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I segreti nucleari e le infiltrazioni, su Israele l’ombra delle spie iraniane

(Roma, 09 giugno 2025). Lo spionaggio iraniano opera attivamente in Israele ? Nelle alte sfere di Tel Aviv la domanda è sempre più urgente e pressante, nella consapevolezza che diversi indizi convergono a palesare una maggiore vulnerabilità dello Stato Ebraico a infiltrazioni ostili della Repubblica Islamica in una fase in cui la competizione geopolitica tra le due potenze è estremamente animata.

L’Iran ha rubato i segreti nucleari di Israele ?

Nella giornata di sabato PressTv e altri media controllati dallo Stato iraniano hanno dato la notizia dell’acquisizione di documenti sensibili riguardanti il programma nucleare israeliano da parte dei Teheran, collegando la notizia proprio a un’operazione delle spie iraniane. Tasnim, organo ritenuto vicino al corpo dei Guardiani della Rivoluzione, ha aggiunto ulteriori dettagli collegando l’acquisizione di segreti nucleari all’infiltrazione di due cittadini israeliani, Roy Mizrahi e Almog Atias, in carcere con l’accusa di aver spiato il proprio Paese su dossier strategici.

Teheran non ha presentato prove di quanto affermato. Il Times of Israel ha ricordato che “Mizrahi e Atias, entrambi 24enni e residenti a Nesher, vicino a Haifa, sono stati arrestati a fine aprile in seguito a un’indagine congiunta dello Shin Bet e dell’unità reati gravi Lahav 433 della polizia israeliana” e che “Mizrahi ha mantenuto i contatti con agenti iraniani per tutto il 2025 e ha portato a termine una serie di missioni legate alla sicurezza, alcune insieme ad Atias, pienamente consapevole di agire sotto la direzione iraniana”.

Il richiamo allo scenario nucleare, cuore pulsante e nervo scoperto della sicurezza nazionale israeliana, che tiene il suo armamento atomico ufficialmente inesistente sotto stretta sorveglianza, è però un indubbio strumento di pressione politica.

Perché le spie di Teheran preoccupano Israele

In primo luogo, è un’operazione di guerra psicologica che a basso costo può acuire le tensioni interne allo Stato Ebraico, dove sul tema dei presunti fallimenti d’intelligence si è consumato lo strappo tra il premier Benjamin Netanyahu e il direttore uscente dello Shin Bet, Ronen Bar, prossimo all’avvicendamento col generale David Zini, ritenuto competente sul piano militare ma acerbo su quello dello spionaggio e condizionato da una visione del mondo ultra-nazionalista. In secondo luogo, l’annuncio cade in una fase di alta marea politica per la coalizione di destra al potere a Tel Aviv e piomba come un fulmine a ciel sereno su rivalità istituzionali da tempo strutturate.

C’è poi, terzo elemento, la volontà iraniana di controbilanciare la sempre più attiva pressione israelo-americana che va di pari passo con le trattative tra Teheran e Washington sul nucleare, che l’intelligence di Tel Aviv intende far deragliare e su cui i “falchi” Usa non mollano, chiedendo la completa rinuncia da parte della Repubblica Islamica all’arricchimento dell’uranio. Far supporre di aver in mano informazioni sull’atomica di Tel Aviv può apparire un controbilanciamento di queste pressioni, un campo su cui agire come leva negoziale palese.

Tutto questo mira a ribaltare la strategia condotta da anni da Israele contro l’Iran: portare la guerra-ombra, non dichiarata e a lungo sotterranea, nel territorio nemico dopo anni in cui erano le spie di Tel Aviv a scorrazzare liberamente sul suolo del Paese centroasiatico. Dagli omicidi degli scienziati nucleari all’attentato con cui a fine luglio del 2024 è stato eliminato il leader di Hamas Ismail Haniyeh, a Teheran per l’inaugurazione presidenziale di Masoud Pezeshkian, Tel Aviv ha dimostrato di saper colpire. Ora è l’Iran a voler reagire.

Come si infiltra l’Iran

Israel Hayom ha studiato da vicino la capacità d’infiltrazione dell’Iran nel Paese e segnalato che Teheran per portare la pressione in casa ai rivali per eccellenza “ha abbandonato le lente e dispendiose tradizioni dello spionaggio classico: niente più lunghi controlli, estenuanti addestramenti o elaborate storie di copertura”, via libera invece a “aggressive campagne di massa sui social media con cui migliaia di israeliani vengono contattati” con la scusa di nuove offerte di lavoro e guadagni facili.

Conscio della capacità di controspionaggio di Israele, che nel 2025 ha già fermato 30 sospetti per spionaggio a favore della Repubblica Islamica, “l’Iran non ha fretta e non investe molto in una singola recluta”, ma “lancia una rete ampia, sapendo che anche poche catture riuscite sono sufficienti” e che anche solo un numero ridotto di spie capaci di portare risultati possono creare danni e insicurezza ai rivali. In quest’ottica non è nemmeno necessario che il roboante annuncio del furto di segreti nucleari israeliani da parte dell’Iran sia vero: conta il messaggio politico, cioè far sentire a Tel Aviv che gli uomini di Teheran si muovono sul suo territorio. Alimentando la sensazione d’assedio e alzando l’asticella della sfida iraniana per ridurre la pressione su altri fronti.

Di Andrea Muratore. (Inside Over)

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