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L’Iran vuole arricchire l’uranio fino al 20%

(Roma 02 gennaio 2021). L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA) delle Nazioni Unite ha reso noto, il primo gennaio, che l’Iran ha intenzione di arricchire l’uranio fino al 20% nel proprio impianto nucleare sotterraneo Fordow Fuel Enrichment Plant, secondo quanto comunicato dalle stesse autorità di Teheran agli ispettori della IAEA. Tale mossa, dal punto di vista tecnico, potrebbe rappresentare un passo in avanti verso un “livello da armamenti” nel programma nucleare iraniano e violare il Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), anche noto come accordo sul nucleare iraniano.

La IAEA ha affermato che l’Iran ha preso tale decisione in seguito all’approvazione di una proposta di legge da parte del Parlamento iraniano del primo dicembre scorso, in base alla quale Teheran ha deciso di sospendere l’accesso garantito all’Onu per condurre ispezioni nei propri siti nucleari e di aumentare il proprio arricchimento d’uranio, se i firmatari europei del JCPOA non forniranno sollievo al Paese dalla sanzioni che gravano sui suoi settori petrolifero e bancario. La IAEA ha poi aggiunto che le autorità iraniane non hanno specificato quando inizieranno l’arricchimento e che, al momento, i propri ispettori presenti in Iran hanno accesso regolare agli impianti di Fordow.

L’ultima decisione di Teheran è giunta in un momento di accresciute tensioni con gli Stati Uniti negli ultimi giorni dell’amministrazione uscente del presidente Donald Trump che, l’8 maggio 2018, aveva ritirato il proprio Paese dal JCPOA. Da allora, Washington era tornata ad imporre sanzioni contro l’Iran applicando la cosiddetta “politica di massima pressione” e le tensioni tra le parti erano culminate nell’uccisione del generale a capo della Quds Force iraniana, Qassem Soleimani, durante un raid aereo statunitense, il 3 gennaio 2020, all’aeroporto di Baghdad, in Iraq.

Dal ritiro statunitense dal JCPOA, l’Iran ha ripreso l’arricchimento di uranio agli impianti di Fordow, situati nei pressi della città santa sciita di Qom, a circa 90 km a Sud della capitale Teheran, e, secondo immagini satellitari, starebbe ampliando la produzione con la costruzione di un nuovo sito sempre a Fordow. La struttura sotterranea, che ospita circa 3.000 reattori, è protetta da fortificazioni e armi anti-aeree e tra le clausole del JCPOA era previsto che diventasse un impianto per la ricerca e lo sviluppo.

Al momento, l’Iran sta arricchendo l’uranio fino al 4,5% non rispettando il limite del 3,67% previsto dall’accordo sul nucleare e, secondo esperti citati da Associated Press, Teheran avrebbe accumulato scorte di uranio arricchito sufficienti per almeno due armi nucleari se volesse realizzarle. Prima del JCPOA, Teheran aveva arricchito l’uranio fino al 20% ma per la realizzazione di armi sarebbe necessario raggiungere il 90%. Ad oggi, Teheran però ha sempre annunciato che il proprio programma nucleare avrebbe soli scopi pacifici.

In vista del primo anniversario della morte di Soleimani, invece, l’Iran ha continuato a minacciare una ritorsione e, lo scorso 31 dicembre, le autorità del Paese hanno accusato 45 agenti legati agli Stati Uniti di coinvolgimento nell’assassinio del generale della Quds Force. Gli USA da parte loro hanno, invece, inviato bombardieri B-52H a sorvolare la regione, il 10 dicembre scorso, e hanno poi posizionato un sottomarino e due navi da guerra nelle acque del Golfo arabo, il 21 dicembre scorso.

Il JCPOA, firmato il 14 luglio 2015 da Iran, Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Stati Uniti, Germania e Unione Europea, prevede limiti allo sviluppo del programma nucleare iraniano in cambio del progressivo allentamento delle sanzioni internazionali che gravano su Teheran e della rimozione dell’embargo sulle armi convenzionali, entrambe previste dalla Risoluzione 2231 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, approvata il 20 luglio 2015. Secondo l’amministrazione Trump, però, l’Iran non avrebbe rispettato gli impegni presi in modo soddisfacente tanto da ritirare il proprio Paese dall’intesa. Il presidente eletto statunitense, Joe Biden, che inizierà il proprio mandato il prossimo 20 gennaio, ha rivelato la propria intenzione di far ritornare gli USA all’accordo ma ha anche richiesto che l’Iran riprenda a rispettare in toto quanto da esso previsto. Teheran, che dall’abbandono di Trump ha violato più disposizioni del JCPOA,  ha affermato che le proprie violazioni potrebbero essere revocate se anche le azioni punitive statunitensi fossero ritirate.

Camilla Canestri. (Sicurezza Internazionale)

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