L’ultimatum di Israele a Hamas. «Tregua o entriamo a Rafah»

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(Roma, 04 maggio 2024). Accordo entro 7 giorni: « Oggi risposta di Hanyeh ». Tel Aviv-Hezbollah, intesa vicina sul confine Nord. Asse Usa-Riad sulla Palestina. « Bibi ? Si ricandiderà »

Israele lancia un ultimatum ad Hamas, avvertendo che se non si raggiunge un accordo entro una settimana, comincerà l’operazione di terra a Rafah. L’indiscrezione arriva dal Wall Street Journal che cita fonti egiziane, secondo cui il Cairo ha collaborato con Tel Aviv su una proposta rivista di cessate il fuoco che ha presentato al movimento militante islamico lo scorso fine settimana. I rappresentanti del gruppo torneranno oggi al Cairo per una riposta ufficiale, e ieri nella capitale – secondo fonti informate – è arrivato anche il direttore della Cia William Burns per incontri sul conflitto a Gaza. Mentre sarebbe vicino un accordo con Hezbollah per il ritiro dal confine Nord e il ritorno dei residenti israeliani. Intanto, l’esercito israeliano ha annunciato che Dror Or, 49 anni, rapito il 7 ottobre è stato ucciso, così come è stato identificato il corpo di Elyakim Libman, finora ritenuto ostaggio di Hamas e invece ucciso già il 7 ottobre.

Stati Uniti e Arabia Saudita, intanto, stanno finalizzando i dettagli di un’intesa storica per rafforzare il commercio bilaterale e la difesa, che come riferisce il portavoce del dipartimento di Stato Matthew Miller ha tre componenti: un pacchetto di accordi tra Washington e Riad, la normalizzazione dei rapporti tra sauditi e Israele, e il percorso «irreversibile» verso uno Stato palestinese. «Tutte sono collegate tra loro, nessuna va avanti senza le altre», ha detto Miller. Il commentatore del New York Times Thomas Friedman, considerato molto vicino al presidente americano Joe Biden, ha riferito che l’Arabia Saudita chiede un percorso da tre a cinque anni per la creazione di uno Stato palestinese, il congelamento degli insediamenti illegali da parte di Tel Aviv, e il ritiro dell’esercito israeliano da Gaza. Secondo il New York Times il trattato tra Usa e Riad sarebbe concluso «al 90%», ma resta in bilico la componente che riguarda Israele. Allo stesso tempo, però, le due parti starebbero valutando la possibilità di concludere l’accordo e di portarlo al Congresso con la condizione dichiarata che Riad normalizzerà le relazioni con Israele nel momento in cui il paese avrà un governo pronto a soddisfare i termini posti dall’intesa. Intanto, la Turchia ha sospeso le relazioni commerciali con Israele «fino a quando il governo di Netanyahu non autorizzerà un flusso ininterrotto di aiuti umanitari a Gaza».

«Non potevamo stare a guardare», ha affermato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, confermando che punta a costringere lo Stato ebraico a firmare un cessate il fuoco a Gaza e permettere l’invio di aiuti nella Striscia. Sul fronte interno, invece, Netanyahu sarebbe determinato a candidarsi alla rielezione ed è certo di poter vincere: come riporta il Times of Israel, il premier ritiene che Israele sia nel mezzo di una guerra che durerà per molti anni e che solo lui sia adatto a guidare questa sfida. Ma soprattutto è convinto che vincerà le elezioni forse nei prossimi mesi se la proposta per un accordo sugli ostaggi arriverà al voto e otterrà la maggioranza necessaria per essere approvata.

Nel frattempo, dai risultati dell’ultimo sondaggio in Israele per l’ennesima volta emerge una vittoria schiacciante del leader centrista e ministro del Gabinetto di guerra Benny Gantz su Netanyahu. Se si votasse oggi – secondo un sondaggio di Maariv – il partito di Gantz, «Unità nazionale», passerebbe dagli attuali 12 a 31 seggi alla Knesset contro i 19 del Likud di Bibi, che ora ne ha 32.
Non solo, il 47% degli intervistati vogliono Gantz come premier contro il 33% di Netanyahu.

Di Valeria Robecco. (Il Giornale)