Pompeo: «la vendita F-35 agli Emirati è stata decisiva per gli accordi di Abramo»

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(Roma, 10 giugno 2021). L’ex segretario di Stato statunitense, Mike Pompeo, ha dichiarato al quotidiano israeliano “Yedioth Ahronoth” che l’accordo per la vendita da parte degli Stati Uniti di caccia stealth multiruolo F-35 agli Emirati Arabi Uniti è stata parte integrante e decisiva per gli accordi di Abramo firmati da Israele ed Emirati lo scorso anno. Per mesi, i funzionari israeliani, statunitensi ed emiratini hanno pubblicamente negato che l’accordo sulle armi facesse parte dei negoziati che hanno portato all’accordo di normalizzazione tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti, firmato il 15 settembre scorso a Washington. I funzionari dell’amministrazione di Donald Trump hanno riconosciuto all’epoca che l’accordo metteva Abu Dhabi in una posizione migliore per ricevere tali armi avanzate. Una fonte con conoscenza diretta dei colloqui ha detto al quotidiano israeliano “The Times of Israel” che sia gli Usa che Israele sapevano che l’accordo sulle armi facesse ampiamente parte degli accordi di Abramo. Dopo la firma a Washington lo scorso settembre, il quotidiano israeliano “Yedioth Ahronoth” ha riferito che tali accordi contenevano una clausola segreta che collegava la normalizzazione tra Israele e gli Emirati alla vendita di aerei avanzati da parte degli Stati Uniti. Gerusalemme, che aveva l’uso esclusivo di F-35 in Medio Oriente, inizialmente si è opposta a qualsiasi altra potenza mediorientale che ottenesse il velivolo, citando le leggi degli Stati Uniti che dovrebbero mantenere un vantaggio militare nella regione. Tuttavia, a ottobre 2020, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, aveva fatto marcia indietro, rilasciando una dichiarazione congiunta con il ministro della Difesa, Benny Gantz, sostenendo che entrambi avevano concordato “che poiché gli Stati Uniti stanno aggiornando la capacità militare di Israele e stanno mantenendo il vantaggio militare qualitativo di Israele, quest’ultimo non si opporrà alla vendita di questi sistemi agli Emirati”.

“C’è stata una serie di azioni che hanno permesso agli accordi di avanzare e alla fine essere firmati, compreso” l’accordo F-35, ha sottolineato Pompeo a “Yedioth Ahronoth” in un’intervista che sarà pubblicata integralmente domani, 11 giugno, aggiungendo che anche l’assassinio del generale iraniano Qasem Soleimani era “profondamente legato” agli accordi di Abramo: “Ha dimostrato al mondo che gli Stati Uniti sono determinati nella loro battaglia contro l’Iran”. Pompeo ha evidenziato che la decisione dell’amministrazione Trump di potenziare le capacità militari saudite, di spostare l’ambasciata statunitense a Gerusalemme e di dichiarare che gli insediamenti israeliani non sono incompatibili con il diritto internazionale, “ha portato i leader mondiali a concludere che queste persone, noi, l’amministrazione Trump, siamo persone serie e determinate”. Ma quei leader mondali “avevano anche bisogno di altre promesse per sapere che li apprezziamo come partner nella difesa della pace. L’accordo per vendere l’F-35 è stato fondamentale per questo, perché ha dimostrato che abbiamo piena fiducia in loro come partner della difesa. Al di là della tecnologia del jet, al di là delle capacità che conferisce agli emiratini, la vendita stessa sta a significare che israeliani e americani credono che gli Emirati possano condividere la loro percezione della sicurezza. E questo è molto, molto importante”, ha proseguito Pompeo.

Il dipartimento di Stato statunitense ha notificato al Congresso la proposta di accordo sulle armi a novembre – meno di due mesi dopo che gli Emirati hanno firmato un accordo di normalizzazione con Israele mediato dalla Casa Bianca. Dopo essere entrata in carica a gennaio, l’amministrazione Usa guidata da Joe Biden ha messo una pausa temporanea su diverse importanti vendite di armi a Paesi stranieri avviate dall’ex presidente degli Stati Uniti Trump, compreso l’accordo per fornire 50 jet da combattimento avanzati F-35 agli Emirati. Poi, ad aprile scorso, l’amministrazione ha comunicato al Congresso che sarebbe andata avanti con l’accordo. Nell’intervista, l’ex segretario Usa – che ha recentemente visitato Israele per partecipare alla cerimonia di congedo del capo del Mossad (i servizi segreti israeliani), Yossi Cohen – ha pesantemente criticato il comportamento del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, durante il recente conflitto militare di 11 giorni tra Israele e Hamas a Gaza: “Sì, Biden ha sicuramente usato le parole giuste. Ma penso che la maggior parte delle persone che stavano guardando hanno capito che c’era davvero un messaggio completamente diverso”, indicando il fatto che “nel momento in cui ha pronunciato parole di sostegno a Israele, ha rilasciato fondi ai palestinesi. Nell’esatto momento in cui la sua bocca parlava, ha tolto dalla lista delle entità designate terroristiche gli Houthi. Nell’esatto momento in cui ha fatto quel discorso, i funzionari Usa si sono seduti a Vienna e hanno parlato – anche se indirettamente – con gli iraniani, di diversi milioni di dollari che stanno per dare agli stessi stronzi che finanziano Hamas”. Il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, ha dichiarato martedì 8 giugno che “centinaia” di sanzioni statunitensi resteranno in vigore contro l’Iran anche se gli Stati Uniti rientrassero nell’accordo nucleare del 2015.

Redazione. (Nova News)