(Roma, 01 aprile 2021). La visita svolta dal premier dell’Iraq è coronata dalla firma di ben cinque accordi
La visita svolta ieri in Arabia Saudita dal premier dell’Iraq, Mustafa al Kadhimi, coronata dalla firma di ben cinque accordi (di cui uno per un maxi fondo da 3 miliardi dollari) e memorandum d’intesa, segna un’ulteriore tappa lungo il percorso di riavvicinamento – senza precedenti – avviato di recente dai due Paesi. La missione del premier iracheno, più volte rimandata in questi mesi, ha visto la partecipazione di una folta delegazione comprendente, fra gli altri, i ministri più importanti del suo governo: Esteri (Fuad Hussein), Finanze (Ali Allawi), Interno (Othman al Ghanmi), Petrolio (Ihsan Abdul Jabbar) e Pianificazione (Khaled Battal). Al Kadhimi ha incontrato il principe ereditario Mohammed bin Salman, che ha discusso con lui di cooperazione in diversi ambiti (economia, energia, investimenti, sicurezza) e l’ha successivamente guidato nella visita del distretto storico di Al Turaif, a Dir’iyya, sede storica della dinastia saudita.
Gli incontri degli ultimi mesi
L’asse tra Baghdad e Riad, rafforzato da diversi incontri e accordi siglati negli ultimi mesi, è considerata una delle iniziative strategiche più importanti del governo di Al Kadhimi, che fin dal suo insediamento (lo scorso maggio 2020) ha perseguito gli obiettivi di una “diplomazia attiva” e di una “politica di buon vicinato”, aperta e cooperativa, anche per smarcarsi dall’Iran. Baghdad infatti importa circa il 40 per cento del suo fabbisogno di energia elettrica e di gas da Teheran e deve alla Repubblica islamica circa 7 miliardi di dollari per forniture arretrate mai pagate. Questa situazione pesa sulla politica e sulla sicurezza dell’Iraq, con Teheran che vanta una fortissima influenza su molti apparati statali, comprese alcune società impegnate nell’estrazione petrolifera, e sulle milizie delle Unità della mobilitazione popolare (Pmu), responsabili in questi mesi dei vari attacchi missilistici contro le basi della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti.
Al Khadimi: “Relazioni eccellenti con Europa, Usa, Iran e Turchia”
“Siamo riusciti in breve tempo a trasformarci in un Paese che ha relazioni eccellenti con l’Europa, gli Stati Uniti, l’Iran e la Turchia, oltre che ottime relazioni con l’Arabia Saudita”, ha detto Al Kadhimi alla stampa, a margine del viaggio a Riad. Lo scambio con la parte saudita d’altronde è particolarmente significativo, se si considera che i confini tra i due Paesi sono rimasti chiusi per decenni – dopo l’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein nel 1990 e la prima Guerra del Golfo – fino allo scorso novembre, quando è stato riaperto per la prima volta il valico di frontiera di Arar. Gli accordi e memorandum siglati ieri riguardano la cooperazione in materia fiscale (un accordo per evitare casi di doppia tassazione), la pianificazione dello sviluppo per favorire la diversificazione economica e il settore privato, il finanziamento dell’export saudita, ma anche gli ambiti di cultura e telecomunicazioni.
Un fondo comune
Il dossier economico è certamente una delle principali questioni sul tavolo, visto il forte bisogno di investimenti esteri dell’economia irachena, ancora debole e soprattutto dipendente quasi del tutto dalla produzione di petrolio. I due Paesi hanno firmato un importante accordo per la creazione di un fondo comune, il cui capitale è stimato in 3 miliardi di dollari, che come affermato da Riad, rappresenta il contributo dell’Arabia Saudita alla promozione degli investimenti nei settori economici iracheni. Il fondo congiunto andrà a “beneficio delle economie saudita e irachena, con la partecipazione del settore privato da entrambe le parti”, si legge in una dichiarazione congiunta diramata dopo gli incontri di ieri tra la delegazione guidata dal premier iracheno e le autorità saudite.
Nonostante non siano stati specificati i settori che beneficeranno del fondo, l’Arabia Saudita dovrebbe sostenere anzitutto le attività a più alto rendimento, in particolare il comparto energetico. Passi in questo senso sarebbero avvenuti nell’incontro tra Al Kadhimi e il ministro saudita degli Investimenti, Khalid bin Abdulaziz al Falih (già ministro dell’Energia saudita), il presidente delle Camere saudite Ajlan al Ajlan e diversi imprenditori locali, con i quali ha discusso della possibilità di rafforzare gli investimenti del settore privato saudita in Iraq. Il premier di Baghdad, in tale occasione, ha promesso di agevolare le opportunità di investimento eliminando gli ostacoli affrontati dagli imprenditori.
Il movente geopolitico
Un’altra questione centrale nei rapporti tra Baghdad e Riad, che è legata strettamente al principale movente “geopolitico” della svolta, ovvero al riposizionamento iracheno nei confronti dell’Iran, è la cooperazione nel settore dell’energia elettrica. L’Iraq ha infatti un’infrastruttura elettrica molto carente e una produzione energetica largamente insufficiente; per soddisfare il suo fabbisogno energetico il Paese dipende in larga misura dall’Iran, dal quale importa energia e combustibile per alimentare le sue centrali e verso il quale ha accumulato ingenti debiti. Lo scorso dicembre, la compagnia statale iraniana del gas (Nigc) ha perfino interrotto provvisoriamente le forniture destinate a Baghdad, citando debiti ammontanti a 5 miliardi di dollari.
La rete con i Paesi del Golfo
Proprio per riscattarsi dalla propria dipendenza energetica dall’Iran e per diversificare le fonti, il governo iracheno ha sviluppato il progetto di un collegamento elettrico con la rete dei Paesi del Golfo. Il collegamento comprenderà linee provenienti dal territorio del Kuwait, indipendenti rispetto a quelle della rete elettrica kuwaitiana, e garantirà una connessione tra le centrali elettriche di Zour (Kuwait) e quella di Al Faw (nel sud dell’Iraq). Nella stessa direzione va il progetto di collegamento elettrico con la Giordania e l’Egitto, nel quadro di un’iniziativa di integrazione economica e cooperativa tra Baghdad, Amman e il Cairo che è stata suggestivamente ribattezzata “Nuovo Mashreq”.
Il premier Al Kadhimi, che in patria ha difficoltà a tenere a bada diversi gruppi paramilitari sostenuti dall’Iran, come le milizie che compongono le cosiddette Unità di mobilitazione popolare (Pmu), sembra contare su una maggiore presenza saudita in Iraq anche per “bilanciare” gli equilibri interni al Paese. “Sono certo che la presenza saudita a livello economico, di cooperazione politica e di scambio di punti di vista svolgerà un grande ruolo nella stabilità del Paese e nella stabilità dell’Iraq”, ha dichiarato il premier dopo la visita. Data l’ostilità programmatica a Riad degli attori filo-iraniani non è d’altronde inverosimile che una maggiore vicinanza all’Arabia Saudita possa diventare al contrario foriera di ulteriore instabilità, e non è detto che il rafforzamento dell’asse possa proseguire con l’eventuale successore di Kadhimi, che sarà decretato dalle elezioni parlamentari anticipate del prossimo 10 ottobre. Il leader della coalizione maggioritaria in parlamento, il religioso sciita iracheno Muqtada al Sadr, ha d’altra parte accolto con favore la visita del premier: “Guardo con speranza alla visita del fratello Al Kadhimi in Arabia Saudita”, ha scritto sul suo profilo Twitter, aggiungendo che essa “fa uscire l’Iraq dal suo isolamento rispetto al suo ambito arabo storico”.
Redazione. (Nova News)