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Francia: a sei anni dal Bataclan François Hollande ricostruisce la dinamica degli attacchi terroristici

(Roma, 11 novembre 2021). L’ex presidente francese spiega: « Non ci hanno colpito per le nostre azioni all’estero ma per il nostro stile di vita proprio qui »

Gli attentati del 13 novembre 2015 erano nell’aria, il governo era consapevole della minaccia terroristica per « punire » la Francia “patria dei diritti e delle libertà”, ma non era in possesso dell’informazione decisiva per impedirli.

A ricostruire la dinamica dei drammatici attentati al Bataclan e allo stadio Saint Denis nonché il contesto in cui si sono svolti è l’ex presidente francese François Hollande, intervenuto in qualità di testimone al processo in corso davanti alla corte d’assise di Parigi, citato dall’associazione di vittime Life for Paris.

Hollande ha ricordato che stava assistendo a un’amichevole di calcio Francia-Germania allo Stade de France di Parigi, dove decise di andare quando è stato informato della presenza del ministro degli Esteri tedesco. « Quella sera – ha detto oggi –  non c’era una minaccia particolare e il tempo era clemente, la partita amichevole”. Alla prima esplosione, quando un giocatore si è fermato sul campo per la sorpresa, Hollande ha pensato che potesse trattarsi di un attentato, ma alla seconda “non ho più avuto dubbi”. L’ex presidente ha raccontato di essere subito stato informato della prima vittima e di essersi recato poco dopo all’unità centrale di sicurezza, da dove ha deciso che la partita doveva proseguire per evitare il panico, nonostante fosse stato informato degli attacchi in corso in più luoghi a Parigi.

Sempre allo stadio, ha ricordato ancora, si pose il problema dell’opportunità se recarsi o meno al Bataclan per non intralciare l’operazione in corso, ma alla fine ha deciso di raggiungere la sala concerti da dove si rivolse ai francesi per comunicare il numero di ostaggi e riferire “dell’orrore in corso”, prima di rientrare all’Eliseo.

In aula, dall’inizio del processo, a fare più volte il nome di Hollande, presidente dal 2012 al 2017, era stato Salah Abdeslam, principale imputato e unico membro rimasto in vita di quei comando jihadisti che hanno sei anni fa hanno causato 130 morti. “François Hollande conosceva i rischi che prendeva nell’attaccare lo Stato islamico in Siria” ha detto Abeslam al sesto giorno del processo. Del resto in un messaggio registrato dagli attentatori del Bataclan e diffuso in tribunale lo scorso 28 ottobre, il nome del presidente veniva ripetuto più volte, invitando i francesi a “prendersela contro il vostro presidente” per le sue attività contro lo Stato islamico e gli interventi in Iraq e Siria. Nel rispondere alle domande degli avvocati, e indirettamente alle accuse dei terroristi, Hollande ha invocato per le azioni dell’epoca il principio di “legittima difesa: ci hanno fatto la guerra, abbiamo replicato”.

In realtà, secondo l’ex presidente, « questo gruppo non ci ha colpito per le nostre azioni all’estero ma per il nostro stile di vita proprio qui”. L’ex presidente cita una dichiarazione del portavoce dello Stato islamico che intendeva “punire gli occidentali e gli sporchi francesi”, risalente a metà 2014, quando la Francia non era ancora intervenuta in Iraq (da settembre 2014) né in Siria (settembre 2015).

 “Questo gruppo – ha detto l’ex presidente – ci ha colpito per quello che rappresentiamo: una Repubblica laica, un Paese che ama la cultura, lo sport e non concepisce la felicità come una perversità. C’era la volontà di punirci anche perché siamo il Paese dei diritti umani, delle libertà” ha sottolineato Hollande, riconoscendo che “ogni giorno eravamo sottoposti a una minaccia in termini di sicurezza”, citando come esempio Charlie Hebdo, Hyper Casher e il treno alta velocità Thalys.

Hollande ha detto che, se fosse presidente ora e la situazione fosse la stessa di allora “rifarei esattamente la stessa cosa in Iraq e in Siria, quindi mi assumo pienamente la responsabilità di questo nostro intervento”. Nella sua testimonianza l’ex capo di stato francese ha più volte assicurato che “abbiamo fatto tutto quello che potevamo per catturare questi individui » e si è congratulato con l’operato dei servizi segreti e di tutte le forze di sicurezza che “hanno fatto tutto quello che potevano”.

Quanto ai terroristi implicati negli attentati del 13 novembre 2015, Hollande ha riferito che “nei giorni precedenti eravamo a conoscenza dell’esistenza di questi individui, ma non potevamo immaginare che stavano per entrare in azione”. Tra questi è tornato il nome del coordinatore degli attentati, Abdelhamid Abaaoud, della cui identità Hollande sarebbe stato informato ad agosto del 2015. In risposta alle domande dei legali delle famiglie delle vittime sull’effettiva efficienza del dispositivo di sicurezza e sul perché un commando riuscì a eludere i controlli, l’ex presidente ha riconosciuto che “quando c’è un attentato, è sicuramente una sconfitta, ma tanti altri sono stati sventati”.

Hollande ha poi citato diversi provvedimenti varati dalla Francia tra gennaio e novembre 2015, tra cui la legge sull’intelligence e la creazione di mille posti nelle apposite direzioni, negando qualsiasi forma di collaborazione con il regime siriano in merito a una presunta lista di attentatori che sarebbe stata consegnata a Parigi. In ogni caso, ha ammesso, « uno si chiede se sta sempre facendo abbastanza”.

(AGI)

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