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Nazionalisti, terroristi e galeotti: il fronte anti-Putin si schiera con Evgeny Prigozhin

(Roma, 27.06.2023). Se il golpe-non golpe di Evgeny Prigozhin è durato poco meno di ventiquattro ore, gli strascichi della sua levata di testa hanno cominciato a farsi sentire da subito con echi di cui sentiremo parlare ancora per molto. Avevamo parlato qui di un’ipotesi affatto peregrina nelle scorse ore, ovvero di un possibile “contatto” tra i mercenari della Wagner e il caleidoscopio della guerriglia anti-Putin: stando a quanto raccontano i canali di comunicazione delle varie formazioni, questo universo avrebbe salutato la mossa dell’ex chef di Putin come quella di un vero patriota.

Il Corpo dei volontari russi e Prigozhin-il patriota

I primi ad esprimersi sono i sabotatori del Corpo dei volontari russi, comparsi nel panorama dei “partigiani” anti-Putin dopo il fallito attentato al magnate Konstantin Malofeev. La mattina del 23 giugno nessuna fosca previsione all’orizzonte sui canali del gruppo, tanto che, fra un post e l’altro, si gioca a scegliere avatar per i nuovi adepti. Sono quasi le 21.30 quando l’avventura di Prigozhin mette in allerta il Corpo. Viene pubblicata una dichiarazione del comandante sugli “attuali sviluppi”: si parla di Progozhin come di una figura che è passata da “cuoco crepuscolare” di Putin a figura indipendente nel giro di poco. Vengono citati i suoi memorabili Je accuse all’establishment militare. Poi, tra le righe del comunicato, una sorta di endorsement da parte del leader del gruppo Denis Kapustin: ” Credo che, sebbene ci troviamo su lati diversi delle barricate e abbiamo opinioni diverse sul futuro della Federazione russa, potrei definirlo un patriota della Russia, senza essere sarcastico o ironico”. E ancora “Ecco un ambizioso, arrabbiato, popolare tra il popolo e i militari, un patriota che possiede un esercito privato […] Preparatevi !”.

Nelle parole del comandante dei volontari, Prigozhin diventa quasi un Che Guevara da e per la Russia, il frenemy da appoggiare all’interno di questa strana guerra. Nel pomeriggio, il capo della Rdk appare in video per un accorato appello: si annuncia come Putin sia pronto ad uccidere la popolazione delle città russe. Viene annunciata perfino la fuga di Putin a Valdai e quella di numerosi uomini d’affari a bordo dei loro jet. Viene inoltre diramata la notizia delle resa di numerosi soldati dell’esercito russo. Parola d’ordine: prendere parte a questa occasione unica arruolandosi nel gruppo. Arriva la notte e mentre Prigozhin tratta con il presidente bielorusso la sua sedicente resa, i canali del gruppo entrano in silenzio radio.

La marcia su Mosca galvanizza anche i Rospartizan

Anche i Rospartizan, la formazione balzata agli onori della cronaca dopo l’attentato a Darya Dugina, commentano gli eventi. Sono le 21.10 del 23 giugno scorso quando sul canale Telegram del gruppo si legge “Non è chiaro cosa stia succedendo, ma è molto interessante! Tenete gli occhi aperti! Per ogni evenienza date fuoco all’ufficio di arruolamento militare o alla stazione di polizia più vicina”. Una modalità di sabotaggio molto comune a queste milizie. Sono le stesse ore in cui Prigozhin inizia a minacciare Mosca. Sullo stesso canale, qualche ora dopo, viene diffusa la notizia di una base militare in fiamme nei pressi di Fryazino, a circa 40 km da Mosca: l’ordine per i volontari è “Mentre gli sciacalli di Putin si scannano a vicenda, noi dobbiamo intensificare i nostri colpi contro la macchina militare del regime”. Giunge la tarda mattinata del 24 giugno, quando il mondo sta seguendo minuto per minuto l’avanzata delle forze della Wagner sulla M4. Il Corpo dei volontari emette un comunicato nel quale si annuncia di non voler di certo sostenere la Wagner ma di scegliere di approfittare del momento. La possibilità non è solo di influenzare la storia bensì di poterne far parte, recita il succinto comunicato. Si invita a puntare alle piccole città, all’entroterra, bruciare nascondigli, incendiare le auto di funzionari, distruggere gli uffici dei “traditori”.

Occhi puntati sulle carceri

Il primo luogo che le forze dei volontari monitorano sono le carceri: una rivolta nella rivolta può giungere solo da lì, ma soprattutto si prevede uno spostamento di forze speciali verso i centri di detenzione, che potrebbe causare carenza di perdonale per proteggere Mosca: osservata speciale la prigione di Lefortovo, dove è detenuta Dasha Trepova, la presunta responsabile dell’attentato al milblogger Vladen Tatarsky. “Una rivoluzione decente inizia liberando i prigionieri politici”, chiosa l’admin del gruppo. Nel frattempo, si deride l’impresa dei miliziani di Ramzan Kadyrov, sulle tracce della Wagner. e si fanno scommesse sulla riuscita dell’operazione di Prigozhin: “Riusciranno a prendere Mosca in tre giorni?”, ci si chiede. Nel frattempo, sul medesimo canale, si susseguono dei repost di video in cui si annuncia che, sui i canali Z, si invita a distruggere i ponti; due video, poi, ritraggono miliziani kadyroviti che si arrendono alla Wagner e un escavatore che distrugge il fondo stradale dell’autostrada nella regione di Lipetsk.

Mentre si deridono le misure basiche di protezione della città di Mosca, alle 18.10 giunge notizia del dietro-front di Prigozhin: “Nessuna trattativa, andiamo!” diventa il motto del gruppo. Dalle 23.00 del 24 giugno il canale Telegram dei partigiani è muto. Un’ultima citazione, quella di un brano della band punk britannica Gang of Four: “A Mosca manca il sangue, a Mosca manca il fuoco“.

I punti di convergenza delle due formazioni

Il Corpo dei volontari e i Rospartizan sono da mesi nell’occhio del ciclone per via delle loro sortite. Se i primi sono soprattutto russi che combattono in Ucraina e pescano negli ambienti del neonazismo europeo, i secondi sono un gruppo più informe di sabotatori che, al riparo da qualsivoglia Manifesto ideologico, compiono azioni di disturbo da circa un anno, soprattutto in Russia. In queste ore sono accomunati da più elementi, di cui il primo, fondamentale è che nei loro proclami non si parla più di Ucraina. Il colpo di scena di Prigozhin ha evidentemente scoperchiato il lievito madre della loro battaglia: una Russia libera, ancora prima che un’Ucraina liberata. Per quale tipo di Russi stiano combattendo è difficile appurarlo: se i primi infatti sono un tutt’uno con una far right russa intrisa di suprematismo bianco, i secondi non possiedono alcun volto. Secondo punto in comune: entrambe le formazioni, tuttavia, non hanno alcuna parola di biasimo nei confronti del capo della Wagner; si esprimono a tal proposito a braccia conserte, come se attendessero da tempo l’implosione del legame di ferro tra questi e Putin. Qualcuno di loro, come Kapustin, lo osanna perfino, definendolo un patriota: e ancora una volta, in questa narrazione, l’Ucraina scompare totalmente. Anche su un terzo punto le due formazioni convergono totalmente: la marcia su Mosca è la finestra lasciata aperta sulla storia da cui agire. Un’occasione irripetibile per dare la spallata alla Russia che desiderano incenerire.

Di Francesca Salvatore. (Inside Over)

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