La profezia di Luttwak: «la guerra finirà solo a una condizione…»

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(Roma, Parigi, 02 marzo 2022). Il politologo Luttwak: «I confini sono sacralizzati, smembrare il Paese è impossibile. E il destino è entrare in Europa»

Il politologo ed economista Edward Luttwak è convinto che la fine del conflitto scatenato in Ucraina dallo Zar Vladimir Putin non possa che passare dalla resa della Russia. Per Luttwak, prima di emettere sentenze sul futuro, bisogna attendere di capire come evolverà il quadro attorno al Cremlino. Se non altro perché le tempistiche del conflitto dipendono pure dalle mosse degli oligarchi. Per l’esperto internazionale di strategia militare e di geopolitica, il destino dell’Ucraina non sarebbe stato diverso se Donald Trump avesse vinto le elezioni presidenziali. L’alternativa all’invasione in corso, per Luttwak, sarebbe stato l’abbandono. Adesso, con l’exploit di Volodymyr Zelensky e la «sacralizzazione» dei confini, l’Ucraina ha davanti a sé un destino segnato dall’adesione dell’Unione europea. É uno dei passaggi che Luttwak individua per il dopo guerra.

Quando finirà la guerra in Ucraina ? Come sarà il dopoguerra ?

«La prima cosa da dire è che la guerra non finirà prima della caduta di Vladimir Putin. Il dopoguerra sarà soprattutto un dopoguerra russo. Il dopoguerra ucraino sarà contraddistinto dalla ricostruzione, dai danni, che saranno sì drammatici ma superficiali, e dalla procedura d’ingresso nell’Unione europea. Per quanto riguarda la Russia: Putin deve ancora cadere. Nel caso in cui questo non accadesse, la guerra potrebbe trascinarsi nel tempo. Il che comporterebbe enormi danni per la Russia».

Gli Stati Uniti hanno compiuto qualche errore nelle fasi precedenti a questa ?

«L’errore degli Stati Uniti è stato quello di non inviare un numeroso quantitativo di armi prima che tutto questo accadesse. Era qualcosa che si poteva fare, essendo l’Ucraina un Paese indipendente. La ragione per cui quella mossa non è stato operata? Si pensava che, essendoci un accordo, i russi non avrebbero invaso. Ma l’accordo è decaduto, con la sorpresa di tutti, compresa quella dei capi militari».

Secondo lei, insomma, molto è dipeso dal più classico «effetto sorpresa»…

«L’azione di Vladimir Putin sarebbe dovuta essere intimidatoria: avrebbe dovuto puntare la pistola e non sparare. Certo, esisteva un problema: il governo ucraino non risultava essersi « affermato » prima della guerra. Ora il leader è emerso. Se Zelensky fosse emerso prima, la reazione sarebbe stata diversa. E questo concetto sarebbe valso anche per l’Unione europea e l’Italia».

Ritiene possibile una spartizione dell’Ucraina come accadde alla Germania dopo la seconda guerra mondiale ?

«No, non è possibile uno smembramento dell’Ucraina. Ad essere possibili sono la caduta di Vladimir Putin e la cessazione delle ostilità da parte dei russi. Non vedo nessuna analogia tra l’Ucraina odierna e la Germania del dopo seconda guerra mondiale: l’Ucraina, in questo caso, è una vittima, mentre la Germania, ai tempi, era la nazione che aveva aggredito. I confini ucraini ora sono stati sacralizzati».

Cosa succederà alla Russia di Vladimir Putin ?

«Tutta la questione riguarda la velocità con cui Putin potrebbe abbandonare il Cremlino. Se i suoi non dovessero mettere Putin da parte, allora la Russia continuerebbe il percorso nella spirale discendente. L’élite russa sta fuggendo in ogni direzione, abbandonando il Paese. Si tratta delle stesse personalità che controllano la Russia. Molti oligarchi, ancora, sono già fuggiti. E anche qualche dirigente sta volando via».

Come evolveranno, considerato il solco tracciato, i rapporti politico-diplomatici tra Stati Uniti e Russia ?

«I rapporti tra gli Stati Uniti e la Russia dipendono dal dopo Putin. Dubito che con Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti d’America le cose sarebbero andate in maniera diversa. Magari Putin non avrebbe agito in questa maniera. Ma uno scenario di non intervento presupponeva che Trump continuasse ad abbandonare l’Ucraina. Questo è il ragionamento possibile. Però è un ragionamento che non è più attuale e che risulta quindi privo di significato».

Di Francesco Boezi. (Il Giornale)