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Libano: Hezbollah ostacola la formazione del governo, Macron concede tempo

(Roma 16 settembre 2020). Il Libano continua ad essere in attesa di un nuovo governo. Sebbene la scadenza per la presentazione della squadra fosse stata stabilita al 15 settembre, il presidente francese Emmanuel Macron, ha concesso altri due giorni.

Secondo quanto riferito dal quotidiano « al-Arab » il 16 settembre, gli incontri svoltisi nei due giorni precedenti, il 14 e 15 settembre, tra il presidente libanese, Michel Aoun, ed i diversi blocchi politici non hanno portato ai risultati auspicati, ovvero alla formazione di un nuovo esecutivo per Beirut. Risale al 31 agosto l’annuncio del presidente Aoun con cui ha affidato all’ambasciatore del Libano in Germania, Mustapha Adib, l’incarico di formare un governo di crisi, il cui obiettivo principale è mettere in atto riforme che risanino un quadro economico sempre più fragile.

Le consultazioni del neopremier con i diversi partiti politici, oltre che con ex capi di governo, sono iniziate il 2 settembre, giorno in cui Adib si è impegnato a formare la nuova squadra governativa entro due settimane, come esortato altresì dal presidente francese, Emmanuel Macron, il quale ha svolto un ruolo sempre più incisivo nell’incoraggiare le parti libanesi ad accordarsi per risolvere la perdurante crisi politica, economica e sociale.

Macron e diversi leader europei hanno richiesto un governo composto da « specialisti », senza alcun legame con partiti politici specifici. È tale ultimo requisito che ha trovato il rifiuto di alcuni attori politici, tra cui il Movimento Patriottico Libero, partito fondato dallo stesso Aoun nel 2005, di orientamento cristiano maronita. Inoltre, stando a quanto riportato da « al-Arab », uno dei principali ostacoli è stato altresì rappresentato dal partito sciita Hezbollah.

In particolare, nel corso di un incontro del 15 settembre tra Aoun e Mohammad Raad, esponente sciita membro del Parlamento libanese, quest’ultimo ha evidenziato che, affinché il nuovo governo venga approvato anche da Hezbollah, il Ministero delle Finanze deve essere affidato al partito sciita. Inoltre, dovranno essere il cosiddetto « Partito di Dio » ed il suo alleato Amal a nominare i rappresentanti sciiti nel futuro governo di Adib. Tale posizione, hanno sottolineato fonti politiche libanesi, mettono in difficoltà il premier designato, il quale potrebbe essere costretto ad abbandonare la missione.

Non sono poi mancate le critiche alle modalità di svolgimento delle consultazioni. In particolare, diversi esponenti politici hanno sottolineato che la costituzione libanese prevede esplicitamente che le consultazioni siano condotte dal primo ministro incaricato e non dal capo di Stato, come invece è avvenuto. Il ruolo del presidente, è stato evidenziato, dovrebbe limitarsi ad approvare o respingere la lista di ministri proposta dal premier. È tale clima che ha portato il presidente francese Macron a concedere ai partiti libanesi altri due giorni per giungere a un’intesa sul futuro esecutivo. La nuova scadenza è, pertanto, fissata al 17 settembre.

Secondo fonti francesi, ad agosto Macron aveva incontrato il capo del blocco parlamentare di Hezbollah, Mohammed Raad, e parlato con lui della possibilità di dissociarsi dall’Iran e rimuovere le sue forze nella vicina Siria. La presidenza francese non ha confermato ufficialmente l’incontro ma non lo ha nemmeno negato. Sarebbe la prima volta che un leader francese incontra un membro del gruppo. « È un’arma a doppio taglio per Macron. Hezbollah fa parte dello stesso sistema di governance che deve cambiare in Libano e non sono sicuro che si possa parlare di un Hezbollah politico senza sapere come gestire l’Hezbollah armato », ha dichiarato una fonte diplomatica francese.

Il nuovo governo sarà il punto di inizio per nuove riforme, richieste dai donatori internazionali, i quali hanno riferito di non essere disposti a sostenere pratiche « che hanno portato a un collasso finanziario e una crisi economica ». Il futuro esecutivo dovrà altresì riprendere le negoziazioni con il Fondo Monetario Internazionale (FMI), volte all’implementazione di un programma da circa 10 miliardi di dollari, che prevede dapprima riforme soprattutto nel settore dell’elettricità e finanziario.

Le dimissioni dell’ex primo ministro Hassan Diab, risalgono al 10 agosto, e hanno fatto seguito ad una forte ondata di mobilitazione popolare, in cui gruppi di manifestanti hanno accusato il governo di essere responsabile dell’incidente presso il porto di Beirut del 4 agosto. Il governo di Diab aveva ottenuto la fiducia del Parlamento l’11 febbraio scorso, dopo essere stato incaricato di risanare una situazione economica, sociale e politica sempre più fragile, che aveva spinto la popolazione libanese a scendere in piazza dal 17 ottobre, provocando le dimissioni di Saad Hariri. Negli ultimi mesi, l’esecutivo di Beirut non è riuscito, però, ad adempiere alla propria missione, ulteriormente compromessa dalla pandemia di coronavirus. L’esplosione del 4 agosto è stata considerata dai cittadini « la goccia che ha fatto traboccare il vaso » in un quadro di perdurante crisi caratterizzato da collasso economico, corruzione, sprechi e cattiva gestione.

Piera Laurenza.  (Sicurezza Internazionale)

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