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Yemen: Riad offre il dialogo, gli Houthi (per ora) rifiutano

(Roma, 22 marzo 2021). Qualcosa si muove sul conflitto yemenita ? L’Arabia Saudita avanza una proposta di pacificazione, gli Houthi per ora la respingono

L’Arabia Saudita ha presentato oggi, lunedì 22 marzo, una nuova iniziativa di pace per porre fine alla guerra in Yemen, tra cui un cessate il fuoco a livello nazionale e la riapertura dei collegamenti aerei e marittimi con il Paese che occupa la parte sud della Penisola Arabica – in guerra civile dal 2015, con i sauditi che cercano da oltre cinque di far ripristinare l’ordine attraverso un intervento militare contro la componente ribelle, gli Houthi, che riceve assistenza militare dai Pasdaran.

Davanti alla proposta di Riad, gli Houthi hanno affermato che l’offerta non sembra essere sufficiente per revocare un blocco. I ribelli nordisti che hanno rovesciato il governo di Sanaa nelle ultime settimane hanno ripreso la spinta militare, con attacchi verso nuove aree centro-meridionali e lanciando diversi raid missilistici (e con droni) sul territorio saudita.

L’iniziativa, annunciata dal ministro degli Esteri saudita, il principe Faisal bin Farhan Al Saud, includerebbe la riapertura dell’aeroporto di Sanaa e consentirebbe l’importazione di carburante e cibo attraverso il porto di Hodeidah. L’aspetto interessante è che entrambe le infrastrutture strategiche sono controllate dagli Houthi. Per i sauditi è una sorta di accettazione della situazione, dove la controffensiva militare è sostanzialmente fallita.

Riad è impantanata in una sorta di Vietnam, ha subito la perdita dell’impegno militare emiratino (da mesi ormai Abu Dhabi si è tirato indietro dal conflitto); soffre da sempre la scarsa capacità operativa a fronte di armamenti più tecnologici rispetto ai ribelli; ha dato segnali di insofferenza compiendo azioni senza distinzione dei bersagli nelle aree occupate dagli Houthi; recentemente è stata messa sotto pressione dagli Stati Uniti (che hanno prima interrotto il finanziamento di armi all’Arabia Saudita e poi la condivisione di informazioni di intelligence militare).

Washington si è mossa direttamente, attraverso l’inviato speciale della Casa Bianca, e indirettamente, tramite il delegato Onu per la crisi, per aprire canali di contatto in un conflitto che è da sempre stato terreno di sfogo anche per la guerra per procura tra le monarchie sunnite del Golfo e la Repubblica islamica sciita d’Iran.

Gli Houthi sostengono che l’offerta saudita non è sufficiente perché si tratta di un’apertura di carattere umanitario e non di una base di trattativa diplomatica. Ma anche i ribelli (che ormai è riduttivo definirli tali, visto che da oltre cinque anni controllano ampie fette di territorio) hanno i propri problemi.

Gli abitanti delle aree occupate da tempo hanno iniziato a manifestare per le pessime condizioni di vita a cui vengono sottoposti, con tatto di vessazioni disumane da tempo denunciate dalle organizzazioni internazionali.

Ieri (come riporta il sito Expartibus, che segue costantemente il conflitto) i residenti del distretto di Hays, a sud di Hodeidah, nello Yemen occidentale, hanno messo in atto una protesta per denunciare il silenzio internazionale sui crimini delle milizie Houthi contro i civili, che, dalla conclusione dell’accordo di Stoccolma firmato sotto gli auspici delle Nazioni Unite più di due anni fa, hanno provocato 500 vittime solo in quell’area.

La sovrapposizione di queste situazioni interne con le pressioni internazionali, con l’offerta di pace arrivata da Riad, e con il fatto che la questione Yemen possa anche essere un termine di contatto/confronto tra Usa e Iran, potrebbe però portare gli Houthi a cedere in qualche forma di apertura.

Ferruccio Michelin. (Formiche)

(foto-Arte)

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