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I Talebani, l’Isis-K e Al Qaeda nella «culla del terrore»

(Roma, 17 settembre 2021). In Afghanistan, dopo il ritiro delle forze internazionali, si contrappongono Talebani, Isis-k e Al Qaeda. Ecco un quadro sul terreno delle forze in campo

Chi c’è dietro l’attacco all’aeroporto di Kabul dello scorso 26 agosto? Ci sono i miliziani dell’Isis Khorasan (Regione storica che comprendeva i territori, che attualmente fanno parte dell’Iran, dell’Afghanistan, del Tagikistan, del Turkmenistan e dell’Uzbekistan).

L’Isis-K, ramo afghano dello Stato islamico nato, tra il 2014 e il 2015, nella provincia afghana del Khorasan, conta poco più di 1500 miliziani (darti ONU), tra ex foreign fighters siriani e miliziani provenienti principalmente da Pakistan, Tagikistan ed Uzbekistan e molti ceceni. Ricordiamo che l’Isis, una sorta di franchising del terrore, nasce dall’idea di un solo stato islamico mondiale – e vedremo che questa è una delle differenze sostanziali con i Talebani. L’Isis-K è la parte orientale del Califfato di Raqqa, nata nel 2014 quando tra gli obiettivi di Abu Bakr Al Baghdadi, leader dello Stato islamico, c’era la formazione di cellule distribuite nei vari territori, per la realizzazione di un Califfato globale. Nacquero allora i “wilayat” (province o governatorati), alcuni di maggiore rilevanza come Isis-Sinai o Isis-Raqqa. Quello dell’Isis-k ha sua base operativa, dal 2015, a Jalalabad, nella zona tribale al confine con il Pakistan.

Isis-K, Al Qaeda e la culla del terrore.

Possiamo definire quest’area “la culla del terrore”. Qui è nata Al Qaeda  e da qui, e dai suoi dintorni, parlava Osam bin Laden ai mujaheddin e al mondo intero. Qui, nel 2001, si sono radunati i jihadisti in fuga dall’Afghanistan, e i disertori delle milizie pachistane non più in linea con gli ideali della vecchia generazione jihadista. Dal 2019, la regione del Khorasan è diventata la roccaforte dei foreign fighter in fuga dalla Siria dopo la sconfitta dello Stato Islamico. Già nel 2015 erano iniziate ad arrivare le prime rivendicazioni di un gruppo terroristico che si faceva chiamare ISKP o Provincia del Khorasan dello Stato Islamico, fondato dai talebani pakistani, con a capo Hafiz Saeed Khan, ex membro di Tehrik-e Taliban Pakistan (TTP). Il gruppo, che inizialmente è figlio di Al Qaeda, ben presto decide di giurare fedeltà al Califfato di Abu Bakr al Baghdadi, in quel tempo all’apice del potere in Siria e Iraq, per contribuire alla creazione di una provincia in Afghanistan e quindi alla realizzazione del Califfato globale. L’obiettivo dell’Isis-K è infatti quello di fondare un califfato nell’Asia Meridionale e centrale, basato su un’interpretazione rigida della sharia, conforme a quello presente in Siria e Iraq. Il movimento è cresciuto negli anni grazie ai finanziamenti dello Stato Islamico, all’appoggio dell’etnia pashtun del Pakistan, ma anche per la tolleranza del Governo e dell’intelligence di Kabul. Al gruppo sono attribuiti più di 100 attacchi, la maggior parte contro minoranze sciite, donne e bambini. L’Isis-K ha perso potere con la sconfitta dello Stato islamico e di conseguenza con la chiusura dei finanziamenti, ma continua ad essere una calamita per i veterani siriani in fuga dopo la caduta dello stato islamico in Siria e in Iraq e per i mujaheddin dei paesi limitrofi, dopo l’annuncio del ritiro delle truppe occidentali dall’Afghanistan.

La convivenza Talebani/Isis-K

Considerate le forze in campo è difficile credere che i miliziani possano competere con i Talebani per il controllo del paese, ma sicuramente sono una spina nel fianco del nuovo governo anche rispetto ai rapporti che lo stesso sta stringendo con Cina e Russia e nel rispetto di quegli accordi di Doha che prevedono l’impegno dei Talebani a rinunciare ad ogni legame con il jihadismo. Con l’attentato del 26 agosto il terrorismo è tornato sul palcoscenico mondiale con il rischio che l’Afghanistan torni ad essere il centro di gravità per le cellule dormienti. Talebani e Isis sono in guerra da anni anche se l’ideologia radicale fondata sul rispetto della Sharia sia alla base del pensiero talebano e dell’Isis. Lo Stato Islamico contesta ai Talebani di essere “alleati” degli americani, “apostati” incapaci di applicare la legge, interessati solo al potere politico a discapito della Sharia, e disposti a scendere a patti con il nemico principale: l’Occidente. D’altra parte i Talebani sono un gruppo nazionalista, con l’obiettivo di realizzare un emirato all’interno dei confini afghani, ma senza ambizioni internazionali e quindi in netto contrasto con il sogno di un califfato globale che identifica invece i terroristi salafiti.

Situazione complessa però quella dell’Afghanistan: sulla rivalità con l’Isis si innestano anche i difficili rapporti con Al Qaeda (è probabilmente da leggere così quello che è successo nei giorni scorsi tra il mullah Baradar e il clan Haqqani vicino a Al Qaeda).  Il gruppo di Osama bin Laden è stato soppiantato in poco tempo dall’Isis sui campi di battaglia di Siria e Iraq, portando dalla sua parte finanziamenti e nuove reclute. Così, i due gruppi, sono diventati nemici. Ma in questa rete di attori e rapporti non sempre chiari non va sottovalutato un altro punto fondamentale: i talebani non sono un gruppo coeso ma formato da clan e se per ora ciò che interessa gli studenti del Corano è dimostrare, agli occhi dell’America e dell’Occidente, di voler proteggere l’Afghanistan dalle organizzazioni terroristiche, non bisogna dimenticare che i rapporti con Al Qaeda rimangono ancora ambigui, e che nelle file dell’Isis-K militano diversi ex talebani e Qaedisti  come il gruppo Haqqani, che ha avuto un ruolo fondamentale nell’entrata dei Talebani a Kabul come , d’altra parte, tra il 2014 e il 2015, ha contribuito all’affermarsi dell’Isis-K nella provincia di Nangarhar.

Oppio e baratto

Altro punto determinante è il controllo del mercato dell’oppio che rappresenta il 90% della produzione mondiale e che è attualmente l’unico mezzo di sostentamento per gran parte delle aree rurali e non solo. Chi gestirà questo ingente mercato? Quale dei clan che formano il governo avrà la meglio? E servirà per ricattare l’Occidente? O sarà una forma di baratto così come è successo con “Al Qatar”, che in cambio della manutenzione dell’aeroporto di Kabul adesso, ha avuto la possibilità di avviare i voli commerciali con l’Afghanistan ?

(Rai News)

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