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Gli ultimi segreti di Osama Bin Laden

(Roma, 27 luglio 2022). Al Qaeda in crisi di soldi, di prestigio e con poca reale possibilità di controllare i propri gruppi affiliati. Emerge un quadro senza dubbio diverso e e tutt’altro che “gratificante”, agli occhi del mondo jihadista, per Osama Bin Laden e per l’organizzazione da lui fondata e da lui guidata fino alla morte avvenuta a seguito del blitz di Abbottabad nel maggio 2011. A rivelarlo è stato il ricercatore Nelly Lahoud nel libro “The Bin Laden Papers: How the Abbottabad Raid Revealed the Truth about al-Qaeda, Its Leader and His Family“. Un testo in cui sono stati raccolti e analizzati migliaia di file presi dal compound dove il terrorista saudita ha trascorso gli ultimi giorni della sua vita. Una mole enorme di informazioni che ha permesso di ricostruire circa un decennio di storia.

I file presi ad Abottabad

Tutto è partito dagli ultimi 18 minuti impiegati dai Navy Seals che il 2 maggio 2011 si trovavano all’interno dell’abitazione di Bin Laden. Le forze speciali Usa, dopo aver individuato l’abitazione del leader di Al Qaeda, hanno attuato un blitz durato complessivamente 48 minuti. Momenti in cui il principale ricercato è stato scovato e subito dopo ucciso. Prima di abbandonare l’area, situata in una zona residenziale della città pakistana di Abbottabad, i Navy Seals hanno cercato ogni tipo di documento potenzialmente importante da portare via. Era risaputo, visto che proprio grazie a questo tipo di comunicazione che Bin Laden è stato trovato, che il fondatore di Al Qaeda dialogava con i suoi collaboratori più fidati tramite schede Sd al cui interno erano presenti file e documenti di ogni tipo.

Dal Pentagono hanno poi specificato che sono stati raccolti qualcosa come 470.000 file. Una quantità enorme e che ha richiesto tempo e pazienza per essere sapientemente esaminata. Ma, alla lunga, si è rivelata importante per capire l’organigramma di Al Qaeda e scovare altri leader dell’organizzazione. Nel corso degli anni poi buona parte dei documenti sono stati desecretati. Nelly Lahoud ha avuto modo di esaminarli e analizzarli, realizzando poi un libro con il quale ha raccontato “l’altra faccia” di Bin Laden e della sua organizzazione.

Al Qaeda in fase calante dopo l’11 settembre

Gli attacchi contro le Torri Gemelle di New York hanno dato a Osama Bin Laden e ad Al Qaeda una popolarità mondiale. Lo “sceicco del terrore” e l’organizzazione jihadista hanno assunto l’aspetto di nemico principale dell’occidente e di spauracchio più temibile. Sul versante jihadista ovviamente Bin Laden è invece diventato un riferimento, una persona capace con l’11 settembre non solo di colpire gli Stati Uniti, ma di fare proselitismo negli ambienti più radicali.

Eppure, l’attacco diretto agli Usa ha rappresentato il picco e l’apice dell’azione di Al Qaeda. Dopo è iniziata una lunga ma inesorabile fase calante. Tra i documenti analizzati da Lahoud è emerso addirittura come l’organizzazione terroristica avesse anche problemi nel finanziarsi. Nel 2004 la situazione economica di Al Qaeda era quasi allo sbaraglio, con Bin Laden preoccupato di non poter mandare avanti i propri piani. In questo periodo il fondatore del gruppo jihadista è descritto come “frustrato e inquieto“, consapevole delle difficoltà.

A pesare sulle sorti della sua organizzazione è stata in primo luogo la stessa popolarità raggiunta dal gruppo. Maggiore esposizione ha voluto significare anche maggiori attacchi da parte degli Stati Uniti, impegnati dopo l’attentato dell’11 settembre a smantellare le basi di Al Qaeda in Afghanistan. Qui Bin Laden e i suoi avevano trovato ospitalità a partire dal 1994 e hanno potuto ramificarsi maggiormente sul territorio con l’arrivo al potere nel 1996 dei Talebani. Dopo gli attacchi alle Torri Gemelle, molti leader sono stati uccisi, altri catturati, così come diverse vie di comunicazione tra i principali capi sono state intercettate e interrotte. Lo stesso Bin Laden è stato costretto a rifugiarsi tra le montagne afghane prima di trovare un alloggio più confortevole nel compound di Abbottabad.

Tuttavia non è soltanto la guerra lanciata da Washington ad aver indebolito Al Qaeda. La popolarità ha sì permesso l’avvicinamento di migliaia di jihadisti ed estremisti ma, al tempo stesso, ha fatto perdere di vista all’organizzazione la bussola ideologica. Secondo quanto trapelato dai file analizzati da Lahoud nel suo libro, Al Qaeda a un certo punto sembra essere diventata troppo “pesante” da gestire. Centinaia di nuovi gruppi al proprio interno hanno voluto significare centinaia di teste ideologicamente lontane dallo stesso Bin Laden. Quest’ultimo voleva concentrarsi soprattutto sulla jihad globale, da attuare con nuovi attentati internazionali in modo da costringere gli Usa e l’occidente, sotto la pressione dell’opinione pubblica internazionale, a interessarsi sempre meno del medio oriente e ad abbandonare la regione.

Al contrario, i vari gruppi di Al Qaeda sorti nei primi anni 2000 hanno avuto come principale riferimento quello di portare solo a livello locale la jihad. Erano cioè interessati unicamente alle vicende della regione di pertinenza e non avevano gli Stati Uniti come principale nemico. Circostanza che più volte, secondo i file trovati ad Abbottabad, avrebbe fatto indispettire e non poco Bin Laden.

Bin Laden impossibilitato a organizzare nuovi attacchi internazionali

É vero, come sottolineato dallo stesso Lahoud, che Al Qaeda ha rivendicato altri due attacchi contro l’occidente dopo l’11 settembre. Il primo è dell’11 marzo 2004 a Madrid, il secondo invece è quello del 7 luglio 2005 a Londra. Tuttavia, scorrendo la mole di documenti in suo possesso, il ricercatore non ha trovato chiari segnali di un’organizzazione di quegli attacchi partita direttamente dalle basi di Al Qaeda o dai nascondigli di Bin Laden. Gli attentati cioè sono stati sì ideati e portati a termine da cellule vicine ad Al Qaeda, ma probabilmente lo stesso sceicco del terrore non era direttamente al corrente dei vari piani poi attuati nelle due capitali europee. La sua organizzazione si è intestata gli attacchi, specialmente dal punto di vista ideologico. Ma, per l’appunto, non sono mai saltate prove sufficienti a dire che Bin Laden in persona abbia o meno pianificato quelle due azioni.

L’unica vera operazione internazionale organizzata dal vertice di Al Qaeda dopo l’11 settembre ha riguardato l’attacco, avvenuto nel novembre del 2002, contro obiettivi israeliani nella città keniota di Mombasa. Ma, come sottolineato dallo stesso autore del libro, quell’operazione ha iniziato a essere pianificata prima degli attentati contro New York e Washington. Questo come ulteriore prova delle difficoltà di Al Qaeda di attuare attacchi internazionali e della fase calante post 11 settembre. Tanti gruppi in varie parti del pianeta hanno indossato il “cappello” dell’organizzazione fondata da Bin Laden, ma raramente quest’ultimo è stato al corrente dei piani.

Il rapporto con i Talebani

Anche sulle intese con i Talebani non sono mancate sorprese rispetto a quanto saputo negli ultimi anni. Secondo Lahoud, il rapporto con gli studenti coranici non sempre è stato idilliaco e non sempre è stato “perfetto”. Bin Laden, in particolare, negli ultimi anni soprattutto lamentava ai suoi collaboratori più stretti una determinata “deriva” dei Talebani. Secondo il terrorista, una parte di loro è rimasta fedele ai dettami e agli schemi ideologici del Mullah Omar, fondatore del gruppo, ma un’altra a Bin Laden è sembrata essere “al soldo” esclusivo dei servizi segreti pakistani. Per questo, specialmente nella seconda metà degli anni 2000, ha sempre consigliato maggiore “discrezione” nei rapporti con i Talebani. Sul fronte dei rapporti con l’Iran, nella mole di documenti scovata ad Abbottabad non sono stati trovati riscontri significativi. Teheran, in particolare, avrebbe ospitato alcuni capi di Al Qaeda negli anni successivi alla fine del primo emirato talebano in Afghanistan, senza però fornire sostegno decisivo e significativo all’organizzazione.

In conclusione, l’immagine che emerge di Bin Laden e della sua rete di terrore è apparsa, se non ridimensionata, comunque meno potente del previsto all’interno della galassia jihadista. Al Qaeda ha sì ispirato più generazioni di fondamentalisti, ma non ha guidato l’intero mondo islamista. L’equiparazione Al Qaeda/jihadismo degli anni immediatamente successivi all’11 settembre, alla luce degli ultimi riscontri, ne è uscita oltremodo forzata. Prova ne è il fatto che, una volta ucciso Bin Laden e una volta affacciatasi alla ribalta una nuova organizzazione, quell’Isis partita come costola irachena poco controllabile della stessa Al Qaeda, il gruppo fondato dal miliardario saudita si è ulteriormente ridimensionato e ha perso anche il ruolo guida a livello ideologico.

Di Mauro Indelicato. (Inside Over)

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