Francia-terrorismo: l’attacco pianificato in Italia con «l’amico tunisino al kebab»

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(Roma 01 novembre 2020). Brahim Issauoi non è un lupo solitario: il cerchio si stringe sulla rete italiana. A Nizza 48 ore prima

Una rete chiamata «famiglia». Il puzzle dei contatti del killer di Nizza porta l’antiterrorismo francese a formare un primo «poker»: 4 persone in custodia in Francia.

Mentre a sud, in Sicilia, si scava all’ombra dei kebab per chiudere il cerchio di «amicizie» che agli inquirenti italiani proprio non tornano. E lasciano pensare che l’attacco sia stato logisticamente concepito in Italia; con l’ipotesi ancor più agghiacciante che arriva dalla procura tunisina, di un attentato «ordinato» prima di partire col barchino.

Ancora una volta la mitologia del lupo solitario vacilla. Le tracce nei cellulari e il lavoro certosino di analisi della videosorveglianza di Nizza hanno mostrato che il killer ha pianificato l’azione: arrivare alla stazione alle 6,47, cambiarsi d’abito e infine colpire dentro la basilica di Notre-Dame, raggiunta senza problemi. Conosceva benissimo la geografia di Nizza. Ma il «Grande Fratello» della «città degli angeli», 3.800 telecamere, lo ha visto per la prima volta in stazione. Non ci aveva quasi certamente mai messo piede.

Tre coltelli, due telefoni cellulari. Un Corano nello zaino e un’organizzazione minuziosa alle spalle, con basi in Italia. Infatti il tunisino sbarcato a Lampedusa il 20 settembre, dopo esser passato da Bari e in treno via Palermo, sembra rimasto per almeno 12 giorni ad Alcamo da un amico: un altro tunisino 30enne che lavorava da una settimana in un ristorante di kebab. L’amico che l’ha ospitato era un «neo-assunto», «tramite amici». Aveva una raccomandazione per preparare kebab. Pochi giorni dopo si è palesato Brahim, 21 anni. E da lì la sosta nel Belpaese. Poi è sparito. Il quarto uomo, fermato ieri a Grasse (Alpi marittime), 29 anni, anche lui tunisino, è invece sospettato d’aver fiancheggiato il killer nella giornata precedente all’attentato.

All’antiterrorismo italiana tocca ricostruire sul campo il percorso di Brahim Issaoui. Riuscita la traversata dalla Tunisia con un barchino, a Lampedusa il sistema di accoglienza italiano lo porta a Bari. Dove dei 405 migranti scesi dalla Rhapsody l’8 ottobre, due vengono arrestati e detenuti, 104 portati in centri di rimpatrio 177 nei centri: 22 hanno in tasca un decreto di espulsione e accompagnati alla stazione, liberi.

È il caso di Brahim. Si dice che abbia confidato ad alcuni compagni di viaggio il desiderio di lasciare l’Italia per la Francia dove avrebbe «famiglia». Proprio da questo termine, «famiglia», l’antiterrorismo italiana si è attivata per ricostruire la rete che gli ha dato supporto, cibo, armi e soldi. Nella «lente», anche due famiglie di immigrati residenti in Sicilia; poi l’arrivo in Francia apparentemente 24-48 ore prima di compiere il gesto.

Il trentenne tunisino che gli ha dato alloggio è stato solo interrogato: non è in stato di fermo. Una chiave tra il killer e il trentenne sembra però esserci. Ha detto «il minimo indispensabile». La Dda di Palermo indaga. Dossier dal respiro internazionale: Francia, Italia, Tunisia.

Per la madre del killer, lui, un riparatore di motociclette, pregava solo da due anni e mezzo. «Non usciva e non comunicava con gli altri». Almeno non di persona. In Tunisia, aveva precedenti penali per violenza e droga. E frequenti scambi di messaggi. Tasselli italiani si uniscono ai francesi. Un mauritano di 47 anni arrestato giovedì sera, perché le telecamere lo avevano immortalato col killer poco prima che agisse: vicino alla stazione ferroviaria di Nizza. Riunione preparatoria per l’attacco o incontro accidentale? Un terzo uomo fermato e posto in custodia venerdì sera: 33 anni, era a casa del mauritano. Brahim è ancora in terapia intensiva. Prognosi critica. Per ora non può essere interrogato per rispondere dell’accusa di omicidio in associazione terroristica». La quadra sulla cellula è comunque vicina.

Francesco De Remigis. (il Giornale)