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L’attacco infiamma il Golfo. Israele avverte: «sappiamo come rispondere»

(Roma, 01 Agosto 2021). L’attacco alla nave Mercer Street infiamma il Medio Oriente. Israele non ha dubbi e punta il dito contro l’Iran. Il primo ministro Naftali Bennet ha affermato in conferenza stampa che l’intelligence israeliana è certa della responsabilità di Teheran. Il premier non ha fornito pubblicamente le prove alla base delle accuse, ma si è detto certo di quanto sostenuto dai suoi servizi e dagli esperti della Marina israeliana e quella statunitense. Dall’Iran, dopo il silenzio di ieri, sono arrivate in via ufficiale le smentite. Il portavoce del ministero degli Esteri, Saeed Khatibzadeh, ha parlato di “insinuazioni senza fondamento”. Il governo nega qualsiasi coinvolgimento, ma è chiaro che la partita si sta già giocando a un livello in cui non sembrano esserci sospetti. La reazione a catena è già partita.

“È l’Iran ad avere realizzato l’attacco contro la nave” ha detto Bennet, “il comportamento aggressivo dell’Iran è pericoloso non solo per Israele ma danneggia gli interessi globali per libertà di navigazione e commercio internazionale”. Con un avvertimento finale: “In ogni caso, sappiamo come recapitare un messaggio a nostro modo”.

Le opzioni di Israele sembrano essere due e non per forza in contraddizione tra loro. Il governo israeliano sta cercando di coinvolgere più Paesi possibile: obiettivo che traspare dalle parole di Bennet sulla libertà di navigazione e commercio. Yair Lapid, ministro degli Esteri, sta sondando il terreno per far arrivare il problema direttamente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Fonti israeliane hanno confermato che il governo ha attivato un piano per ottenere il sostegno diplomatico di Regno Unito e Stati Uniti al Palazzo di Vetro. Londra sarebbe coinvolta soprattutto per la morte del comandante della Mercer Street, un cittadino britannico ucciso insieme a un altro membro dell’equipaggio rumeno. Per Washington invece si tratta di un coinvolgimento dettato dalla stretta alleanza con lo Stato ebraico ma anche per l’interesse diretto nell’area del Golfo Persico in funzione anti Iran.

Se l’azione diplomatica è quella “ufficiale”, in via ufficiosa è abbastanza chiaro che quel monito di Bennet sul “recapitare un messaggio” si traduce inevitabilmente nella possibilità di rispondere in via militare. Il ventaglio di opzioni in mano a Israele è potenzialmente molto vasto. In questi anni, mentre imperversava la “guerra ombra” con l’Iran, sono avvenuti numerosi episodi in cui è apparsa abbastanza evidente la mano delle unità della Stella di David. Colpi che naturalmente non sono mai stati rivendicati. Si parla di sabotaggi in mare, attacchi hacker contro le infrastrutture strategiche, fino a raid in Paesi dove sono coinvolte le forze dei Pasdaran e legate in qualche modo a Teheran. Colpi più o meno nascosti cui hanno spesso fatto seguito ulteriori risposte iraniane come attacchi ai cargo, il rafforzamento delle milizie al confine del territorio israeliano fino a colpire direttamente i centri nevralgici dello Stato ebraico con raid cibernetici.

La possibilità che Israele possa colpire nell’immediato per compiere una rappresaglia dopo l’episodio della Mercer Street non deve però far pensare che la via “diplomatica” sia secondaria. Da tempo Israele confida che l’innalzamento della tensione in mare conduca a una presa di posizione della comunità internazionale sulle azioni iraniane nel Golfo Persico, nel mare Arabico e nel Mar Rosso. Ad aprile, come raccontavamo su InsideOver, funzionari israeliani si sono attivati per chiedere la revisione del Manuale di Sanremo che regola, fra le altre cose, la guerra in mare e la possibilità di coinvolgere navi mercantili usate per scopi bellici. Una revisione di queste regole potrebbe servire ad ampliare il raggio d’azione della Marina israeliana e soprattutto per evitare zone grigie in campo legale che frenino le azioni contro imbarcazioni solo apparentemente commerciali.

Fare approdare alle Nazioni Unite l’incidente della Mercer Street potrebbe essere il preludio per un’azione di più ampio respiro da parte della comunità internazionale con lo scopo di controllare le acque vicino all’Iran. La portaerei Uss Ronald Reagan sta ora scortando il mercantile colpito dai droni in un porto sicuro. L’intervento della Marina americana è stato anche politico, con la conferma immediata dell’eventualità di un attacco iraniano. Lapid ha telefonato al segretario di Stato americano, Anthony Blinken, per dare una risposta congiunta a quanto avvenuto al largo dell’Oman e per chiedere un’azione internazionale. La libertà di navigazione è un tema che a Washington è particolarmente caro. E mettere pressioni all’Iran per raggiungere un accordo sul nucleare potrebbe essere un elemento fondamentale per capire quali saranno le mosse dell’amministrazione Biden.

Lorenzo Vita. (Inside Over)

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