(Roma, 22 marzo 2021). Il diciottesimo incontro tra il presidente del Libano, Michel Aoun, e il premier designato, Saad Hariri, non ha portato all’esito auspicato, l’approvazione di un governo. Nel frattempo, il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, ha invitato l’Europa a sostenere Beirut.
Dopo cinque mesi di perduranti consultazioni e tentativi di creare un esecutivo in grado di risanare la situazione politica, economica e sociale del Libano, Aoun e Hariri si sono nuovamente incontrati, lunedì 22 marzo, per discutere della formazione di un governo di “salvezza nazionale”. Al termine dei colloqui, il premier designato ha affermato che le parti non sono riuscite a trovare un consenso, in quanto il presidente ha respinto, ancora una volta, la squadra presentata. Alla luce di ciò, Aoun è stato accusato di voler destinare la maggioranza del governo ai suoi alleati politici. Ciò è avvenuto dopo che il capo di Stato ha inviato una lista con tre diversi scenari, ovvero una squadra composta da 18, 20 o 22 ministri, al cui interno vi erano ancora dei posti vacanti da dover assegnare. Hariri, da parte sua, ha definito la mossa del capo di Stato “inaccettabile”, in quanto non sarebbe il compito del premier designato riempire elenchi al posto di qualcun altro, né tantomeno spetta al presidente del Paese formare un governo. Motivo per cui, Hariri ha respinto il documento di Aoun, definendolo una forma di violazione della Costituzione.
Il 22 ottobre 2020, Hariri è riuscito a essere nominato primo ministro per la quarta volta dal 14 febbraio 2005, impegnandosi a risanare una situazione politica sempre più precaria. Il premier, già in carica prima della mobilitazione di ottobre 2019, si è impegnato non solo nei confronti della popolazione libanese, ma anche verso Parigi e i donatori internazionali, i quali si sono resi disponibili a sostenere il Libano, ma solo nel caso in cui venga formato un governo indipendente e apartitico, il cui compito è porre in essere misure efficaci. Ad oggi, però, non è stata ancora trovata una via d’uscita dal perdurante stallo, anche a causa delle divergenze tra Hariri e Aoun.
Di fronte a tale scenario, il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, ha affermato di aver chiesto ai suoi omologhi dell’Unione Europea di prendere in esame le modalità per fornire aiuti al Libano, un Paese testimone della peggiore crisi economica degli ultimi decenni. “La Francia desidera che si discuta della questione del Libano”, ha dichiarato Le Drian al suo arrivo a una riunione dei Ministri degli esteri dell’UE, il 22 marzo, aggiungendo che il Paese mediorientale, ad oggi, risulta essere diviso e privo di una guida e “quando un Paese crolla, l’Europa deve essere preparata”. Anche in precedenza, il ministro francese aveva messo in guardia da un “collasso totale” in Libano e aveva incoraggiato le parti politiche libanesi a trovare quanto prima un consenso per formare un esecutivo in grado di porre rimedio a un quadro “disastroso”.
Questi sviluppi si aggiungono a un quadro sociale sempre più instabile, caratterizzato da una forte mobilitazione, scoppiata dal 2 marzo scorso. Anche il 21 marzo, la popolazione è scesa per le strade della capitale Beirut per protestare contro il perdurante deterioramento delle condizioni economiche e di vita e l’alto tasso di cambio del dollaro. La manifestazione è iniziata davanti alla sede ufficiale della TV libanese, percorrendo diverse strade della capitale, fino a raggiungere la sede del Ministero dell’Interno. I manifestanti hanno cantato slogan ed esposto striscioni contro le autorità politiche, chiedendo la formazione di un governo di transizione in grado di far uscire il Paese dalla crisi. Inoltre, è stato chiesto di portare davanti alla giustizia i responsabili dello spreco di denaro pubblico e chi è accusato di corruzione.
È dal 2019 che il Libano assiste a una grave crisi economica e finanziaria, definita la peggiore dalla guerra civile del 1975-1990. Questa è stata alla base della forte mobilitazione popolare, che ha visto gruppi di manifestanti scendere in piazza dal 17 ottobre 2019, per protestare contro la corruzione dilagante nel Paese e la cattiva gestione delle risorse statali. Sebbene le proteste fossero state placate, il declino del quadro economico e politico non si è mai arrestato. Ad aver peggiorato ulteriormente la situazione, vi sono state, nel corso del 2020, la pandemia di Covid-19 e l’esplosione che, il 4 agosto 2020, ha colpito il porto di Beirut, causando ingenti danni materiali, oltre che perdite di vite umane.
Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)