(Roma, 10.11.2023). Il premier: nessuna forza di interposizione o di pace, neanche se composta da peacekeeper del mondo arabo, potrà gestire la sicurezza della Striscia
Al termine della guerra con Hamas, la Striscia di Gaza resterà sotto il controllo del nostro esercito. Non la consegneremo a nessun altro, neanche a forze esterne. »
Benyamin Netanyahu lo ha detto di nuovo: nessuna forza di interposizione o di pace, neanche se composta da peacekeeper del mondo arabo, potrà gestire la sicurezza della Striscia.
Con chi ha parlato il premier
Lo ha ripetuto oggi durante un incontro con gli amministratori regionali e locali delle comunità del sud di Israele, quelli più vicini alla Striscia e i più colpiti dai raid del 7 ottobre.
Sono stati proprio loro a chiedergli, oltre a indennizzi economici, di garantire quella sicurezza mancata più di un mese fa e lo hanno incitato a non fermare la guerra fino a quando non verrà eliminato l’ultimo dei terroristi di Hamas. Netanyahu ha promesso sostegno per i danni subiti dal giorno dell’attacco; villaggi e città, quando non sono stati devastati, sono stati evacuati per la sicurezza degli abitanti. È il caso di Sderot, oltre 30.000 abitanti oggi desolatamente vuota e il cui sindaco era presente all’incontro.
Tra contrari e proteste
Netanyahu, che continua a mostrare i muscoli e a ripetere che non ci saranno scambi prigionieri-ostaggi, che la guerra finirà quando Hamas sarà stata eliminata del tutto, ha quindi ribadito un concetto che però si scontra con i piani americani che Blinken sta cercando di tessere anche con l’appoggio dei paesi arabi.
La realizzazione della tanto agognata soluzione dei due stati, con la Palestina che riprende il controllo di Gaza sotto la guida dell’anziano Abu Mazen, il quale ha detto che non entrerà nella Striscia dietro un carro armato israeliano, e una forza di pace internazionale per garantire la sicurezza, tutto questo non sembra almeno per ora nei piani di Netanyahu che deve fronteggiare proteste interne sempre più accese: ieri sera davanti alla sua abitazione di Gerusalemme un gruppo di manifestanti, tra loro anche parenti degli ostaggi, si è scontrato con la polizia.
Era successo sabato scorso anche a Tel Aviv. Proteste accompagnate dal grido dimissioni che anche la stampa israeliana ritiene inevitabili a guerra finita. Anche perché i sondaggi per Netanyahu sono in picchiata. A salire è invece Benny Ganz, entrato da un mese nel governo di unità nazionale formato subito dopo gli attacchi di Hamas.
Secondo gli ultimi rilevamenti, il leader centrista viaggia sul 52% contro il 26 del premier e soprattutto il suo partito, in caso di elezioni, occuperebbe 40 seggi della Knesset, il parlamento israeliano, contro i 18 del Likud di Netanyahu che, per avere la maggioranza, ha portato al governo l’estrema destra religiosa.
Di Paola Mascioli. (TG LA7)