Francia: la riforma delle pensioni, la protesta non si ferma, nuove manifestazioni a Parigi

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Scontri con la polizia e danni nella capitale e a Lione. Lunedì Borne alla prova dell’Assemblea nazionale: decisivi i Repubblicani. I sindacati: la mobilitazione andrà avanti

Nuove manifestazioni contro la riforma delle pensioni voluta da Emmanuel Macron sono attese nel fine settimana in Francia, mentre il governo sprofonda in una crisi politica dopo l’approvazione forzata del disegno di legge.

Luogo simbolo della protesta è Place de La Concorde, diventato il punto di ritrovo spontaneo di migliaia di persone. Venerdì sera in quattromila si sono radunati intorno all’obelisco per manifestare. A poche decine di metri, dall’altra parte della Senna, la blindatissima Assemblée Nationale, dove il governo ha sfidato la rabbia popolare imboccando la scorciatoia della « fiducia » per far passare una legge che impone l’aumento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni, invisa al 70% dei francesi.

Giovani col volto coperto hanno dato alle fiamme transenne e cassonetti e la polizia in tenuta antisommossa ha effettuato diverse cariche, mentre veniva presa di mira da sassaiole e bottiglie lanciate dai manifestanti.

La seconda serata di proteste si è conclusa con il fermo di 61 persone e diversi danni all’arredo urbano. Incidenti anche a Lione, dove gruppi di manifestanti hanno compiuto un raid negli uffici del Comune del quarto arrondissement, appiccando un principio di incendio, subito domato. Giovedì i fermi erano stati 310 in tutta la Francia, di cui 258 a Place de la Concorde.

L’intersindacale ha indetto nuove manifestazioni per sabato e domenica, oltre a una nona giornata di scioperi e dimostrazioni giovedì contro la riforma, che include l’estensione dell’età pensionabile da 62 a 64 anni.

Il ricorso all’articolo 49.3 della Costituzione per forzare l’adozione del testo sulle pensioni senza votazione è considerato quasi unanimemente come una battuta d’arresto per il presidente francese Emmanuel Macron, che ha puntato gran parte del suo credito politico su questa riforma chiave del suo secondo mandato quinquennale.

Lunedì le opposizioni tenteranno di ottimizzare l’ultima opportunità istituzionale loro rimasta: far cadere il governo di Elisabeth Borne e dunque anche la riforma. Per ora sono state presentate due mozioni di censura: una del Rassemblement National di Marine Le Pen, che non raccoglierebbe i voti della gauche; l’altra – più strategica – da parte del piccolo gruppo di deputati indipendenti Liot. L’ha subito sottoscritta anche l’alleanza di gauche, Nupes, con conseguente ritiro della mozione di La France Insoumise, che ha desistito per indirizzare il massimo dei voti su quella di Liot.

Un obiettivo che appare difficile: anche facendo il pieno di voti da Marine Le Pen a Jean-Luc Mélenchon, e aggiungendo una quota di Républicains « disobbedienti » ai vertici alleati del governo, si resta lontani dai 287 voti necessari, ne mancherebbero fra i 25 e i 15 voti, secondo gli ultimi conteggi diffusi dal sito di Le Figaro.

I settori in cui lo sciopero « ad oltranza » dichiarato il 7 marzo sta ancora funzionando sono soprattutto quelli della nettezza urbana e quello dell’energia.

La Cgt, uno dei sindacati più importanti, ha annunciato il fermo della raffineria Total Energies di Normandia. Messo fuori servizio dai dipendenti anche il più grande stabilimento di stoccaggio di gas d’Europa, quello di Chémery: il flusso è stato ridotto a 70.000 metri cubi all’ora, « tecnicamente il minimo per non danneggiare le macchine ».

E a Edf (Eléctricité de France) restano i picchetti, con blackout « mirati ». Il resto, anche se con qualche disagio, continua a funzionare, compresi i trasporti che sono tradizionalmente il settore che mette in ginocchio il Paese e che stavolta ha un tasso di aderenti allo sciopero che non crea troppi disagi.

(Rai News)