(Roma, 15 giugno 2025). Israele ha bombardato pesantemente Teheran nella giornata di domenica, prendendo di mira centri di comando delle forze armate e dei Pasdaran, sedi dei ministeri e dei servizi segreti e figure apicali della catena di comando iraniana, dando ulteriore struttura alla campagna militare avviata alle prime ore del 13 giugno. Dopo aver colpito in superficie i centri nucleari di Natanz, Fordow e Isfahan, cuore del programma atomico di Teheran, l’Israel Air Force sta operando per andare oltre l’obiettivo dichiarato di prevenire Teheran dal dotarsi di armi di distruzione di massa e ha portato la guerra nel cuore della capitale nemica.
Israele può colpire il nucleare solo in maniera relativamente superficiale, laddove può spingersi con le proprie munizioni più pesanti e penetranti, ma avrebbe bisogno degli ordigni degli Stati Uniti per disarticolare definitivamente il programma atomico degli ayatollah. Può, invece, infliggere danni sistemici, come sta facendo, su altri fronti: sul cuore della struttura di comando, Governo e organizzazione economica del suo rivale strategico. In parallelo ai raid contro il nucleare, che nonostante quanto dichiarato dal primo ministro Benjamin Netanyahu non può essere smantellato in tempi rapidi, Israele sta perseguendo la massima pressione contro la stessa struttura della Repubblica Islamica.
Oggi nei raid contro il comando dell’intelligence iraniana e del corpo dei Guardiani della Rivoluzione sono stati uccisi il brigadier generale Mohammad Kazemi, capo dei servizi segreti dei Pasdaran, e il suo vice Hassan Mohaqqeq, che si aggiungono alla lista di bersagli d’alto rango eliminati nella catena di comando pressoché decapitata delle forze armate di Teheran.
Un solo progetto : disarticolare la struttura di governo
Molti account di intelligence su fonti aperte (Osint) legate a Israele segnalavano, inoltre, massicci bombardamenti sul ministero della Giustizia e il ministero degli Esteri, volti a paralizzare la caccia alle spie del Mossad infiltrate nel Paese e una diplomazia che in pochi giorni ha visto un pesante stravolgimento: Abbas Aragchi, ministro degli Esteri iraniano, avrebbe dovuto essere oggi in Oman a incontrare Steve Witkoff, capo negoziatore Usa, ma si è trovato col suo ministero colpito direttamente.
L’obiettivo è chiaramente quello di disarticolare il regime iraniano partendo dalla testa: decapitazione di vertici, destrutturazione dei comandi militari e attacchi ai ministeri si sommano alla crescente pressione esercitata sull’attività economica nazionale, come abbiamo riportato ieri parlando degli attacchi israeliani sul giacimento gasiero South Pars e contro i maxi-depositi di petrolio nella capitale. L’attacco sta esercitando inoltre pressione sulla popolazione civile, che Clash Report segnala in crescente fuga da Teheran per cercare rifugio da una capitale che appare inadatta a gestire la protezione dei suoi abitanti nei rifugi di fronte a un’offensiva aerea israeliana che prosegue senza requie.
Pur dovendo fare i conti con le brecce interne all’antiaerea, non c’è dubbio che l’Idf abbia compiuto un risultato militarmente brillante nelle prime tre giornate di operatività contro Teheran: sfruttando le conseguenze delle mosse condotte da ottobre a dicembre contro lo stesso Iran a Ovest, le milizie sciite in Iraq e la Siria post-Bashar al-Assad, l’aviazione israeliana ha aperto un corridoio che le permette di volare indisturbata fino all’Iran e nelle ultime giornate ha preso di mira le difese della Repubblica Islamica con un’operazione di sopressione affidata ai caccia F-15, F-16 e F-35 in grado di permettere ai velivoli con la Stella di Davide di operare pressoché indisturbati.
Come nota Defense Blog, “”la campagna israeliana, senza precedenti per portata e profondità, prevede ripetute sortite con aerei da combattimento e armi di precisione a lungo raggio. L’obiettivo primario sembra essere il degrado a lungo termine della capacità dell’Iran di rilevare, tracciare o intercettare le minacce in arrivo”, colpendo non solo le batterie missilistiche note ma anche “basi aeree avanzate, siti radar e basi di lancio di missili balistici”.
La capacità di rifornimento in volo dei caccia israeliani ha consentito di ampliare la profondità della loro operatività. Oggi l’Iaf ha colpito Mashhad e la sua base aerea, site a 2.300 km dallo Stato ebraico, nel più remoto raid mai compiuto da operatori di Tel Aviv. L’obiettivo di Israele è consolidare la supremazia aerea per consentire ai suoi aerei di volare nel cielo iraniano e colpire con mezzi di precisione invece che limitarsi ad affidarsi alle munizioni lanciabili da remoto. E sempre più si tratteggiano i dettagli della sfida definitiva: puntare a paralizzare la capacità di reazione della Repubblica Islamica e porre le premesse per un suo collasso. Difficilissimo pensarlo, anche ora. Ma che l’azione non fosse solo per il nucleare era palese da tempo. E sempre più ne abbiamo le conferme.
Di Andrea Muratore. (Inside Over)