(Roma, 10 agosto 2022). L’Iran è davanti a una decisione cruciale: accettare la ricomposizione del Jcpoa attraverso la bozza presentata dall’Ue (su cui apparentemente c’è adesione degli altri partecipanti al tavolo negoziale del “5+1”)
“È una proposta di pacchetto: non puoi dire che sono d’accordo con pagina 20 e non sono d’accordo con pagina 50. Devi dire sì o no”, spiega parlando con i media un diplomatico europeo che sta lavorando sulla ricomposizione dell’accordo sul nucleare iraniano, il Jcpoa negoziato con le potenze del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e con l’Unione europea.
“I negoziatori hanno sfruttato questi giorni di discussioni e colloqui di prossimità tra Stati Uniti e Iran per mettere a punto e affrontare, con aggiustamenti tecnici, una manciata di questioni rimaste nel testo che ho messo sul tavolo lo scorso 21 luglio, in qualità di coordinatore del dossier Jcpoa”, dice Josep Borrell, Alto rappresentante Ue. E ancora: “Ciò che può essere negoziato è stato negoziato ed è ora in un testo finale. Tuttavia, dietro ogni questione tecnica e ogni paragrafo si cela una decisione politica che deve essere presa nelle capitali. Se queste risposte sono positive, allora possiamo firmare questo accordo”.
La fermezza dell’Ue, espressa sia tramite canali ufficiali che nei background offerti ai giornalisti, è sotto certi aspetti una novità. La retorica europea è stata solitamente più morbida nel corso di questi 15 mesi di negoziati (dove i diplomatici Ue si sono occupati di fare da ponte tra colleghi iraniani e statunitensi, che hanno da sempre scelto il dialogo indiretto, “di prossimità” come lo chiama Borrell, durante tutti i talks che svolti a Vienna). È il momento di chiudere l’intesa negoziata con una firma, perché tutto quello di cui si è parlato finora è nero su bianco nella bozza dell’Alto rappresentante Borrell, spiegano le fonti europee.
L’Ue finora non ha mai detto che non ci sarebbero state più possibilità di cambiamenti, per evitare di sembrare troppo pressante — posizione che Teheran avrebbe potuto percepire come ostile. Non è esattamente chiaro se a questo punto gli europei considerano chiuse le trattative, e dunque finita questa fase con la bozza presentata la lunga finestra di negoziato per ricomporre il Jcpoa. Tuttavia quello che va registrato è il cambio di tono, e di linguaggio, dell’Europa.
Gli Stati Uniti — parte principale negoziale insieme all’Iran — dicono di essere pronti a “concludere rapidamente un accordo” sulla base delle proposte avanzate dall’Unione Europea, ha dichiarato lunedì 8 agosto un portavoce del dipartimento di Stato alla Reuters. Parlando a condizione di anonimato, ha detto che Teheran ha ripetutamente affermato di essere pronta a un ritorno alla reciproca attuazione dell’accordo: “Vediamo se le loro azioni corrispondono alle loro parole”. Il punto è questo: che fa l’Iran ?
Il sito web iraniano Nournews, affiliato al Consiglio supremo di sicurezza nazionale del Paese, l’organo che formalizza le decisioni nei colloqui sul nucleare, ha affermato che l’Ue, in quanto coordinatore dei negoziati, non ha l’autorità per “presentare le sue proposte come testo finale”. “L’obiettivo — dice Nournews — è costringere l’Iran ad accettare il testo […] sotto pressione […] quando invece l’Iran, come una delle parti negoziali, non lo accetta come testo finale”. E ancora: “Nessun’altra autorità può parlare della finalizzazione del testo”.
L’Iran ha avanzato richieste che gli Stati Uniti e le altre potenze occidentali considerano al di fuori dell’ambito del rilancio dell’accordo, come ad esempio insistere sul fatto che l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) abbandoni le sue affermazioni secondo cui l’Iran non è riuscito a spiegare completamente le tracce di uranio in diversi siti non dichiarati. Oppure l’esclusione delle Sepāh dalle liste terroristiche (sanzione statunitense che limita sostanzialmente le possibilità di azione internazionale dei Pasdaran, il corpo militare teocratico della Repubblica islamica, accusato tra le varie cose di gestire un network di milizie regionali usate come vettori di influenza).
L’Iran alla fine ha rinunciato a questa richiesta, che tuttavia ha messo in stallo le trattative dopo 11 mesi di incontri e colloqui. La richiesta era sembrata un modo per alzare la posta da parte di Teheran, senza arrivare a un punto di intesa.
In base all’accordo del 2015, l’Iran ha ridotto il suo programma nucleare in cambio di un alleggerimento delle sanzioni di Stati Uniti, Unione Europea e Nazioni Unite. Ma l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha rinnegato l’accordo nucleare nel 2018 e ha ripristinato l’intera panoplia di sanzioni statunitensi (con alcuni rafforzamenti), spingendo Teheran a iniziare a violare i limiti nucleari dell’accordo circa un anno dopo.
Per quanto noto, a parte la richiesta di Teheran sulla chiusura dell’indagine dell’Aiea, restano comunque da discutere diverse altre questioni per gli iraniani. Ma non è ancora chiaro quanto ci siano spazi. L’Iran ha anche cercato di ottenere garanzie sul fatto che nessun futuro presidente degli Stati Uniti avrebbe rinnegato l’accordo se fosse stato rinnovato, come ha fatto Trump. Ma l’amministrazione Biden non può fornire tali garanzie di ferro perché l’accordo è un’intesa politica piuttosto che un trattato giuridicamente vincolante.
“L’accordo finale deve assicurare i diritti e gli interessi del popolo iraniano e garantire l’effettiva e stabile rimozione delle sanzioni”, ha detto il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amirabdollahian, in una conversazione con Borrell.
La Russia ha fatto sapere di essere d’accordo con la bozza europea, ma anche di essere disposta a sostenere Teheran se volesse tornare a negoziare altri aspetti. Potrebbe essere un punto di rottura. La Cina invece tiene una linea più ambigua: restata protagonista laterale (sebbene da sempre parte del sistema “5+1” che sette anni fa creò l’accordo).
Pechino avrebbe tutti gli interessi perché si trovi un’intesa che superi la crescente instabilità che si sta costruendo attorno a un no-deal. Ma — come la Russia — potrebbe voler deviare il percorso verso un’intesa per mettere in difficoltà il blocco USA-UE.
Di Emanuele Rossi. (Formiche)