Bomba atomica, generale Tricarico: «minaccia concreta, si rischiano cento Torri gemelle»

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(Roma, Parigi, 05 ottobre 2022). Muoia Sansone con tutti i filistei, è questa la sindrome di Putin? «I segnali ci sono e c’è da temerlo. L’Alleanza deve mettere nel conto anche l’ipotesi peggiore. L’opzione nucleare. Il siluro Poseidon avrebbe effetti devastanti ma limitati, per quanto su aree estese. A quel punto, la risposta della Nato dovrebbe essere pari o maggiore, non sopravvivrebbe più nessuno, sarebbe la fine. Come cento Torri gemelle».

Leonardo Tricarico, presidente della Fondazione Icsa, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica e consigliere militare di tre premier, vede nero. «Dalle minacce iniziali sulla massima prontezza degli armamenti nucleari, Putin è arrivato a una prospettazione esplicita di una minaccia non più oscura ma che si va delineando: l’uso dell’arma tattica se sarà attaccato il territorio russo, incluse le 4 regioni appena annesse».

Che cosa è cambiato, generale ?

«Putin oggi è più temibile. Sono evidenti lo stato di debolezza, frustrazione e logoramento morale e materiale dello strumento militare, e l’erosione del consenso interno. Se continua la deriva a lui sfavorevole, l’intenzione di usare l’arma nucleare si farà seria. Assistiamo a conferme della possibilità che Putin ricorra all’arma più spaventosa, il siluro in grado di provocare lo tsunami radioattivo, con effetti terrificanti».

O il treno con equipaggiamenti nucleare verso l’Ucraina ?

«Mi sembra il tassello di un’esercitazione, come ce ne sono nella Nato. Piuttosto, va sottolineato che in aderenza allo spirito di alleanza difensiva, la Nato non prevede il “first strike”, l’attacco nucleare per prima; mentre la risposta a un first strike russo rimane imperscrutabile, anche per accrescere il senso di deterrenza. Biden e il segretario generale Nato Stoltenberg non dicono come reagirà l’Alleanza. La dottrina russa, invece, prevede l’arma tattica se quelle tradizionali non riescono a neutralizzare qualche obiettivo ostico. Tra i tanti paradossi c’è che un Paese invaso, vittima di ogni tipo di barbarie e crimine di guerra già documentato dai procuratori dell’Aia, non possa difendersi fuori dai propri confini, mentre la Russia si prepara a rispondere a un semplice bombardamento su terre che considera sue con la Bomba. Una sproporzione macroscopica».

Come dovremmo reagire dunque ?

«La Nato non può rispondere a un attacco contro l’Ucraina, che non è membro dell’Alleanza. Bisogna che decida il Comitato. Se il rischio è di tutti e non si limita a danni economici ma può essere gigantesco, non può un solo Stato imporre come reagire, ci vuole concertazione. In condizioni così gravi di pericolo nessuno si azzardi ad agire in solitudine».

Il first strike non lascia il tempo di concertare. Che si fa ?

«Ma non si può giocare a poker con situazioni potenzialmente disastrose. Continueremo a fornire a Kiev armi di penetrazione profonda, sistemi che possano indurre Putin a mettere in atto le peggiori minacce? Ci vorrebbe una riflessione di governo e Parlamento, o dobbiamo continuare a mandare armi senza interrogarci su che fine faremo? Non si tratta di darla vinta a Putin, ma di discutere su una possibile via di uscita, senza lasciare tutto in mano ai “cani che ringhiano” e vogliono vedere Putin nella polvere».

Di  Marco Ventura. (Il Mattino)