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Turchia tuona contro la Francia sulla questione del ritiro delle forze militari dalla Libia

(Roma, Parigi, 18 novembre 2021). La Turchia ritiene che la Francia non abbia alcun diritto di commentare la presenza militare turca in Libia, che prevista da un accordo legittimo concluso con il governo libico. È quanto ha dichiarato il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, mercoledì 17 novembre, in seguito alla richiesta del presidente francese, Emmanuel Macron, rivolta alla Turchia e alla Russia, di ritirare le proprie forze dal Paese nordafricano. Ad avviso del leader francese, la presenza militare turca e russa è “irrispettosa della sovranità della Libia.

“Abbiamo un accordo con il legittimo governo libico, la Francia non ha alcun diritto di parlare della questione”, ha affermato Cavusoglu ai giornalisti mentre si trovava ad Ankara, aggiungendo che Parigi “ha la vecchia abitudine di commentare ciò che fanno gli altri”. Il ministro ha altresì precisato che la Turchia “parla solo con la Libia”.

Alla vigilia della conferenza di Parigi sulla Libia, tenutasi il 12 novembre, le forze armate libiche orientali hanno annunciato il rimpatrio di 300 mercenari stranieri dalla loro area di controllo, su richiesta della Francia.  Secondo quanto riportato da un funzionario militare libico, la mossa è finalizzata a favorire l’accordo, sostenuto dalle Nazioni Unite, per un ritiro graduale di tutte le forze armate straniere dal campo. I 300 mercenari sarebbero il primo gruppo a lasciare il Paese e la loro rimozione avverrebbe in coordinamento con la missione dell’ONU in Libia per prevenire la destabilizzazione dei luoghi in cui queste milizie dovranno tornare.

All’evento, la Turchia e Russia hanno inviato rappresentanti di livello inferiore, a dimostrazione della complessità della questione del ritiro delle forze straniere dal Paese. I mercenari della compagnia russa Wagner erano schierati accanto all’Esercito nazionale libico (LNA), sostenuto, oltre che da Mosca, anche da Emirati Arabi Uniti, Egitto, Francia, Arabia Saudita e Giordania. L’ex Governo di Accordo Nazionale (GNA) di Tripoli ha, invece, avuto il sostegno politico dell’Italia e del Qatar, delle truppe regolari turche come consiglieri e dei combattenti alleati siriani come forze di terra. Ankara ha altresì inviato in Libia mercenari siriani, appartenenti soprattutto alle divisioni Sultan Murad, gruppo armato di ribelli attivo nella guerra civile siriana, supportato dalla Turchia, Suleyman Shah e di al-Mu’tasim, fazione affiliata all’Esercito Siriano Libero, che mira a rovesciare il presidente siriano, Bashar al-Assad. La Turchia ha garantito a questi mercenari passaporto turco, incentivi e uno stipendio mensile pari a circa 2.000 dollari.

Alla fine della Conferenza di Parigi, le potenze mondiali partecipanti hanno esortato la Libia ad attenersi al piano per lo svolgimento delle elezioni presidenziali del prossimo 24 dicembre, aggiungendo che i mercenari stranieri dovrebbero lasciare il Paese. Oltre a questo, i partecipanti hanno affermato che incoraggeranno sanzioni contro chiunque danneggerà il processo elettorale e la transizione politica.

Gli accordi nominati da Cavusoglu sono due memorandum di intesa firmati da Ankara con il precedente governo di Tripoli guidato dall’ex premier Fajez Serraj il 27 novembre 2019, riguardanti la cooperazione militare e l’istituzione di una zona economica esclusiva nel Mediterraneo, la prima mai stabilita tra la Libia e la Turchia, che è tutt’oggi oggetto di controversie con Cipro, Grecia e Francia. Tali accordi sono stati rinnovati, il 12 aprile scorso, dal nuovo premier tripolino ad interim, Abdulhamid Dbeibah, capo del Governo di Unità Nazionale (GNU). La Turchia risulta altresì essere in prima linea nella gestione dei progetti di ricostruzionelibici, in cui mercato ha un valore di circa 111 miliardi di dollari, superando i concorrenti italiani, cinesi e francesi.

Di Sofia Cecinini. (Sicurezza Internazionale)

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