(Roma, 15 settembre 2021). Raid aerei, di provenienza sconosciuta, hanno colpito, nella notte tra il 14 e il 15 settembre, la zona al confine tra Iraq e Siria, dove sono stanziate le Forze di Mobilitazione Popolare (PMF), una coalizione di milizie paramilitari, prevalentemente sciite, nata nel contesto della guerra civile irachena.
Una fonte mediatica locale, Ayn al-Furat, ha riferito che quattro raid hanno preso di mira due veicoli nei pressi del villaggio di confine di al-Hari, appartenente alla città di al-Bukamal, a Est di Deir Ezzor. Uno dei veicoli, definito un camion, trasportava armi, presumibilmente appartenenti sia alle PMF sia alle Kata’ib Sayyid al-Shuhada, il terzo maggiore gruppo armato filoiraniano attivo in Iraq. Tale veicolo, è stato specificato, si stava dirigendo verso i territori iracheni. Dal canto loro, fonti vicine alle PMF hanno affermato che sono stati 4 i missili precipitati nella zona al confine siro-iracheno, provocando perlopiù danni materiali alle auto parcheggiate. Stando a quanto riportato dalle medesime fonti, forze irachene e membri delle PMF si sono successivamente schierati sul luogo dell’attentato per comprendere l’entità dei danni.
La notizia dell’attacco è stata confermata sia dalle guardie di frontiera sia dal sindaco della città di confine di al-Qaim, il quale ha specificato che i raid hanno colpito il lato siriano del confine. Nessuna delle fonti ha, però, parlato di vittime. Anche l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (SOHR) ha riferito che un aereo non identificato ha preso di mira un cancello militare appartenente a gruppi armati filoiraniani nella periferia di Al-Bukamal, al confine tra Siria e Iraq, provocando la distruzione di diversi veicoli appartenenti ai gruppi filoiraniani stanziati nell’area. In tale quadro, media e piattaforme affiliate ai gruppi iracheni filoiraniani hanno puntato il dito contro gli Stati Uniti, i cui droni avrebbero colpito le postazioni delle PMF. Da parte sua, il portavoce della coalizione internazionale anti-ISIS a guida statunitense, Wayne Marotto, ha smentito le accuse, affermando che le forze statunitensi e della coalizione non hanno effettuato attacchi aerei contro al-Bukamal.
La notizia è giunta dopo che, il 5 settembre, il medesimo SOHR ha monitorato l’arrivo di circa 39 autocisterne cariche di petrolio, poi dirette verso il Libano, dopo essere passate per le aree controllate da gruppi filoiraniani. Prima ancora, il 31 agosto, una spedizione di missili terra-terra a medio raggio è giunta a circa 200 chilometri da al-Bukamal, al confine amministrativo del governatorato di Raqqa, definita una colonia iraniana impiegata da Teheran per immagazzinare armi. Oltre ai missili, sono stati visti entrare anche quasi 50 camion carichi di benzina attraverso il valico ufficiale di al-Bukamal, sotto gli auspici della Quarta Divisione, l’ala iraniana all’interno dell’esercito siriano. In realtà, è dall’inizio di maggio 2021 che i gruppi filoiraniani hanno allestito, nella regione, basi per installare piattaforme di lancio di missili, probabilmente da impiegare per colpire le Syrian Democratic Forces (SDF) e le truppe della Coalizione anti-ISIS a Est del fiume Eufrate.
Risalgono, invece, alla notte tra il 27 e il 28 giugno, i raid aerei lanciati dalle forze statunitensi contro le postazioni di gruppi filoiraniani al confine tra Iraq e Siria. Come precisato dal Dipartimento della Difesa degli USA, l’operazione mirava a colpire le strutture impiegate da milizie sostenute dall’Iran, tra cui le Kata’ib Sayyid al-Shuhada, accusate di coinvolgimento in attacchi contro obiettivi statunitensi nella regione, soprattutto a Erbil e Anbar. Il bilancio delle vittime ha incluso almeno 5 morti tra i combattenti affiliati a Teheran e un bambino, mentre altri 3 civili sono rimasti feriti. Le Kata’ib Sayyid al-Shuhada sono nate nel 2013, con l’obiettivo di “difendere i santuari religiosi” sciiti, salvaguardare la sicurezza irachena e porre fine ai conflitti settari. Si stima che la milizia sia composta da circa 4.000 uomini, guidati da Abu Alaa Al- Wala’i, il cui vero nome è Hashem Bunyan, uno dei ricercati ai tempi dell’ex leader Saddam Hussein, ritornato in Iraq dall’Iran dopo l’invasione statunitense del Paese. Oltre ad essere un “proxy” dell’Iran, tra i primi membri delle Forze di Mobilitazione Popolare (PMF), il gruppo sostiene militarmente il presidente siriano, Bashar al-Assad, nel perdurante conflitto civile.
Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)