Iran: Amnesty, «giovane morto dopo torture, aveva studiato a Bologna»

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(Roma, 02.01.2023). Secondo quanto detto da Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, Mehdi Zare Ashkzari è morto in Iran dopo venti giorni di coma a seguito di torture. La vicesindaca della città: “Mandiamo un forte abbraccio di fratellanza e sorellanza alla comunità iraniana”

Un uomo poco più che trentenne, Mehdi Zare Ashkzari, è morto in Iran dopo venti giorni di coma a seguito di torture: a dirlo è Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, a Editoriale Domani. In passato aveva studiato Farmacia a Bologna, dove aveva lavorato anche in una pizzeria per mantenersi durante gli studi. Il giovane sarebbe stato torturato “tanto, al punto che dopo 20 giorni di coma è morto », secondo quanto riferito a Noury da fonti in Iran. Il giovane sarebbe stato rilasciato dopo i pestaggi per evitare si sentisse male mentre era in cella, ma subito dopo è entrato in coma.

Vicesindaca Bologna: “Abbracciamo la comunità iraniana”

Sul caso è intervenuta la vicesindaca di Bologna Emily Clancy, sul palco di piazza Nettuno per la marcia della pace: “Da Bologna mandiamo un pensiero molto forte alla famiglia di Mehdi Zare Ashkzari, torturato e morto in Iran dopo 20 giorni in coma. A tutta quella popolazione che lotta per quella libertà  di donne e uomini in Iran. Mandiamo un forte abbraccio di fratellanza e sorellanza alla comunità iraniana che vedo qui ».

Docente Unibo: “Dolore e profondo sconcerto”

« Abbiamo appreso con dolore e profondo sconcerto da Amnesty International che un nostro studente iraniano, Mehdi Zare Ashkzari, che aveva studiato farmacia a Bologna, è morto a seguito di torture in Iran. Sembra fosse andato a trovare la madre in fin di vita. Esprimiamo tutta la nostra indignazione, sconcerto e dolore con lui e per tutti gli studenti iraniani che hanno perso la vita per la libertà di tutti. L’università e la città di Bologna continueranno a chiedere giustizia e l’intervento delle istituzioni”, ha detto la professoressa Rita Monticelli, intervenendo alla marcia della pace in corso a Bologna. Monticelli è coordinatrice del Master Gemma, frequentato da Patrick Zaki e delegata del sindaco ai diritti umani e al dialogo interreligioso e interculturale.

Zaki: “Unibo ha una nuova vittima libertà espressione”

« Il nuovo anno inizia con questa notizia per darci un avviso sulle violazioni dei diritti umani che si verificano nella regione di Swana e in particolare in Iran. Unibo ha ora una nuova vittima della libertà di espressione. Purtroppo, questa volta, era troppo tardi per salvarlo. Tutte le mie condoglianze alla sua famiglia e a noi per questa grande perdita”, ha detto Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’Unibo arrestato in patria il 7 febbraio 2020 fino all’8 dicembre 2021 e tuttora sotto processo per reati d’opinione, commentando la notizia della morte di Mehdi Zare Ashkzari, ex studente dell’Università di Bologna che nel 2015 si iscrisse a farmacia all’Alma Mater e poi due anni fa è tornato in Iran.

Gli amici di Mehdi: “La sua morte coinvolge Bologna”

Mehdi Zare Ashkzari « era uno di noi”: a dirlo è una iraniana che vive a Bologna, spiegando che la morte del giovane, torturato e finito in coma in patria, « coinvolge anche Bologna: era conosciutissimo, molti studenti sono stati da lui, hanno mangiato la pizza dove lavorava. Era sempre sorridente, un pezzo d’oro ». Mehdi si era iscritto all’università e per un periodo aveva lavorato come fattorino, per mantenersi gli studi, poi come aiuto-cuoco in una pizzeria. Due anni fa era tornato in Iran per stare vicino alla madre che stava male, poi la madre è deceduta, come racconta un altro suo amico: « Era venuto qui per inseguire il suo sogno, ma è dovuto tornare e ritornato a casa lavorava ancora in pizzeria. L’ultima volta che l’ho sentito era felice, mi diceva ‘con la famiglia andiamo avanti’. Anche lui partecipava alle manifestazioni per la libertà, per trovare quello che vogliamo avere tutti noi ».

« Abbiamo avuto la notizia della morte solo ieri sera perché i familiari non avevano detto niente, per non avere problemi nel fare il funerale, altrimenti il regime non rilascia il corpo », ha aggiunto la donna. La sua vicenda « significa che il regime è vicino, le vite che prende sono le vite dei nostri amici ».

(Sky TG24)