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A Mosca il primo summit con talebani ma gli USA danno forfait

(Roma, 19 ottobre 2021). Solo alla vigilia dell’appuntamento Washington ha fatto sapere che per « questioni logistiche » non potrà partecipare, ma gli Usa saranno assenti anche al summit di domani del  ‘formato Mosca’, che vedrà riuniti i di Paesi della regione più i talebani

Si moltiplicano le iniziative diplomatiche dei principali attori regionali direttamente coinvolti nel dossier afghano, impegnati nel mantenere i necessari contatti coi talebani – prima di tutto per monitorare la situazione sicurezza e migrazione – senza, però, ancora riconsocerne ufficialmente l’autorità.

A meno di due settimane dal summit straordinario dei leader del G20, convocato dall’Italia e definito dal premier Mario Draghi, la « prima risposta multilaterale alla crisi in Afghanistan », la Russia – che all’incontro di Roma aveva scelto però di essere rappresentata da una delegazione di livello minore, come anche la Cina – terrà oggi e domani due differenti iniziative, a cui è prevista per la prima volta anche la presenza di una delegazione talebana.

La settimana prossima (il 27 ottobre) sarà la volta dell’Iran, che a Teheran ospiterà la riunione dei ministri degli Esteri dei sei Paesi confinanti; a novembre, infine, (probabilmente l’11 del mese) sarà la volta dell’India con un summit, a cui è invitato anche il Pakistan, ‘stakeholder’ chiave in Afghanistan, ma anche storico arcinemico di Dehli.

Il primo appuntamento è oggi a Mosca con la ‘troika allagrata’, che oltre alla Russia, comprende Cina, Pakistan e Usa.

Solo alla vigilia dell’appuntamento, Washington ha fatto sapere che per « questioni logistiche » non potrà partecipare. Gli Stati Uniti non ci saranno neppure al summit di domani del cosiddetto ‘formato Mosca’, che vedrà riuniti i rappresentanti di 10 Paesi della regione, più i talebani.

La delegazione da Kabul sarà guidata dal vice premier, Abdul Salam Hanafi, quella pakistana avrà in testa il rappresentante speciale, Mohammad Sadiq, mentre per la Russia parteciperà il ministro degli Esteri, Serghei Lavrov.

Il Fronte di resistenza nazionale, guidato da Ahmad Massoud nella Valle del Panshir, non è invece stato invitato a nessuno dei due incontri.

L’inviato speciale russo per l’Afghanistan, Zamir Kabulov, ha già detto di non aspettarsi « svolte » dal summit di domani, ma ha auspicato un « confronto franco » con i talebani su « come iniziare a risolvere i problemi in modo costruttivo ».

Quello che si sa di più concreto è che Mosca intende proporre la convocazione di una conferenza sotto l’egida delle Nazioni Unite su diritti umani e assistenza umanitaria a Kabul. Proprio il ruolo primario dell’Onu nel gestire soprattutto al crisi umanitaria nel Paese asiatico era stata messa in risalto da Draghi dopo il G20 straordinario.

Anche di questo dovrebbe aver parlato il presidente del Consiglio con il leader del Cremlino, Vladimir Putin, nella telefonata avuta proprio oggi prima dell’avvio del giro di meeting msocoviti, letti da molti come una sfida diretta all’iniziativa italiana sull’Afghanistan.

Per il Cremlino, il timore maggiore è legato al terrorismo e al narcotraffico. Putin ha lanciato l’allarme sulla presenza di circa 2mila miliziani dell’Isis nel Nord dell’Afghanistan che, ha avvertito, da lì intendono « diffondere la loro influenza nei Paesi dell’Asia centrale e nelle regioni russe ».

Gli ultimi sanguinosi attentati dell’Isis a due moschee sciite in Afghanistan hanno aumentato i timori, di tutti gli attori regionali e non solo, che i talebani non siano in grado di garantire la sicurezza interna. Negli incontri di Mosca – dove gli ‘studenti coranici’ auspicano di avviare la graduale rottura del loro isolamento internazionale – i partecipanti potrebbero, tra le altre cose, valutare la condivisione di informazioni di intelligence con gli studenti coranici per contrastare l’Isis.

La Russia, proponendosi ancora una volta come mediatore di crisi internazionali, è interessata a garantire stabilità in uno spazio per lei vitale, quello dell’Asia centrale, considerato il suo « cuscinetto difensivo meridionale ».

(AGI)

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