Iran già a colloquio con Biden ? Indiscrezioni… dalla Francia

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(Roma il 25 gennaio 2021). Secondo Le Figaro l’amministrazione statunitense (di Biden) è da tre settimane in contatto con esponenti del governo iraniano. Washington non commenta: cosa c’è dietro alle indiscrezioni francesi ?

Domenica il quotidiano francese Le Figaro ha fatto uscire un’indiscrezione velenosa: da tre settimane sarebbero in corso colloqui backchannel (ossia non ufficiali) tra funzionari americani e iraniani per il rientro degli Stati Uniti nell’accordo sul congelamento del programma nucleare di Teheran, il Jcpoa. Gli incontri stanno avvenendo a New York – dove si trova il Palazzo di Vetro dell’Onu, istituzione parte in causa dell’accordo firmato oltre che dall’Iran e dagli Usa, da Francia, Regno Unito, Cina e Russia, ossia dai membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (tant’è che il meccanismo di negoziazione arrivato alla stesura dell’intesa nel 2015 si chiamava 5+1, dove era inserita anche la Germania nelle vesti di rappresentate dell’Unione europea).

In un’intervista su Repubblica il viceministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, ha negato qualsiasi genere di colloquio in corso. Domanda del giornalista Vincenzo Nigro: “Avete iniziato ad avere contatti riservati con la nuova amministrazione?”. Risposta del viceministro iraniano: “No, non abbiamo avviato nulla e non abbiamo nessuna intenzione di farlo. Chiaramente, attendiamo che entrino pienamente in servizio e inizino a ragionare su come fare le loro scelte”.

Le Figaro non indica chi parla con gli iraniani, ma scrive che si tratta di un inviato “della nuova amministrazione” statunitense guidata dal democratico Joe Biden, che ha già espresso l’intenzione di tornare al tavolo negoziale con la Repubblica islamica. O almeno lavorare per conto di. All’esatto opposto, il suo predecessore Donald Trump ha guidato non solo l’uscita unilaterale statunitense dal Jcpoa – maggio 2018 – ma ha anche avviato contro l’Iran quella che è stata definita la “massima pressione”, una serie di misure volta a sfiancare quello che viene considerato il principale nemico americano in Medio Oriente. L’amministrazione Biden per ora non ha commentato la vicenda, di cui aveva parlato anche l’israeliano Channel 12 a metà mese.

Nel caso del canale israeliano, passare l’informazione poteva servire a informare in modo (in)discreto Washington sul fatto che Tel Aviv era a conoscenza di certe attività – non un fatto eccezionale d’altronde. Ma nel caso del quotidiano francese, chi ha passato l’informazione ? E perché ? La Francia ai tempi del negoziato condotto dall’allora amministrazione Obama ha più volte giocato il ruolo del poliziotto cattivo, molto critico con Teheran, poi successivamente davanti all’uscita trumpiana dal deal aveva usato la questione come uno dei terreni in cui l’Europa – rappresentata dai cosiddetti E3 nell’accordo – avrebbe dovuto dimostrarsi in grado di muoversi in autonomia per privilegiare la propria sovranità strategica. Questione che recentemente ha visto Emmanuel Macron in attacco.

Nel caso, l’eliminazione delle sanzioni conseguenti all’accordo aveva riaperto il mercato iraniano ai membri Ue, poi richiuso quando gli Usa sono usciti e reimposto l’intera panoplia sanzionatoria. Ma l’intesa poteva anche aprire a un dialogo più ampio per costruire un’architettura di sicurezza nel Medio Oriente. È un obiettivo non esplicito e difficilmente raggiungibile dal Jcpoa, tecnicamente legato solo alla sfera nucleare, e invece sentito come necessario – anche adesso dall’amministrazione Biden – per concludere un nuovo accomodamento negoziale (che comprenda quindi il tema scabroso dei movimenti regionali attraverso le milizie proxy e quello del controllo del programma sui missili balistici iraniani). Ora il punto sul rivelare le discussioni in corso “già da tre settimane” complica la strada agli Stati Uniti su diversi fronti.

Innanzitutto crea imbarazzo davanti agli alleati regionali, come Israele per esempio che Washington sta rassicurando sulla trasparenza dei rapporti futuri (a Tel Aviv potrebbe essere affidato un ruolo di autorità delegata nella regione, ma se non c’è chiarezza su temi così grossi come l’Iran per lo stato ebraico le cose possono non andare bene). Così come ai Paesi del Golfo: nell’area è in corso un ri-modellamento anche frutto dell’ingresso di Biden alla Casa Bianca, ma l’argomento Iran – rivale esistenziale delle monarchie arabe sunnite – resta in piedi. La Francia cerca questo genere di uscite velenose per avvantaggiarsi ? Per spingere i proprio interessi ? Oppure si fa portavoce dei pensieri di cancellerie amiche come quella di Abu Dhabi, che è la meno disponibile ad accettare tout court quel quadro in rimodulazione di priorità e posture che sta coinvolgendo il Medio Oriente, sebbene ne sia stata parte pragmatica negli Accordi di Abramo con Israele ?

Le uscite di certi quotidiani francesi sono sempre interessanti perché spesso riguardano direttive di carattere politico-strategico dell’Eliseo o degli apparati: si ricorderà per esempio che Le Monde bruciò un canale di contatto che l’intelligence italiana aveva avviato con Damasco per conto dell’Europa, oppure si potrebbe pensare al network di disinformazione costruito nel Nord Africa per spingere gli interessi di Parigi e recentemente esposto pubblicamente da Facebook, o ancora quel che scrive su Twitter la giornalista Arianna Poletti: “Sta girando un reportage di France 2 in cui si parla dei rifiuti italiani in Tunisia come dei ‘rifiuti Covid’. Nulla conferma, per ora, che si tratti di rifiuti ospedalieri. Quello che sappiamo è che sono arrivati con il codice che corrisponde ai rifiuti urbani” (da notare che si mette pressione su certe ipotesi in un momento in cui la Tunisia è sfibrata da crisi economica, sanitaria e disordini).

Val la pena sottolineare che quanto fatto uscire su Le Figaro potrebbe non creare solo problemi esterni agli Stati Uniti. Mentre è consentito ai funzionari federali continuare le proprie attività durante la fase di transizione, sarebbe illegale per un membro del Transition Team di Biden aver portato avanti colloqui su certi dossier, con funzionari di un Paese straniero, prima dell’Inauguration e del conferimento del ruolo ufficiale nell’amministrazione. Per esempio, per una vicenda del genere l’ex consigliere per la Sicurezza nazionale Michael Flynn fu indagato dall’Fbi e condannato – aveva avuto contatti con membri del governo russo per conto del Team Trump. E quello sull’Iran è un tema caldo anche nel dibattito politico interno al Congresso.

Emanuele Rossi. (Formiche)