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La Russia ritira le truppe: cosa succede con l’Ucraina

(Roma, 23 aprile 2021). La Russia muove le truppe, ma questa volta per allontanarsi dal confine con l’Ucraina. Il ministro della Difesa russo, Serghei Shoigu, ha annunciato infatti l’interruzione delle esercitazioni militari avviate nelle scorse settimane in concomitanza con l’escalation diplomatica con Kiev e Washington. “Credo che gli obiettivi dei controlli a sorpresa siano stati pienamente raggiunti” ha detto Shoigu, “le truppe hanno dimostrato di essere in grado di garantire una difesa affidabile del Paese”. Il ritiro durerà una settimana, ma non sarà totale. Il ministro della Difesa ha infatti confermato che lungo il confine occidentale della Russia saranno lasciate le armi di artiglieria più pesanti “per un’altra esercitazione”. Il sito prescelto è il poligono di Pogonovo, 160 chilometri a est dal confine ucraino. Segno che la smobilitazione delle truppe sarà rapida e significativa, ma non totale: proprio per rendere chiaro che le forze armate di Mosca non intendono lasciare sguarnito il fronte.

L’annuncio di Mosca arriva in un momento particolarmente importante ed è chiaramente un segnale distensivo da parte del Cremlino dopo settimane di tensioni. Il governo russo definisce quella mobilitazione di decine di migliaia di uomini e mezzi come una “esercitazione”, ma è chiaro che dietro quelle manovre vi fosse qualcosa di molto più concreto: il movimento delle truppe aveva provocato la reazione preoccupata di tutte le cancellerie d’Europa e della Casa Bianca, e le immagini che arrivavano dal confine ucraino davano un segnale molto preciso. La dimostrazione è arrivata dall’analisi delle foto satellitari ottenute dal Wall Street Journal che hanno confermato non solo una grossa quantità di caccia Su-30 in una pista della in Crimea, oltre a Su-34, Su-30, Su-27, Su-25 e Su-24 in varie basi aeree della regione, ma anche la presenza di truppe aviotrasportate, blindati, elicotteri d’attacco, droni e la costruzione anche di un ospedale militare.

Il generale dell’Aeronautica Usa Philip Breedlove, interrogato dal Wsj, ha dato una risposta netta su quanto stavano facendo i russi al confine con l’Ucraina: “Hanno dispiegato in modo appropriato i vari elementi della potenza aerea che sarebbero stati necessari per stabilire la superiorità aerea sul campo di battaglia e supportare direttamente le truppe di terra”. E pur ritenendo che non fosse uno schieramento per un attacco imminente, il messaggio che Mosca aveva deciso di inviare agli avversari era quello di avere a disposizione una forza in grado di colpire velocemente, in modo diversificato e soprattutto in maniera letale. Dello stesso parere si era dimostrato Oleg Zhdanov, colonnello di riserva dell’esercito ucraino, il quale aveva in realtà puntato il dito proprio sul fatto che fossero stati satelliti commerciali e, prima ancora, i social network a segnalare la presenza delle forze russe e la quantità dei mezzi a disposizione del Cremlino in Crimea e nella Russia occidentale- Un segnale della scelta politica e diplomatica di questo schieramento, che non alludeva tanto a un’invasione, quanto a una “moral suasion” nei confronti di Kiev e della Nato. “Putin lo sta usando per provocare un’ondata di panico”, ha detto Zhdanov.

Insomma, il segnale a Washington era arrivato forte e chiaro. Ed è anche per questo che Joe Biden aveva provato ad allentare la tensione evitando di mandare le navi nel Mar Nero, preferendo muoversi sotto il profilo diplomatico ma senza esacerbare la tensione sulle coste della Crimea. La dimostrazione di forza della Russia alle esercitazioni Nato in Europa orientale e alle tensioni con l’Occidente era stata non solo potente, ma anche inaspettata. E molti temevano che l’unica risposta da parte americana sarebbe stata quella di inviare aiuti militari all’Ucraina, con il rischio di una escalation dai confini decisamente inquietanti, se non di una vera e propria guerra su larga scala. Alcuni analisti avevano già provato a capire quali aiuti poter inviare all’Ucraina contro il sistema militare messo in piedi da Mosca al confine di Crimea e repubbliche separatiste. Molti avevano pensato anche al coinvolgimento della Turchia, che oltre ad avere un buon rapporto con la Russia, è anche una preziosa alleata ucraina in campo militare. I suoi droni avevano già dimostrato di essere particolarmente ostici per i Pantsir russi schierati in Libia. E la presenza degli S-400 in Turchia fa credere che l’intelligence turca sia riuscita a carpire qualche segreto del sistema missilistico del Cremlino.

Per ora la tensione sembra comunque destinata ad allentarsi. Non in modo definitivo, sia chiaro, ma è probabile che nel breve termine non vi siano nuove escalation. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha scritto sul suo profilo Twitter che “la riduzione delle truppe al nostro confine porta a una riduzione proporzionale della tensione”. Il leader ucraino ha detto che il suo paese “rimane sempre vigile”, ma esprime apprezzamento per un gesto che allenta la tensione nel Donbass. Meno ottimista il portavoce del dipartimento di Stato Usa, Ned Price, che sul ritiro annunciato da Shoigu replica: “Abbiamo sentito parole, ora vogliamo vedere i fatti”. Quello che è certo è che Vladimir Putin ha segnato due linee rosse: questa estate la Bielorussia, in primavera l’Ucraina orientale, per Mosca esistono aree che non possono essere messe a repentaglio. Perché significa mettere in allarme anche Mosca.

Lorenzo Vita. (Inside Over)

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