«Avanti per mesi». Netanyahu boccia l’ipotesi di una tregua definitiva con Hamas e avverte l’Iran

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(Roma, 30.12.2023). Il primo ministro israeliano ha affermato che la guerra andrà avanti fino alla distruzione di Hamas e che l’Iran subirà dure conseguenze se gli Hezbollah proveranno ad allargare il conflitto

Israele continuerà a combattere per molti mesi. Il primo ministro Benjamin Netanyahu lo ha ribadito durante una conferenza stampa a Tel Aviv, mantenendosi sulla linea già dichiarata il 7 ottobre: “La mia politica è chiara, continueremo a lottare fino all’eliminazione di Hamas e al rilascio di tutti i nostri ostaggi”. Il premier ha anche riferito che le Idf hanno ucciso circa 8mila terroristi, “privando Hamas delle sue capacità, ferendo i comandanti ed eliminando anche i suoi leader”.

Il leader dello Stato ebraico è tornato anche a parlare dell’Iran, con cui la tensione è ad alti livelli per la morte del consigliere dei pasdaran in Siria Sayyed Razi Mousavi in un raid aereo che la Repubblica islamica ha attribuito all’aviazione della stella di David. “L’Iran è la forza trainante dell’asse del male e dell’aggressione contro di noi su vari fronti. La sua minaccia è rivolta non solo contro Israele ma contro l’intero mondo libero”, ha affermato il premier Netanyahu. “Stiamo contrastando attivamente l’Iran ovunque e in ogni modo, e non entrerò nei dettagli, ma farò tutto, ma proprio tutto, per impedire all’Iran di dotarsi di armi nucleari”. Bibi ha criticato il suo predecessore Naftali Bennet, che in un editoriale pubblicato sul Wall Street Journal giovedì 28 dicembre ha rivelato di aver ordinato di aver ordinato alle forze israeliane di colpire l’Iran in due occasioni nel 2022. Per quanto riguarda il fronte nord con gli Hezbollah, Netanyahu ha affermato che se “dovessero espandere la guerra, loro e l’Iran subirebbero colpi duri, come non si sarebbero mai sognati”.

Sulla situazione a Gaza, il premier di Tel Aviv ha dichiarato che “Hamas non rappresenterà più una minaccia per Israele”. Ha anche nominato la “Philadelphi route”, una zona cuscinetto di 14 chilometri tra l’exclave palestinese e l’Egitto, affermando che “deve essere in mano nostra” per garantire che la Striscia rimanga smilitarizzata. Sul fronte degli ostaggi, Netanyahu ha ammesso che “vediamo la possibilità, forse, di uno spostamento” e che “se ci sarà la possibilità di un accordo, sarà realizzato”. Secondo il premier, però, Hamas presenta una serie di ultimatum inaccettabili, mentre le Idf continuano a mantenere da un lato la pressione militare, dall’altro un atteggiamento calcolato nelle trattative.

Durante la conferenza stampa è stato toccato anche il tema delle dimissioni di Netanyahu, ma il primo ministro ha escluso ogni ipotesi di lasciare il proprio incarico prima della fine del conflitto. “L’unica cosa che mi lascerò alle spalle è Hamas”, ha dichiarato. Il sostegno a Bibi era già in calo prima del 7 ottobre a causa della controversa riforma della giustizia ed è crollato a seguito degli attacchi di Hamas. Secondo un sondaggio pubblicato da Channel 13, il 70% degli israeliani ritiene che dovrebbe dimettersi da primo ministro. Tra questi, il 41% ritiene che dovrebbe dimettersi alla fine della guerra, mentre il 31% ritiene che dovrebbe farlo immediatamente. Solo il 19% degli intervistati ha affermato che è idoneo a continuare guidare l’esecutivo.

Di Filippo Jacopo Carpani. (Il Giornale)