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Siria: al via il 15 esimo round dei colloqui di Astana

(Roma il 16 febbraio 2021). Il quindicesimo round dei cosiddetti “colloqui di Astana” ha avuto inizio, martedì 16 febbraio, nella città russa meridionale di Sochi, con la partecipazione di delegati sia del governo di Damasco sia dei gruppi di opposizione, oltre a diversi attori internazionali.

Si tratta di colloqui riguardanti la crisi siriana, in cui Turchia, Russia e Iran svolgono il ruolo di garanti, mentre delegazioni di Libano, Iraq e Giordania partecipano in qualità di osservatori. L’obiettivo principale è trovare una soluzione permanente al perdurante conflitto civile in Siria, toccando altresì tematiche quali l’elaborazione di una costituzione per il “dopoguerra”, la transizione politica, la sicurezza e il ritorno dei rifugiati. Il primo incontro si è tenuto nel mese di gennaio 2017 in Turchia, con il fine di rafforzare ulteriormente i colloqui di pace di Ginevra, promossi dalle Nazioni Unite. L’ultimo round, invece, aveva avuto luogo il 10 e 11 dicembre 2019 nella capitale del Kazakistan, Nur-Sultan.

Come riportato dal quotidiano al-Araby al-Jadeed, anche l’inviato speciale dell’Onu, Geir Otto Pedersen, è tra i partecipanti del nuovo ciclo di colloqui intrapreso il 16 febbraio, sebbene reduce dal fallimento degli ultimi meeting del Comitato costituzionale. I diversi Paesi stranieri sono rappresentati perlopiù da viceministri degli Esteri. La Russia ha, invece, inviato il proprio inviato speciale per la Siria, Alexander Lavrentiev, il quale ha affermato che nel corso degli incontri verranno altresì prese in esame le conseguenze delle sanzioni imposte da Washington il 17 giugno 2020, con riferimento al cosiddetto Caesar Act. Quest’ultimo, a detta del delegato di Mosca, ha contribuito a porre la Siria e il governo di Damasco in una condizione di ulteriore isolamento a livello sia politico sia economico. Motivo per cui, si prevede che le parti impegnate nei colloqui metteranno in luce i danni economici causati dalle sanzioni imposte dagli USA e da altri Paesi occidentali. A detta di Lavrentiev, un altro tema su cui discutere è il ritorno dei rifugiati siriani nelle proprie regioni di origine, mentre Mosca si è detta disposta a tenere colloqui con le fazioni dell’opposizione per incoraggiarle a favorire l’allontanamento di “gruppi estremisti”.

Parallelamente, il rappresentante dei gruppi di opposizione, Ahmad Toma, ha aggiunto che si discuterà della stabilizzazione del cessate il fuoco a Idlib e dell’invio di aiuti umanitari, mentre si prevede che verrà dato spazio anche a discussioni sul Comitato costituzionale, il cui quinto round, svoltosi a Ginevra dal 25 gennaio scorso, non ha portato ai risultati auspicati. A tal proposito, secondo un ricercatore siriano, un accordo di tregua permanente a Idlib potrebbe portare alla fine delle operazioni militari e a una progressiva stabilità della regione.

Nel comunicato finale dell’ultimo round dei colloqui di Astana di dicembre 2019, le diverse parti coinvolte avevano evidenziato la necessità di porre una tregua ad Idlib, regione posta nel Nord-Ovest della Siria, ed avevano richiesto un aumento degli aiuti umanitari per tutti i siriani, oltre a facilitare un ritorno sicuro e volontario di sfollati e rifugiati. Inoltre, era stato altresì espresso il rifiuto verso qualsiasi tentativo di creare “nuove situazioni” di conflitto in Siria, con il pretesto di sconfiggere il terrorismo.

Ad oggi, il governatorato Nord-occidentale sembra assistere a una tregua apparente, sebbene ripetutamente violata. Questa è stata promossa dalla Russia e dalla Turchia, i cui presidenti, Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan, il 5 marzo 2020, hanno raggiunto un accordo di cessate il fuoco che ha consentito a circa 300.000 rifugiati di ritornare nelle proprie abitazioni ad Aleppo e Idlib, oltre a scongiurare una violenta escalation militare nella regione. Nel frattempo, la Turchia ha continuato a rafforzare la propria presenza, soprattutto nelle aree di contatto tra le forze di Damasco e i gruppi ribelli.

Di fronte a uno scenario tuttora instabile, il conflitto scoppiato il 15 marzo 2011 non può dirsi ancora concluso. Oltre a Idlib, anche il Nord Est della Siria continua a rappresentare un’area al centro di tensioni, che vedono protagoniste, tra gli altri, le Syrian Democratic Forces (SDF), le quali continuano a essere bersaglio dello Stato Islamico.

Non mancano, poi, le problematiche a livello economico e umanitario, acuitesi anche a seguito delle sanzioni  incluse nel Caesar Act, una legislazione elaborata da Washington che sanziona il regime siriano, incluso il presidente Bashar al-Assad, per i crimini di guerra commessi contro la popolazione siriana, colpendo anche industrie siriane, dal settore militare alle infrastrutture e all’energia, privati ed entità iraniane e russe che forniscono finanziamenti o altro tipo di assistenza al presidente siriano. Il Caesar Act era stato firmato dall’ex capo della Casa Bianca, Donald Trump, e approvato da entrambe le camere del Congresso nel mese di dicembre 2019, per poi entrare in vigore l’anno successivo.

Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)

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