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Nuovi incontri USA-Russia in Turchia: perché Istanbul è la «capitale» della diplomazia

(Roma, 09 dicembre 2022). La Tass ha segnalato che nella giornata del 9 dicembre tra Russia e Stati Uniti sono in corso nuovi dialoghi securitari e diplomatici nella cornice di Istanbul, ormai “capitale” della diplomazia, nuova Helsinki della Guerra Fredda 2.0.

Secondo le fonti dell’agenzia stampa russa, in agenda vi sono alcune “difficili questioni” fra cui visti, livelli dello staff delle ambasciate e il lavoro delle rispettive agenzie e istituzioni all’estero. L’incontro arriva all’indomani dello scambio russo-americano di detenuti fra la cestista Britney Griner e il trafficante d’armi Viktor Bout. Usa e Russia parlano e lo fanno in una cornice che ora più che mai è da definire equidistante.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha condannato l’invasione russa dell’Ucraina, arma Kiev da prima dell’attacco del 24 febbraio e non ha rinnegato l’appartenenza alla Nato. Al contempo, però, alza la posta e mina la coesione dell’Alleanza Atlantica ragionando ad alta voce su quanto sia “arduo per la Turchia pensare a un futuro insieme a Paesi che segretamente sostengono il terrorismo”, facendo diretto riferimento al sostegno Usa ai curdi siriani dell’organizzazione Ypg e alla querelle sull’ingresso di Svezia e Finlandia. Più Erdogan si mostra ambiguo più, paradossalmente, la sua terzietà emerge. Tutti lo cercano: anche Volodymyr Zelensky ricorda che c’è da riconoscere “il ruolo di leadership della Turchia” come nazione capace di riportare in vita gli accordi sulle forniture di grano, perché “la sicurezza alimentare è uno degli elementi della nostra formula di pace” e solo il benestare di Ankara, custode degli Stretti dei Dardanelli, può permettere al grano ucraino di salpare per i mercati mondiali.

Per Putin, “un accordo sull’Ucraina è inevitabile”. E Russia e Usa sperano di poter un giorno trovare il loro Santo Graal diplomatico. L’ennesimo incontro diplomatico con teatro Istanbul giunge a pochi giorni di distanza dal faccia a faccia tra il capo della Cia William Burns e il direttore dell’Svr, servizio esterno russo, Sergey Naryskhin, tenutosi proprio sul suolo turco. Ai tempi sul terreno vi erano le garanzie alla sicurezza e le nuove linee rosse tra le due potenze. Oltre che la volontà di Washington di mantenere un fil rouge con Mosca nonostante il blackout diplomatico degli ultimi tempi. E Istanbul, che in questi giorni ospita il TRT World Forum, è ponte ideale. Perché la Turchia, e lo ha ricordato Erdogan al forum nell’ex capitale ottomana, è al centro del “60% delle crisi globali”, e vuole giocare da attore dinamico.

La Turchia si sta ricavando un’inedita funzione di facilitatrice diplomatica offrendo le sue strutture e il suo sostegno di intelligence alle conversazioni tra gli alleati Usa e i partner russi. Mentre si avvicina il centenario della Repubblica, Erdogan gioca su ogni tavolo. Alza la posta con Washington, arrivando addirittura ad accusare un presunto ruolo morale degli Usa per i recenti attentati di Beyoglu, ma al contempo chiede alla Russia di restituire all’Ucraina tutti i territori occupati. Ricuce con Israele e inizia ad aprire alla partita del gas nel Mediterraneo ma non manca di negoziare con Vladimir Putin per aumentare le forniture tramite TurkStream. “La creazione di un hub del gas in Turchia potrebbe rendere Ankara un attore potente sui mercati internazionali del gas e aprire la possibilità per il gas russo di essere venduto all’Europa attraverso un intermediario, ha sottolineato il New York Times a proposito della mossa. Erdogan intanto tira dritto in Siria colpendo i curdi, conscio di poterlo fare perché leader centrale nello scacchiere globale.

Dal punto di vista di Washington e Mosca c’è la comune volontà di valorizzare Erdogan, mostrando deferenza e ammiccando nei suoi confronti per non perder appoggi e sponde da parte sua: in futuro la Turchia, nazione direttamente coinvolta nel quadrante del Mar Nero, può essere l’attore cardinale per orientare una mediazione e soprattutto il Paese in grado di fungere da camera di compensazione tra Russia, Ucraina e Occidente. Al contempo, siamo certi che per la vicinanza a diversi scenari di crisi la più importante città turca sia un crocevia di attività di intelligence che rendono consistente la mole di informazioni che circola per i suoi salotti, dai consolati alle istituzioni commerciali. Un po’ Helsinki della Guerra Fredda, un po’ Lisbona nella Seconda guerra mondiale: Istanbul è il nuovo porto franco delle trattative. E sia Mosca che Washington si sentono garantiti e sicuri a sceglierla come territorio neutrale per i loro confronti. Una vittoria importante per Erdogan, tanto cinico quanto indispensabile alle trattative nei più importanti dossier globali. Su cui la Turchia mostra di essere presente.

Di Andrea Muratore. (Il Giornale/Inside Over)

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