Arrestato il quarto dei «Beatles dell’Isis»: chi erano i famigerati jihadisti

0
275

(Roma, 11 agosto 2022). Aine Davis, 38enne di Hammersmith, ritenuto il quarto membro della cosiddetta cellula terroristica “Beatles” dell’ISIS, è stato fermato ieri sera dopo essere arrivato all’aeroporto di Luton. Davis è arrivato nel Regno Unito con un volo dalla Turchia, dove ha trascorso sette anni e mezzo in prigione dopo essere stato condannato per terrorismo. Al suo arrivo nel Regno Unito è stato arrestato dal Comando antiterrorismo della polizia metropolitana di Londra in relazione ai reati previsti dalle sezioni 15, 17 e 57 del Terrorism Act del 2000.

Prima di essere radicalizzato, Davis è stato condannato per reati di droga ed è stato incarcerato nel 2006 per possesso di un’arma da fuoco. Dopo essersi convertito all’Islam, cambiato il suo nome in Hamza, avrebbe incontrato Mohammed Emwazi, il famigerato “Jihadi John“. I due facevano parte di un gruppo che radicalizzava i musulmani che vivevano a Londra. Davis ha lasciato il Regno Unito per unirsi all’ISIS nel 2013: la sua carriera da terrorista è durata un paio di anni prima di essere arrestato nei pressi di Istanbul nel 2015, dove è stato condannato due anni dopo. Al processo, Davis ha ammesso di conoscere Emwazi per la comune frequentazione della stessa moschea, ma ha sempre negato di essere suo amico o un membro del gruppo.

Una lunga scia di sangue

La banda dei cosiddetti “Beatles”, rinominati così per il loro accento british, pare fosse composta da quattro membri – tutti ritenuti cresciuti nella zona ovest di Londra – che si sono offerti volontari per combattere per in Siria, finendo a fare la guardia agli ostaggi occidentali. Le autorità statunitensi hanno affermato che il gruppo ha ucciso 27 ostaggi, decapitando molti di loro. I video degli omicidi fecero il giro del mondo, provocando indignazione. Le azioni del gruppo avrebbero provocato con certezza la morte di quattro ostaggi statunitensi, i giornalisti James Foley e Steven Sotloff e gli operatori umanitari Kayla Mueller e Peter Kassig.

La morte di Foley andò diretta su YouTube il 19 agosto 2014, dopo la cattura in Siria il 22 novembre 2012; venne costretto a leggere una dichiarazione in cui criticava gli Stati Uniti per i recenti bombardamenti contro le postazioni dello Stato Islamico, venendo in seguito decapitato davanti alle telecamere da Jihadi John il quale, a sua volta, lesse una dichiarazione in cui intimava al presidente Barack Obama di cessare i raid aerei contro l’ISIS, minacciando di decapitare anche l’altro ostaggio, Steven Sotloff, se le sue richieste non fossero state evase. Il 2 settembre fu poi la volta di Sotloff. Nel lungo elenco di morte a firma del gruppo anche gli operatori umanitari britannici David Haines e Alan Henning, e i giornalisti giapponesi Haruna Yukawa e Kenji Goto.

Chi sono i 4 jihadisti

Ma chi sono gli altri tre? Alexanda Kotey, 38 anni, si è dichiarato colpevole lo scorso settembre di otto accuse penali relative al rapimento, tortura e decapitazione di ostaggi dell’ISIS in Siria. Kotey, originario di Londra, non ha mostrato alcuna emozione quando il giudice Thomas Selby Ellis ha pronunciato il suo verdetto. Il giudice Ellis ha descritto le sue azioni come “egregie, violente e disumane”. Nella lettera scritta a mano di 25 pagine, Kotey ha affermato di essersi preso “la piena responsabilità” delle sue azioni e di rimanere impegnato a incontrare le famiglie delle sue vittime, aggiungendo di essere “ottimista” su qualsiasi dialogo che potrebbe avere con loro. Ora si trova in carcere a scontare l’ergastolo. Lo scorso aprile, invece, una giuria federale della Virginia ha condannato un secondo membro del gruppo, El Shafee Elsheikh, 33 anni, perché collegato al rapimento, alla tortura e alla decapitazione di diversi ostaggi in Siria, inclusi giornalisti e operatori umanitari, divenendo il combattente di più alto profilo ad essere processato negli Stati Uniti.

Il terzo componente del gruppo, Mohammed Emwazi, è meglio noto alla cronaca con il nome di “Jihadi John“, l’uomo mascherato dall’accento britannico che ha decapitato diversi ostaggi detenuti dallo Stato Islamico e che schernisce il pubblico nei video diffusi ampiamente online. Britannico di famiglia benestante, cresciuto nel West End e laureato in programmazione informatica, avrebbe raggiunto la Siria intorno al 2012 e in seguito si sarebbe arruolato tra le fila dello Stato Islamico, il gruppo di cui è diventato il simbolo della barbarie. Emwazi, nato in Kuwait, sembra aver lasciato poche tracce sui social media o altrove online. Coloro che lo conoscevano dicono che era educato e aveva un debole per indossare abiti eleganti pur aderendo ai principi della sua fede islamica. Secondo numerosi testimoni avrebbe iniziato a radicalizzarsi dopo un viaggio in Tanzania dopo la laurea all’Università di Westminster. Il 13 novembre 2015 gli Stati Uniti hanno annunciato di averlo ucciso con un attacco di un drone Predator in quel di al-Raqqa, la roccaforte principale dello Stato Islamico All’annuncio del Pentagono sulla presunta morte, il giorno successivo ha fatto seguito conferma una proveniente dall’Osservatorio nazionale siriano. Sull’identificazione del cadavere con quello di Jihadi John sono stati espressi da parte del governo britannico, mentre l’ISIS ha smentito che si trattasse di lui.

Di Francesca Salvatore. (Il Giornale/Inside Over)