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Libia: per l’LNA, la Turchia non vuole una soluzione politica

(Roma 19 Ottobre 2020). Secondo l’Esercito Nazionale Libico (LNA), la Turchia non desidera giungere ad una risoluzione politica del conflitto libico. Motivo per cui Ankara continua a tenere aperti i ponti aerei tra il proprio Paese ed alcune basi libiche, tra cui al-Watiya, per trasportare armi, ufficiali e mercenari.

A riportarlo, il quotidiano al-Arabiya, dopo che, nella giornata del 18 ottobre, lo spazio aereo libico occidentale è stato testimone di “un’intensa attività” condotta da velivoli delle forze armate turche. Secondo quanto rivelato da siti web specializzati nel monitoraggio del traffico aereo, due aerei cargo turchi sono decollati dalla base aerea di al-Watiya, situata nella Libia occidentale, e uno di questi si è poi diretto a Misurata. A tal proposito, il direttore del dipartimento di consulenza dell’LNA, il maggiore generale Khaled al-Mahjoub, ha affermato che tali velivoli trasportano armi, munizioni, equipaggiamento militare e ufficiali turchi, i quali si recherebbero nel Paese Nord-africano “a rotazione”. Tale mobilitazione, ha evidenziato al-Mahjoub, dimostra come la Turchia vada contro quanto accade nel panorama politico regionale ed internazionale, dove diverse parti sono impegnate in colloqui volti a raggiungere una soluzione politica globale e duratura.

Al-Mahjoub ha poi spiegato che, a parer suo, “la Turchia non ha una strategia chiara e stabile”, in virtù del fatto che l’organizzazione dei Fratelli Musulmani, alla guida delle manovre politiche del governo di Tripoli, altresì noto come Governo di Accordo Nazionale (GNA), starebbe agendo per soddisfare interessi propri, e non del Paese e della popolazione libica. Per tale ragione, anche le dichiarazioni di Ankara, espressasi a favore del dialogo e di una soluzione politica, sono semplici parole che non verranno trasformate in azioni.

Parallelamente, nella sera del 18 ottobre, il portavoce del comando generale dell’LNA, il maggiore generale Ahmed Al-Mismari, ha accusato la Turchia di non aver mai interrotto, dall’aprile 2019 sino ad oggi, le operazioni di trasferimento di armi e attrezzature militari in Libia, dove ha inviato “decine di migliaia di combattenti terroristi, grandissime quantità di munizioni e migliaia di ufficiali e soldati turchi”. In particolare, a detta del portavoce, la Turchia “sta dotando la base di Uqba bin Nafi, nella regione di al-Watiya, di dispositivi e attrezzature “all’avanguardia” e non sembra essere intenzionata ad abbandonare i territori libici in futuro. Al contrario, Ankara mirerebbe a favorire il ritiro delle forze armate dalle regioni occidentali, per poi rafforzare la propria presenza a Mitiga, Misurata, Tripoli e al-Watiya.

Parallelamente, secondo al-Mismari, la Turchia sta cercando altresì di “contrattare con altri Paesi circa la sua presenza in Libia”, sebbene la comunità internazionale si sia detta contraria alla presenza militare turca nel paese Nord-africano. Nonostante ciò, ha ribadito il portavoce, per più di due mesi, quattro aerei da trasporto militare sono atterrati negli aeroporti della Libia occidentale, in particolare ad al-Watiya, Misurata e Mitiga, mentre oscilla tra quattro e sei il numero di voli civili condotti da Misurata e Tripoli a Istanbul e Ankara. Anche per al-Mismari, le recenti mosse turche in Libia “violano il cessate il fuoco e sono in contrasto con la tendenza internazionale a risolvere la crisi libica sedendosi al tavolo dei negoziati”.

Nella stessa giornata del 18 ottobre, iI portavoce del LNA, ha rilasciato una dichiarazione in cui ha sottolineato che le proprie forze hanno ricevuto informazioni da parte dei servizi di intelligence, in base alle quali “milizie terroristiche e criminali” starebbero pianificando un’aggressione contro le forze del LNA, la quale potrebbe avere luogo sul fronte Sirte-Al-Jufra, località dove, prima del 21 agosto, era attesa una “battaglia imminente” tra i due rivali, a loro volta sostenuti da attori esterni, tra cui Turchia ed Egitto.

In precedenza, invece, il Dipartimento di Intelligence Militare del GNA aveva riferito di aver ricevuto informazioni secondo cui le forze dell’Esercito Nazionale Libico avrebbero potuto attaccare le città di Bani Walid, Tarhuna e Gharyan. Si tratta di località riconquistate dall’esercito di Tripoli nei mesi di maggio e giugno scorso, in una fase in cui, grazie al sostegno di Ankara, il GNA è riuscito a registrare notevoli risultati, a danno delle forze di Haftar. Tarhuna è stata una delle ultime roccaforti dell’LNA, nell’Ovest libico, ad essere stata conquistata, il 5 giugno, spianando la strada alla liberazione della capitale Tripoli.

A seguito della progressiva avanzata delle forze di Tripoli, a partire dal 21 agosto scorso, i fronti di battaglia libici, sia ad Est sia ad Ovest, hanno assistito ad una fase di relativa tregua. Quest’ultima è stata annunciata dal primo ministro e capo del Consiglio presidenziale di Tripoli, Fayez al-Sarraj, e dal presidente del Parlamento di Tobruk, Aguila Saleh, con l’obiettivo di scongiurare una violenta escalation presso la città occidentale di Sirte e la base di al-Jufra. Il cessate il fuoco ha dato nuovo slancio ad un’ampia mobilitazione internazionale che ha visto diversi attori, regionali e non, impegnati in sessioni di dialogo, con il fine ultimo di giungere ad una risoluzione politica del conflitto libico e porre fine ad una situazione di grave instabilità, a cui la Libia assiste dal 15 febbraio 2011, data che ha segnato l’inizio della rivoluzione e della guerra civile.

Piera Laurenza.  (Sicurezza Internazionale)

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