Paesi hanno riferito di aver discusso delle situazioni di crisi che minacciano la pace e la stabilità della regione del Mediterraneo orientale e degli ultimi sviluppi verificatisi, considerando l’escalation in corso e le ultime mosse «provocatorie». In particolare, i ministri hanno condannato le operazioni condotte da Ankara nella Zona Economica Esclusiva di Cipro e nelle sue acque territoriali, violando il Diritto internazionale, oltre che la Convenzione delle Nazioni Unite e la Legge del Mare. Nello specifico, per la sesta volta in meno di un anno, la Turchia ha effettuato attività di esplorazione definite «illegali» nella aree marittime di Cipro, oltre ad aver violato lo spazio aereo ellenico, attraverso sorvoli non autorizzati su aree residenziali ed acque territoriali.

Inoltre, è stato specificato che il memorandum di intesa raggiunto il 27 novembre 2019 dal governo di Tripoli, altresì noto come Governo di Accordo Nazionale (GNA), e dalla Turchia contraddice il Diritto internazionale e l’embargo sulle armi imposto dalle Nazioni Unite, oltre a minare la stabilità regionale. Tale memorandum riguarda la delimitazione dei confini marittimi di Libia e Turchia nel mediterraneo orientale, ma, secondo quanto riferito l’11 maggio, viola i diritti sovrani dei Paesi terzi e non rispetta la Legge del Mare.

Non da ultimo, la Turchia è stata accusata di aver sfruttato in modo sistematico i civili, provando a spingere i migranti ad attraversare illegalmente i confini terrestri e marittimi della Grecia. Di fronte a tale scenario, le parti coinvolte nel conflitto libico sono state nuovamente esortate a raggiungere una tregua che duri per tutto il mese sacro di Ramadan. La Turchia, in particolare, è stata invitata a rispettare l’embargo sulle armi delle Nazioni Unite e a porre fine al flusso di combattenti stranieri provenienti dalla Siria. Dal canto loro, i cinque Paesi si sono detti disposti a collaborare per raggiungere una soluzione politica in Libia, sotto l’egida delle Nazioni Unite. A tal proposito, ci si è detti pronti a rispettare gli impegni presi nel corso della conferenza di Berlino a livello politico, militare, economico e finanziario.

Secondo quanto riportato da al-Jazeera, il Ministero degli Affari Esteri del GNA ha risposto alla dichiarazione congiunta dell’11 maggio considerandola una forma di ingerenza negli affari interni della Libia. Questa, inoltre, a detta di Tripoli, contiene delle inesattezze che violano i diritti del Paese e la propria sovranità nazionale e, pertanto, il governo tripolino si è detto pronto a difendere gli interessi dello Stato e gli interessi economici del popolo, in qualità di governo riconosciuto a livello internazionale. Non da ultimo, è stato specificato che il memorandum d’intesa raggiunto con la Turchia rispetta gli accordi e le intese a livello internazionale e non mina i diritti di Paesi terzi. Infine, Tripoli si è detta sorpresa circa la presenza degli UAE tra i firmatari della dichiarazione dell’11 maggio, essendo un Paese che non si affaccia sul Mediterraneo. A detta del Ministero tripolino, ciò dimostra come il Paese abbia altri scopi e obiettivi circa la questione libica.

La Libia vive in una situazione di grave instabilità dal 15 febbraio 2011, data che ha segnato l’inizio della rivoluzione e della guerra civile. Nel mese di ottobre dello stesso anno, il Paese nordafricano ha poi assistito alla caduta del regime del dittatore Muammar Gheddafi, ma da allora non è mai riuscito a effettuare una transizione democratica e vede tuttora la presenza di due schieramenti. Da un lato, il governo di Tripoli, nato con gli accordi di Skhirat del 17 dicembre 2015, guidato da Fayez al-Sarraj e riconosciuto dall’Onu. Dall’altro lato, il governo di Tobruk, con il generale Khalifa Haftar, a capo dell’Esercito Nazionale Libico (LNA). Il governo di Tobruk riceve il sostegno di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Russia e Francia. In particolare, Il Cairo, Riad ed Abu Dhabi sostengono militarmente ed economicamente le forze dell’esercito di Haftar. L’Italia, il Qatar e la Turchia appoggiano, invece, il governo riconosciuto a livello internazionale.

(Piera Laurenza – sicurezzainternazionale)

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