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11 agosto 2003, la NATO prende il comando ISAF in Afghanistan

(Roma, 11 agosto 2021). Oggi Afghanistan è sinonimo di ritiro. Le forze internazionali stanno smobilitando strutture, basi e soldati. Si abbandonano le montagne afghane mentre sul territorio la situazione è tutt’altro che favorevole all’esercito locale e al governo di Kabul. I Talebani avanzano, ma si è preferita ugualmente la via della fine delle missioni. L’11 agosto 2003, esattamente 18 anni fa, la storia però sembrava destinata ad essere diametralmente opposta. La Nato infatti, per la prima volta al di fuori dall’Europa, prendeva il comando delle operazioni in Afghanistan con l’obiettivo di pacificare definitivamente il territorio.

Il passaggio di consegne

L’11 agosto 2003 i riflettori sono puntati soprattutto verso l’Iraq. È qui il nuovo fronte aperto dall’allora presidente statunitense George W. Bush. Quest’ultimo pochi mesi prima dà ordine di attaccare Baghdad e destituire Saddam Hussein. L’Iraq dopo 24 anni rimane senza il rais e la guerra si prolunga ben oltre il previsto. L’Afghanistan, al contrario, appare più tranquillo. Sono trascorsi quasi due anni dall’attentato dell’11 settembre 2001 a New York e Washington, organizzato da Al Qaeda dalle sue basi ramificate nell’allora Afghanistan controllato dai Talebani. Il 7 ottobre Bush attacca Kabul, pochi mesi dopo i gruppi rivali ai fondamentalisti islamici prendono il potere. Con l’arrivo alla presidenza di Hamid Karzai la situazione sembra avviarsi verso la normalità.

Tuttavia i Talebani non mollano la presa. Sono diversi gli attentati compiuti dagli islamisti e le forze afghane sono ancora poco preparate per respingerli. Per questo l’Onu già a fine 2001 autorizza la missione internazionale Isaf. Dopo alterni cambi al vertice, alla fine nel 2003 si decide di dare il comando dell’operazione alla Nato. Si arriva quindi all’11 agosto. A Kabul i massimi rappresentanti militari dell’Alleanza Atlantica prendono il timone e inizia così ufficialmente la missione. Quel giorno nella capitale afghana regna l’ottimismo. Con la presenza della Nato l’auspicio delle autorità locali e della comunità internazionale è una rapida formazione del nuovo esercito afghano e un controllo più capillare del territorio.

La missione

Al passaggio di consegne a favore della Nato, la missione Isaf si svolge ancora interamente a Kabul. Ben presto emerge la necessità di estendere il mandato anche al resto del territorio afghano. Nell’ottobre 2003 il consiglio di sicurezza Onu autorizza l’allargamento del raggio di azione di Isaf alle altre province dell’Afghanistan. All’Italia viene affidata la regione ovest, con il comando fissato ad Herat, importante città commerciale abitata soprattutto dai tagichi. La missione della Nato viaggia seguendo alterne vicende. Da un lato si riescono ad organizzare nel 2004 le prime elezioni presidenziali, dall’altro però le autorità centrali faticano a stabilire il controllo sul resto del Paese. Il presidente afghano Karzai viene non a caso soprannominato “sindaco di Kabul”.

I Talebani lentamente riprendono il controllo di diverse aree rurali, soprattutto a sud dove appaiono più ramificati. Quando nel 2014 termina la missione Isaf, sostituita da quella denominata “Sostegno Risoluto” con al comando sempre la Nato, l’ottimismo emerso l’11 agosto 2003 appare svanito. L’Afghanistan rimane fortemente destabilizzato e si arriva così ai giorni nostri. L’Italia ha chiuso la sua base a Herat a giugno, gli Usa lasceranno il Paese l’11 settembre 2021, i Talebani controllano buona parte del territorio anche a nord.

Di Mauro Indelicato. (Inside Over)

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