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La doppia lezione di Kabul e Tripoli per l’Occidente

(Roma, 21 settembre 2021). Le cronache del 2021 riportano le avanzate talebane in Afghanistan. Il ritorno degli studenti coranici a Kabul ha rappresentato uno dei capovolgimenti politici e militari più clamorosi della storia recente. Ma non è soltanto nel Paese asiatico che si stanno mettendo in discussione gli ultimi anni di politica internazionale. L’occidente dal 2001 in poi è intervenuto in Afghanistan, così come anche in Iraq e in Libia. Se a Kabul sono tornati i talebani, a Tripoli invece sta riprendendo quota ancora una volta il nome di Gheddafi. Un altro regime fatto cadere nello scorso decennio che adesso potrebbe riaffacciarsi sulla scena politica. Un ulteriore segno del fallimento delle ultime avventure militari.

Il parallelismo tra Kabul e Tripoli

Nel 2001 gli Usa hanno iniziato la guerra afghana con l’intento di scovare Bin Laden e detronizzare i talebani. Negli anni successivi l’intero occidente ha appoggiato la missione inviando soldati e mezzi a difesa del neonato Stato afghano. Quanto accaduto dopo un ventennio è attualmente sotto gli occhi di tutti. Le istituzioni volute e formate da Usa ed Europa sono collassate, sciolte come neve al sole dopo la fulminea avanzata talebana. Si è tornati quindi al punto di partenza. Gli studenti coranici hanno ripreso il potere e sono pronti a proclamare la nascita di un nuovo emirato. Come hanno sottolineato Fausto Biloslavo e Gian Micalessin nei loro recenti reportage da Kabul ed Herat, della presenza occidentale non è rimasto nulla. Anche a livello fisico. Le basi italiane ad esempio sono state già saccheggiate e distrutte, in quelle che erano le caserme messe in piedi dalla Nato per l’esercito afghano oggi sventolano le bandiere dei talebani.

La storia dirà se questi venti anni sono stati letteralmente gettati dall’occidente oppure se sono serviti a qualcosa. Per adesso l’attualità parla di un passo indietro clamoroso e con pochi eguali dal secondo dopoguerra a oggi. Se a Kabul lo spettro talebano si è avverato, a Tripoli si sta muovendo qualcosa sul fronte di un altro regime distrutto dall’intervento occidentale, quello dei Gheddafi. Nel 2011 Francia e Regno Unito, sulla spinta delle proteste della cosiddetta primavera araba, hanno premuto per un intervento della Nato ufficialmente per la creazione di una no fly zone. Nella pratica i bombardamenti occidentali hanno provocato la caduta di Muammar Gheddafi e il deterioramento delle condizioni in Libia. Oggi il Paese si presenta frammentato e nessun governo è riuscito a ricostruire nel suo territorio delle legittime autorità. Per questo il nome di Gheddafi è sempre più preponderante. A dicembre la Libia dovrebbe andare al voto e Saif Al Islam Gheddafi, papabile erede a suo tempo di Muammar, sarebbe pronto a candidarsi. Di recente il fratello Saadi, conosciuto in Italia in quanto ex calciatore in Serie A, è stato liberato dopo 7 anni di prigionia. Anche se non mancano incognite su quest’ultima vicenda, forse però la scarcerazione è segno di un’amnistia generale nei confronti degli ex membri del regime. Una riabilitazione in vista di un altro ritorno in grado di conclamare il fallimento occidentale.

Le lezioni che arrivano da Afghanistan e Libia

Non è detto che i talebani riusciranno ad amministrare un Paese complesso quale l’Afghanistan e non è detto che realmente un Gheddafi torni al potere in Libia. Ma il fatto stesso che a distanza di venti e dieci anni dalle avventure militari occidentali i nomi dei precedenti regimi tornino di attualità è un fatto non indifferente. In primo luogo perché è conclamato il fallimento della dottrina relativa all’esportazione della democrazia. Una linea politica inaugurata dall’ex presidente Usa George W. Bush dopo l’attacco alle torri gemelle e che è servita, tra le altre cose, a mettere il cappello anche sull’avventura militare in Iraq contro Saddam Hussein. In secondo luogo, il ritorno dei precedenti padroni ha messo ancora una volta a nudo la miopia occidentale. Negli Stati Uniti, così come in Europa, nessuno ha saputo leggere la realtà nei Paesi in cui sono stati inviati soldati e bombardieri.

Andare a cambiare manu militari dei governi ha significato creare caos, destabilizzare società da equilibri molto fragili e, soprattutto, non ha dato la possibilità allo stesso occidente di riparare ai suoi errori. E così dall’Afghanistan si è dovuti fuggire, in Libia se davvero Gheddafi dovesse candidarsi chi ha spinto per l’attacco del 2011 dovrà accettare il vecchio/nuovo status quo. Da Kabul e da Tripoli, così come per la verità anche da Baghdad, sono quindi arrivate sonore lezioni. Guardare il medio oriente soltanto dalla prospettiva occidentale può causare problemi e portare al fallimento delle iniziative politiche e militari. Un insegnamento svelato in tutta la sua drammaticità dopo due decadi di guerre.

Mauro Indelicato. (Il Giornale-Inside Over)

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