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Siria. Disponibilità del governo provvisorio a trattare con le SDF

(Roma, 25 gennaio 2025). Il ministro della Difesa siriano, Murhaf Abu Qasra, ha dichiarato lo scorso 22 gennaio che Damasco è aperta al dialogo con le Forze Democratiche Siriane (SDF) per la loro integrazione nell’esercito nazionale, ma è anche pronta a ricorrere alla forza se i negoziati dovessero fallire. Il leader ad interim della Siria, Ahmed al-Sharaa, ha precedentemente affermato che le forze a guida curda dovrebbero essere integrate nel nuovo esercito nazionale affinché le armi siano “nelle mani dello Stato”. Secondo quanto riportato da New Arab, una delegazione delle SDF ha incontrato il mese scorso al-Sharaa, capo del gruppo Hayat Tahrir al-Sham (HTS).

Le SDF, sostenute dagli Stati Uniti, hanno guidato la campagna militare che ha espulso lo Stato Islamico dai suoi ultimi territori in Siria nel 2019. Il gruppo controlla gran parte del nord-est ricco di petrolio, dove gode di un’autonomia de facto da oltre un decennio. Abu Qasra ha sottolineato che il gruppo aveva proposto accordi sul petrolio a Damasco, ma il nuovo governo ha rifiutato, preferendo ottenere “le istituzioni e i confini”.

In un’offensiva coincisa con l’avanzata di HTS su Damasco, gruppi armati nel Nord della Siria, presumibilmente sostenuti da Ankara, hanno conquistato diverse aree dalle SDF alla fine dello scorso anno. Come evidenziato da France24, questa azione coordinata ha significativamente indebolito la posizione negoziale delle forze curde.

L’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria, Geir Pedersen, ha dichiarato a Damasco di sperare che le parti in conflitto concedano tempo a una soluzione diplomatica “per evitare che questo degeneri in uno scontro militare totale”. Pedersen ha sottolineato che Washington e Ankara “hanno un ruolo chiave da svolgere nel sostenere” questo sforzo, aggiungendo: “Stiamo cercando l’inizio di una nuova Siria e speriamo che ciò includa anche il Nord-Est in modo pacifico”.

La Turchia, sostenitrice del nuovo governo di Damasco, accusa la principale componente delle SDF, le Unità di Protezione Popolare (YPG), di essere affiliate al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), considerato da Ankara un’organizzazione terroristica. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato che la Turchia è pronta a intervenire in Siria se il Paese dovesse frammentarsi dopo la caduta del regime dell’ex presidente Bashar al-Assad. Il 6 gennaio, Erdogan ha avvertito che l’esercito turco potrebbe colpire obiettivi terroristici “improvvisamente, una notte”, usando un verso di una canzone classica turca che è diventata uno slogan per le operazioni antiterrorismo contro il PKK e le YPG.

Lo stesso giorno, il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, ha dichiarato che l’eliminazione delle milizie curde YPG è “imminente” e che Ankara non accetterà alcuna politica che permetta alle YPG di mantenere una presenza in Siria. Durante una conferenza stampa congiunta con il suo omologo giordano, Ayman Safadi, Fidan ha affermato che Ankara è in grado di “non solo identificare, ma anche smantellare qualsiasi complotto nella regione”. L’ex segretario di Stato americano Antony Blinken ha dichiarato l’8 gennaio che Washington sta lavorando per affrontare le preoccupazioni turche e dissuadere il Paese dall’intensificare la sua offensiva contro le SDF.

Il 23 gennaio, durante un incontro a margine del World Economic Forum di Davos, il ministro degli Esteri siriano Asaad Hassan al-Shibani ha invitato il primo ministro della Regione del Kurdistan iracheno, Masrour Barzani, a Damasco. Secondo quanto riferito dal governo regionale del Kurdistan (KRG), al-Shibani ha affermato che “i curdi sono fratelli e sorelle… e i loro diritti saranno protetti”. Durante l’incontro, Barzani ha sottolineato l’importanza della pace e della stabilità in Siria e ha confermato la disponibilità di Erbil a fornire tutto il supporto e l’assistenza necessari al popolo siriano.

Di Giuseppe Gagliano. (Notizie Geopolitiche)

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