Libia: chi è Khalifa Haftar, il generale candidato alle elezioni presidenziali

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(Roma, 16 novembre 2021). Ex fiancheggiatore del defunto Gheddafi ha sempre ricoperto ruoli marginali nell’establishment del regime fino agli anni Ottanta

Il generale Khalifa Haftar ha ufficialmente presentato oggi la sua candidatura per le elezioni presidenziali che dovrebbero tenersi il prossimo 24 dicembre, nella simbolica data del 70mo anniversario dell’indipendenza della Libia. “Prometto di sostenere il popolo libico e l’unità, l’indipendenza e la sovranità della Libia”, ha detto il politico e militare che lo scorso 22 settembre si è “autosospeso” dalla guida delle forze dell’est della Libia per candidarsi. Ex fiancheggiatore del defunto colonnello Muammar Gheddafi in occasione del colpo di stato militare del 1969, Haftar, classe 1943, ha sempre ricoperto ruoli marginali nell’establishment del regime fino agli anni Ottanta, quando fu nominato, con il grado di colonnello, comandante delle operazioni militari della Libia contro il Ciad. Il conflitto per il possesso della striscia di Aouzou, area ricca di risorse naturali al confine tra i due paesi africani, terminò nel 1987 con la sconfitta libica e Haftar cadde prigioniero. Dopo essere stato liberato, disertò e si rifugiò negli Stati Uniti, dove aderì all’opposizione in esilio. Rimase negli Usa, dove entrò ripetutamente in contatto con la Cia, fino al 2011 quando, durante la “rivoluzione del 17 febbraio”, ritornò a Bengasi per assumere il comando delle truppe rivoluzionarie, senza successo. Il Consiglio nazionale di transizione, infatti, gli preferì Abdel Fattah Younis al Obeidi, ex ministro dell’Interno del regime passato dalla parte dei ribelli. Dopo l’uccisione di quest’ultimo da parte dei suoi stessi soldati, Haftar tentò nuovamente di diventare capo di Stato maggiore del nuovo Esercito nazionale libico (Lna), senza mai andare oltre il terzo posto nella catena di comando.

Salito al grado di generale di corpo d’armata, dopo la fuga in Germania dell’ex premier libico Ali Zeidan, Khalifa Haftar è riuscito ad imporsi in Cirenaica approfittando della debolezza del governo ad interim di Abdullah al Thinni, servendo come ministro della Difesa. La svolta è arrivata con il lancio, nel maggio del 2014, di una vasta operazione contro le milizie islamiste di Ansar al Sharia a Bengasi. L’operazione chiamata “Karama”, che in arabo significa “dignità”, è arrivata subito dopo la designazione da parte del Consiglio nazionale di transizione di un nuovo primo ministro che avrebbe dovuto sostituire il dimissionario Al Thinni, nella persona di Ahmed Omar Maiteeq, imprenditore di Misurata che parla fluentemente italiano. La possibile legittimazione delle milizie islamiste ha permesso a Haftar di accrescere i consensi fra le unità dell’Esercito regolare, le tribù della Cirenaica, suo luogo di origine, le milizie irregolare come le brigate al Qaqa di Zintan e la brigata al Sawaiq di Tripoli, oltre a un discreto numero di parlamentari.

Le operazioni militari di Haftar contro gli islamisti hanno provocato in tutto il Paese dure reazioni da parte delle milizie islamiche e soprattutto da parte di Ansar al Sharia in Cirenaica, con attentati che hanno provocato decine di morti. Il parlamento è stato oggetto il 18 maggio 2014 di un attacco da parte delle forze vicine a Haftar, con lo scopo di impedire il voto di fiducia al nuovo governo Maiteeq che, tuttavia, si è potuto insediare il 25 maggio. Due giorni dopo l’attacco, però, sono state indette dal Consiglio nazionale di transizione nuove elezioni per il 25 giugno, vanificando ogni azione del nuovo governo, che nel frattempo è stato dichiarato illegale con una sentenza della Corte Suprema libica il 9 giugno 2014. Questa situazione ha comportato la contemporanea presenza in Libia di due governi e due parlamenti: uno a Tripoli a trazione islamica e uno a Bengasi sostenuto da Haftar. Questa divisione è proseguita anche dopo gli accordi di Shkirat del dicembre 2015, dal momento che il generale e il parlamento di Tobruk a lui fede hanno sempre rifiutato di garantire la fiducia ai ministri proposti da Tripoli.

Nel 2017, il generale Haftar ha annunciato di aver preso il possesso di praticamente tutta la Cirenaica, a seguito della presa di Derna, controllata anche grazie al supporto aereo garantito dal vicino Egitto. Nella regione orientale della Libia, Haftar ha continuato la sua guerra contro le forze islamiste, sia quelle considerate vicine ai Fratelli musulmani, sia dello Stato islamico, mentre conduceva, contemporaneamente, un’offensiva parallela nel Fezzan, regione meridionale ricca di petrolio e di interesse strategico sia da un punto di vista economico sia politico. Infatti, controllare i giacimenti del Fezzan può “strozzare” le principali città costiere libiche, attrezzate delle infrastrutture per esportare petrolio ma prive delle immense ricchezze del Fezzan.

Nonostante gli equilibri militari-politici spostati sempre più a favore del generale Haftar, nell’aprile del 2018, il generale della Cirenaica ha lasciato col fiato sospeso gli osservatori del conflitto civile libico: a causa di una probabile emorragia cerebrale (seguita a un ictus) – non ci sono mai state conferme a riguardo – Haftar è stato trasferito d’urgenza a Parigi, all’ospedale militare Val De Grace. Per giorni varie testate internazionali hanno fatto girare la voce del decesso del generale Haftar, poi smentite dal suo portavoce a Bengasi ripetute volte fino alla sua riapparizione in pubblico, una volta ritornato in Libia.

Contemporaneamente, il Fezzan è diventato la base delle operazioni militari del generale Haftar, che a inizio 2019 ha cominciato ad elaborare quella che avrebbe dovuto essere l’ultima sua offensiva per il controllo della Libia o, almeno, per ottenere una posizione di netto vantaggio nei confronti di Serraj. Nell’aprile del 2019, Haftar ha così annunciato le sue intenzioni di “liberare” Tripoli, la capitale libica, dando inizio alle operazioni militari che per quasi un anno vedranno le forze dell’Lna assediare Tripoli e dintorni. Il rischio di una capitolazione di Tripoli ha spinto la Turchia, tra i principali sostenitori del governo internazionalmente riconosciuto, a intervenire in maniera diretta nel conflitto nel gennaio del 2020, fornendo al Gna supporto aereo (tramite l’impiego di droni Bayraktar TB2), mezzi militari e mercenari siriani.

Con l’intervento militare di Ankara la situazione si è riequilibrata, impedendo al generale di ottenere successi significativi sul campo. Pochi mesi dopo l’arrivo delle prime forze turche a Tripoli, l’offensiva dell’Lna si è esaurita e le forze di Haftar si sono viste costrette a indietreggiare fino a Sirte. Qui, i mercenari della compagnia russa Wagner alleati del generale della Cirenaica hanno costruito una sorta di “Linea Maginot” nel deserto fino a raggiungere base aerea desertica di Jufrah. Nell’agosto del 2020, il processo di pace guidato dalla comunità internazionale stabilisce la necessità di far ritirare le forze straniere dalla Libia. A ottobre, le parti libiche giungono al cessate il fuoco ancora in vigore oggi e viene stabilita la road map in vista delle elezioni programmate per fine 2021.

Di Redazione. (Nova News)
(Foto-Nova)