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Libano : Roberta La Fortezza, «l’omicidio del capo del partito cristiano rischia di inasprire le tensioni»

(Roma, 09 aprile 2024). L’esperta Roberta La Fortezza sottolinea: “Sebbene nessuno nomini direttamente Hezbollah, è proprio il gruppo sciita libanese a essere sul banco degli imputati per l’uccisione del coordinatore di Forze libanesi »

Il rapimento e l’omicidio del coordinatore del partito cristiano Forze libanesi, Pascal Sleiman, a Byblos (Jbeil), a nord di Beirut, e l’arresto di sette siriani da parte delle Forze armate libanesi (Laf), “rischia non solo di inasprire i già complessi e difficili rapporti tra i libanesi e la comunità siriana che vive in Libano, ma anche quelli tra le varie fazioni partitiche e i loro affiliati”. Lo ha dichiarato ad “Agenzia Nova” Roberta La Fortezza, esperta di Libano. Tutto ha avuto inizio domenica, 7 aprile, quando delle persone avrebbero cercato di sottrargli l’automobile e successivamente lo hanno rapito e trasferito in Siria. Le circostanze dei fatti sono poco chiare e vi sono ancora dubbi in merito alla matrice dell’assassinio di Sleiman. Gli accusati dell’omicidio hanno parlato di un tentativo di furto di automobile e lo stesso esercito libanese, almeno dopo le prime indagini effettuate a poche ore dal rapimento, sembra aver confermato la matrice criminale, mentre la posizione ufficiale delle Forze libanesi indica che si tratta di un omicidio politico. “Sebbene nessuno nomini direttamente Hezbollah, è proprio il gruppo sciita libanese a essere sul banco degli imputati, almeno per alcuni settori dell’opinione pubblica. Per molti dei commentatori, l’arresto di 7 siriani presumibilmente coinvolti nell’omicidio di Sleiman e il ritrovamento del corpo in Siria in una zona roccaforte di Hezbollah confermerebbe il potenziale legame con il gruppo sciita”, ha evidenziato La Fortezza.

Il corpo del coordinatore delle Forze libanesi a Byblos è stato consegnato oggi pomeriggio all’esercito libanese per effettuare l’autopsia, al termine della quale sarà restituito alla famiglia per consentire lo svolgimento dei funerali. L’inchiesta sull’omicidio del coordinatore di Jbeil delle Forze libanesi (Fl, partito cristiano di opposizione), Pascal Sleiman, “ha compiuto progressi significativi in meno di 24 ore”, ha affermato il ministro uscente dell’Interno e delle Municipalità, Bassam Mawlawi, al termine di una riunione del Consiglio centrale di sicurezza libanese, sottolineando che “le agenzie di sicurezza hanno coordinato attivamente i propri sforzi fin dai primi momenti dell’indagine”. Il ministro ha esortato i cittadini a “non paragonare questo crimine con altri” e ha chiesto di “aumentare le misure di sicurezza nelle aree sensibili in attesa dei risultati delle indagini”, auspicando “saggezza e cautela”. Da parte sua, il partito cristiano Fl ha fatto sapere in una dichiarazione che il partito sciita filo-iraniano Hezbollah è “almeno indirettamente responsabile” dell’omicidio di Sleiman.

La “presenza illegittima di Hezbollah ha portato alla paralisi del ruolo dello Stato (…), che ha permesso la presenza di bande armate” e ha portato al “caos”. Fl ritiene il partito sciita responsabile “per il debole controllo esercitato dallo Stato sul confine con la Siria e per aver castrato le istituzioni giudiziarie, di sicurezza e militari dello Stato, vietando loro di lavorare in determinate aree o su determinati casi o in qualsiasi questione relativa a qualsiasi membro di Hezbollah”. Nella dichiarazione, il partito ha inoltre richiesto un’indagine “chiara, trasparente, pubblica, franca e precisa con dettagli e circostanze”, aggiungendo che “fino a quando i risultati non saranno resi pubblici, riterremo che Pascal Sleiman sia stato vittima di un assassinio politico”. Ieri, centinaia di residenti hanno bloccato le strade di Jbeil, mentre sui social network circolavano immagini che mostravano la violenza contro persone siriane, dopo che le autorità libanesi avevano arrestato sette cittadini di questa nazionalità sospettati del sequestro e dell’omicidio del politico delle Fl.

Nella generale situazione del Libano, “Paese ormai annoverato tra i cosiddetti ‘Failed State’ e che vive un nuovo conflitto a bassa intensità con Israele, ogni episodio simile porta con sé il rischio di diventare la scintilla di degenerazioni ben più gravi che riportano alla memoria un passato non troppo lontano”, ha evidenziato l’analista La Fortezza. Al momento vi sono ancora dubbi in merito alla matrice dell’assassinio di Sleiman, coordinatore nella zona di Byblos delle Fl. Se gli accusati dell’omicidio hanno parlato di un tentativo di furto di automobile e lo stesso esercito libanese, almeno dopo le prime indagini effettuate a poche ore dal rapimento, sembra aver confermato la matrice criminale, la posizione ufficiale dell’Fl è che si tratta di un omicidio politico.

Non si tratta del primo caso recente di assassinio di uomini politici, tra l’altro condotti spesso con modalità molto simili; tra i più recenti si ricordano gli omicidi di Joe Bejjani, ucciso nel dicembre 2020 a Kahalé, di Lokman Slim, ucciso vicino a Nabatiyeh nel febbraio 2021, e di Elias Hasrouni, dirigente delle Fl ucciso in un incidente stradale nel sud del Libano nell’agosto 2023. “Su tutti questi casi, e su molti altri, ricollegati ufficialmente perlopiù a episodi criminali, sono stati sollevati numerosi dubbi sulla matrice”, ha ricordato l’esperta. Il Libano – ha proseguito La Fortezza – “ha una lunga storia di omicidi politici mirati, condotti ai danni di personaggi politici, scrittori, giornalisti, religiosi, e perpetrati dalle diverse fazioni politiche interne ed esterne. Questa modalità si è consolidata soprattutto durante gli anni della guerra civile (1975-1990) ma è ampiamente sopravvissuta anche in seguito agli Accordi di Taif (l’intesa che ha garantito la fine della guerra civile)”. L’assassinio dell’ex primo ministro Rafik Hariri a Beirut il 14 febbraio 2005 e le conseguenze che ebbe con riferimento al posizionamento siriano in Libano “è forse ancora oggi il caso maggiormente rappresentativo dell’impatto che questi omicidi possono sollevare a livello politico interno e regionale. Se in generale, infatti, gli omicidi dei dissidenti politici sono una tipica modalità operativa dei regimi autoritari per auto-conservarsi, in Libano questi assumono caratteristiche parzialmente diverse, rispondendo a logiche che non sono totalmente sovrapponibili solo a quelle della repressione del dissenso e a dinamiche che non si declinano solo a livello di politica interna. Essi riguardano soprattutto il posizionamento e l’interesse generale dei vari attori interni ed esterni alla vita politica del Paese dei cedri”, ha concluso La Fortezza.

(Nova News)

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