Saad Hariri getta la spugna, Libano sempre più in crisi

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(Roma, 16 luglio 2021). Ai ferri corti con il presidente Aoun, il  premier incaricato non è riuscito a venire a capo del complicato rebus di equilibri politici del Paese dei Cedri: dopo nove mesi, non formerà un governo

Non conosce fine la crisi del Libano: a una situazione economica drammatica si somma il caos politico. Nove mesi dopo aver accettato l’incarico di formare un governo, Saad Hariri ha gettato la spugna, incapace di formare un esecutivo. Ai ferri corti con il presidente Michel Aoun, non è riuscito a venire a capo del complicato rebus di equilibri (confessionali) che contraddistingue il panorama politico del Paese dei Cedri.

I donatori internazionali sono irremovibili sulla necessità di avere un governo funzionante come ‘conditio sine qua non’ per aprire linee di credito, vitali per un Paese ormai in ginocchio. Il Libano è scosso da una delle peggiori crisi economiche dagli anni ’50 dell’800, ha avvertito la Banca Mondiale.

La lira libanese ha perso oltre il 90% del suo valore rispetto al dollaro nel mercato nero e ha conosciuto un nuovo crollo dopo l’annuncio di Hariri. La scorsa settimana la mancanza di carburante ha costretto allo stop le due principali centrali elettriche del Paese, aggravando una situazione già precaria che vede frequenti blackout che possono durare fino a 22 ore al giorno. C’è penuria anche di medicinali e il prezzo del pane ha conosciuto un nuovo rialzo.

Di fronte al passo indietro di Hariri, la palla torna al Parlamento che deve indicare un nuovo candidato premier, chiamato a mettere insieme una squadra di governo da sottoporre all’approvazione del presidente e dei partiti politici.

Una palude nella quale è rimasto invischiato il sunnita Hariri – figlio del defunto premier Rafiq Hariri, morto in un attentato di Hezbollah il giorno di San Valentino del 2005 – da mesi impegnato in un braccio di ferro con Aoun, accusato di ostacolare il processo rivendicando di fatto un potere di veto sull’esecutivo. Accusa respinta al mittente dal cristiano maronita, alleato di Hezbollah.

Annunciando il passo indietro, Hariri ha puntato il dito contro il capo dello Stato e la sua richiesta di « correzioni » alla squadra di governo da lui proposta definiti « sostanziali ». « E’ chiaro che non saremo in grado di accordarci », ha aggiunto. Secco il commento di Aoun, secondo cui Hariri « non era pronto a discutere alcuna correzione », « la porta delle discussioni era chiusa ».

L’incarico era stato conferito a ottobre

Il leader sunnita era stato incaricato lo scorso 22 ottobre, nel tentativo di frenare l’inarrestabile crisi in cui stava sprofondando il Libano, colpito dal crollo economico, cui si era aggiunta l’epidemia di Covid e poi la duplice esplosione che il 4 agosto 2020 aveva devastato il porto e parte della città e fatto oltre 200 morti.

Il premier Hassan Diab era stato travolto dalle durissime proteste; anche Mustapha Adib, l’uomo scelto dal presidente libanese per cercare di formare un governo tecnico in linea con le richieste avanzate dal leader francese Emmanuel Macron, non era riuscito nell’incarico e nel giro di un mese, a settembre, aveva dovuto gettare la spugna.

Dopo intense consultazioni e veti incrociati, Hariri era riuscito a raccogliere il consenso necessario tra i blocchi parlamentari per ottenere il mandato. Ma il pallottoliere con i numeri non è stato sufficiente per venire a capo dell’intricato equilibrio libanese.

Di Cecilia Scaldaferri. (AGI)