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USA: la pressione contro l’Iran passa per gli Emirati Arabi Uniti

(Roma 19 agosto 2020). Gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni a due società con sede negli Emirati Arabi Uniti, secondo quanto ha affermato il Dipartimento del Tesoro, accusandole di fornire supporto alla compagnia aerea iraniana Mahan Air.

Il Tesoro ha affermato che la Parthia Cargo e la Delta Parts Supply FZC, due società con sede negli Emirati Arabi Uniti, hanno fornito pezzi di ricambio chiave e servizi logistici per la Mahan Air, un’azienda che si trova su una lista nera degli Stati Uniti. Amin Mahdavi, un cittadino iraniano che vive negli Emirati Arabi Uniti, è stato a sua volta sottoposto a sanzioni per la sua gestione della Parthia Cargo. La decisione congela tutti i beni statunitensi delle persone fisiche e giuridiche coinvolte e impedisce ai cittadini statunitensi di avere relazioni con questi.

«Il regime iraniano utilizza la Mahan Air come strumento per diffondere la sua agenda destabilizzante in tutto il mondo, supportando i regimi corrotti di Siria e Venezuela, così i  gruppi terroristici in tutto il Medio Oriente», ha dichiarato il segretario al Tesoro, Steven Mnuchin. «Gli USA continueranno ad agire contro coloro che supportano questa compagnia aerea», ha aggiunto. Il Dipartimento del Tesoro ha affermato che i servizi forniti dalle due società nella lista nera consentono alla compagnia aerea di sostenere la sua flotta di aerei fabbricati in Occidente e «di portare avanti l’agenda destabilizzante del regime iraniano attraverso attività che includono il trasporto di terroristi e merci letali in Siria per il regime assassino di Assad».

L’Iran è sottoposto a sanzioni americane che, dal 2018, hanno gravemente impattato diversi settori, tra cui quello petrolifero. Le tensioni sono iniziate a partire dall’8 maggio 2018, quando, su decisione del presidente statunitense, Donald Trump, gli USA si sono ritirati unilateralmente dal Piano d’Azione Congiunto Globale (JCPOA), anche noto come Accordo sul Nucleare iraniano. Da allora, le relazioni tra Teheran e Washington sono state seriamente compromesse e gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni su vari settori economici del Paese mediorientale, tra cui quello petrolifero e quello bancario, per costringerlo a rinegoziare il proprio programma missilistico-nucleare.

Il JCPOA era stato firmato il 14 luglio 2015 a Vienna da parte di Iran, Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Stati Uniti, Germania e Unione Europea e con esso erano stati previsti limiti allo sviluppo del programma nucleare iraniano in cambio del progressivo allentamento delle sanzioni internazionali che gravano a suo danno.  Secondo gli USA Teheran sarebbe venuta meno agli accordi, mentre, da parte sua, l’Iran ha sostenuto di aver, invece, continuato ad adempiere agli impegni del JCPOA.

Oltre alle sanzioni imposte sull’Iran, gli USA stanno cercando di mantenere anche l’embargo sulle esportazioni di armi convenzionali in Iran, che dovrebbe essere progressivamente rimosso a partire dal prossimo ottobre , ma del quale gli USA stanno incoraggiando il rinnovo. La scadenza dell’embargo era stata prevista dalla stessa Risoluzione ONU 2231, adottata il 20 luglio 2015 in seguito alla firma del JCPOA e, nonostante gli Stati Uniti si siano ritirati dall’accordo, essa dispone che Washington resti comunque un partecipante avente il diritto sia di prolungare l’embargo sulle armi, sia di prevedere l’applicazione di ulteriori sanzioni.

Dal 2018, le tensioni tra Teheran e Washington si sono manifestate anche dal punto di vista militare, in una progressiva escalation  che  è culminata con l’uccisione del generale a capo della Quds Force, Qassem Soleimani, durante un raid aereo ordinato dalla Casa Bianca il 3 gennaio scorso all’aeroporto di Baghdad. A tale gesto, l’Iran ha risposto con attacchi contro alcune basi militari che ospitavano soldati statunitensi in Iraq l’8 gennaio e con un mandato d’arresto ai danni dello stesso Trump, il 29 giugno scorso. Tutt’ora, l’Iran è accusato dagli USA di essere coinvolto nei ripetuti attacchi alle truppe internazionali anti-ISIS di stanza in Iraq e ai presidi statunitensi nel Paese.

(Maria Grazia Rutigliano – Sicurezza Internazionale). (L’articolo)

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