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Il Congo brucia, i ribelli sostenuti dal Ruanda entrano a Goma

(Roma, 27 gennaio 2025). La crisi del Congo ha raggiunto un nuovo picco di tensione dopo che nella notte tra domenica 26 e lunedì 27 gennaio i ribelli del gruppo M23, operanti nell’Est del Paese e sostenuti dal Ruanda, hanno annunciato la conquista di Goma, città di quasi 750mila abitanti capoluogo della regione del Nord Kivu, al centro di una guerra ormai prossima a raggiungere i dieci anni di durata tra il Governo di Kinshasa e le forze d’opposizione. “Il Congo ha interrotto i rapporti diplomatici con il Ruanda mentre gli scontri tra i ribelli sostenuti dal Ruanda e le forze governative infuriavano nei pressi della città chiave di Goma, nell’est del Paese, provocando la morte di almeno 13 soldati stranieri e soldati delle forze di pace e lo sfollamento di migliaia di civili”, spiega France24.

Che cos’è successo in Congo

In Congo a fine 2024 l’attività dei ribelli del M23, formazione Tutsi che ufficialmente si fa chiamare Armata Rivoluzionaria del Congo, si è intensificata. Da almeno tre anni il Ruanda, guidato dal regime di Paul Kagame, sta attivamente supportando questa formazione ritenuta responsabile di crimini di guerra, torture, stupri e ogni tipo di saccheggio.

Al centro delle manovre del Ruanda e dei gruppi legati alla “Sparta d’Africa” armata fino ai denti c’è la volontà di egemonizzare le ricchissime risorse minerali della Repubblica Democratica del Congo. “Il Governo del Ruanda nega di sostenere i ribelli, ma l’anno scorso ha ammesso di avere truppe e sistemi missilistici nel Congo orientale per salvaguardare la propria sicurezza, indicando un accumulo di forze congolesi vicino al confine”, prosegue l’analisi di France24, aggiungendo che “gli esperti delle Nazioni Unite stimano che ci siano fino a 4.000 forze ruandesi in Congo”. La caduta di Goma è stata da Kinshasa interpretata come il frutto delle manovre ostili di Kigali verso il grande e fragile vicino congolese.

Il Congo contro Apple

Del resto, tra i due Paesi africani era da tempo alta tensione. Lo confermano i fatti di fine 2024, anno turbolento di scontri nel Congo orientale che ha visto il Governo centrale perdere posizioni nel Kivu al termine del quale la Repubblica Democratica del Congo ha scelto una mossa clamorosa, decidendo di far causa in Francia e Belgio contro le succursali di Apple accusate di procacciarsi minerali strategici per le filiere critiche della tecnologia della società di Cupertino acquistando in Europa metalli estratti da gruppi armati irregolari. Il Congo ha indicato proprio gli M23 in cima alle circa 100 milizie che sono accusate di aver commesso crimini di guerra o operano illegalmente con la regia del Ruanda.

A fine luglio Felix Tshisekedi, presidente del Congo, ha fatto notare che “l’idea di una guerra aperta con il Ruanda non è da scartare” e ora la rottura col governo di Kagame sul dossier Goma rende pericolosamente concrete queste prospettive. Mentre Kigali proietta dal Congo fino al Mozambico la sua influenza fondata sulla sovrapposizione tra sostegno politico a fazioni militari, interventismo diretto e estrattivismo nelle materie prime, l’Africa si trova di fronte a una nuova, grande incertezza. Se il Congo brucia, brucia l’intero continente. E in una fase in cui quest’area di mondo non è mai stata tanto cruciale per gli equilibri internazionali, una crisi in Kivu potrebbe avere rilevanza securitaria per attori molto lontani dai confini congolesi.

Di Andrea Muratore. (Inside Over)

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