(Roma, 23 marzo 2021). Joseph Robinette Biden è un uomo frettoloso. A 78 anni è stato eletto 46° presidente degli Usa, la carica più potente al mondo, diventando il Presidente più anziano nella storia repubblicana. Tutto questo dopo aver fedelmente ricoperto il ruolo di Vicepresidente, amico, consigliere e qualche volta anche giullare alla corte di Barack Obama per ben due mandati. Biden si era ritirato, lasciando alla Clinton la corsa per la presidenza. Si era pensionato, rinunciando ad un’eredità politica che solo pochi possono sperare. Ma il destino ha deciso diversamente e ora lui è tornato alla carica per scrivere il suo ultimo capitolo.
Biden sa benissimo che un secondo mandato per lui è fuori discussione, se anche reggesse egregiamente lo stress del primo. Quindi se è fortunato ha 4 anni per vincere la Guerra Fredda e mettere a posto un paese che ha visto soffrire di segregazione razziale, per la guerra del Vietnam e della Corea. Se nel 1975 aveva votato qualche volta con i segregazionisti per nominare un neosenatore, oggi Biden non è solo l’uomo ad aver fatto eleggere il primo uomo nero alla presidenza americana, ma è anche il primo a mettere la prima donna Giamaicana-Indiana alla vicepresidenza, Kamala Harris. Ha comunque ereditato un paese distrutto dalla pandemia, che aveva perso la sua leadership nel mondo e anche la sua bussola morale. Cosa poteva essere più doloroso per un uomo che ha dedicato la sua vita al servizio dello Stato ?
Però la fretta di Biden non si deve vedere come smania di gioventù, poiché porta con sé tantissima esperienza e saggezza. Dopo aver implementato un piano credibile per mettere in salvo il suo amato Paese dalla pandemia e aver lavorato per far passare una finanziaria record con aiuti per i cittadini con metodo e tatto, ha iniziato a mettere in ordine il mondo, il secondo lavoro di ogni presidente americano, “leader of the free world”.
Dalla NATO al Quad
All’inizio la Presidenza Biden è stata mostrata debole sul palcoscenico internazionale. L’Europa, sotto la guida della Germania, ha firmato un accordo di investimento con la Cina – accordo sul tavolo da ben 8 anni – che forse poteva aspettare l’insediamento di Biden. Invece la Merkel ha scelto di firmalo ugualmente, per dare un messaggio chiaro: la Germania non è più il vassallo di un tempo. La Nato è a pezzi e l’alleanza, ora più che mai, possiede fratture importanti tra gli alleati. Ma ancora più importante, la Nato era concepita per contrastare l’Unione Sovietica e poi la Russia, che nel nuovo mondo non hanno la stessa influenza di un tempo.
Ogni membro dell’alleanza ha accordi e prospettive future differenti nei confronti della Cina e non c’è più la volontà di creare un fronte unito per combattere il drago. Invece di stare a discutere con gli alleati, Biden ha optato per una strada pratica e “geografica”. La strada per la Cina passa per l’India, perciò ha deciso di sfruttare uno strumento creato da Shinzo Abe nel 2007, invigorito da Trump come un’alleanza militare, organizzando il primo summit da leader del Quad. Con Narendra Modi dall’India, Yoshihide Suga dal Giappone e Scott Morrison dall’Australia, Biden ha rafforzato il mandato militare del Quad per un Indo-Pacifico libero, aperto e basato sull’ordine regolamentare internazionale.
Il Quad è l’alleanza di 4 paesi che ha combattuto la Cina dopo la Seconda guerra mondiale. Dopo la benedizione militare, il Quad ha iniziato la sua missione umanitaria per cambiare il mondo. I primi passi dell’alleanza si sono verificati dopo lo Tsunami del 2004, rispondendo alle necessità dei paesi del Sud Asia. Così la pandemia ha determinato la rinascita del Quad non solo per contrastare e contenere la potenza cinese nell’Indo-Pacifico e nei mari cinesi meridionali e a sud, ma anche per rinvigorire una forza contro la pandemia, per implementare gli accordi di Parigi e proteggere le filiere di alta tecnologia dal controllo cinese.
Le schermaglie a distanza con Boris Johnson
Le mosse di Biden sono state ben studiate e precise. All’inizio del suo mandato Boris Johnson aveva preso il timone del G7. Johnson, che contava di utilizzare l’occasione per avvicinarsi all’India dopo la Brexit, ha invitato Modi e i leader sud coreani e australiani per il primo summit da leader del G7 in persona dopo la pandemia, in Cornovaglia. Biden ha risposto a questa iniziativa di Johnson, un grande sostenitore di Trump, rilanciando secondo la sua filosofia. Non solo ha annunciato un nuovo G-10 di democrazie altamente tecnologiche per salvaguardare la democrazia, ma con il nuovo Quad ha escluso il Regno Unito dalle future alleanze indiane.
Prima del summit l’India, che produce più di 60% di vaccini internazionali, aveva in programma di fabbricare 1 miliardo di dosi di AstraZeneca. Invece, dopo il summit del Quad, la Casa Bianca ha annunciato un investimento nella società indiana di Hyderabad per produrre 1 miliardo di dosi del vaccino Johnson&Johnson, il vaccino “americano”. Tra l’ostruzionismo tedesco con il fermo di utilizzo di AstraZeneca per tre giorni, che ha distrutto la reputazione del vaccino anglo-svedese scoperto ad Oxford, a milioni di dosi che sono fermi negli USA per la mancanza di approvazione della FDA, Biden ha sostanzialmente decimato la credibilità di Boris Johnson sul palco scenico internazionale.
Biden, di origine irlandese, ha molto interesse perché ci sia un cambio di leadership nel Regno Unito. Se Johnson dovesse dimettersi, il primo favorito è Rishi Sunak, di origine indiane. Sunak è il genero del fondatore di Infosys, un colosso tecnologico indiano che ha molto peso nella Silicon Valley. Sunak non solo potrebbe essere il primo premier del Regno Unito originario delle ex colonie, ma emergerebbe anche come leader della diaspora indiana, andando ad aggiungersi a Antonio Costa, Primo Ministro del Portogallo, Leo Varadkar, Vice Premier d’Irlanda e Kamala Harris, la Vice di Biden.
La trama di Biden in Asia
Il summit del Quad era non solo un avvertimento per la Cina, ma anche per la Nato e per il Regno Unito: gli Stati Uniti sono di nuovo a capo dell’ordine globale. Biden aveva programmato il summit giorni prima del primo incontro tra il Segretario di Stato Tony Blinken e i suoi omologhi cinesi. Per annunciare il tono degli incontri con la Cina, il dipartimento di Stato ha sanzionato 24 ufficiali cinesi e di Hong Kong. Gli incontri organizzati in persona ad Anchorage, in Alaska, sono stati ancora più freddi del luogo. Prima del meeting con i cinesi, Blinken e il segretario della Difesa Lloyd Austin hanno fatto un tour de force dell’Asia. Entrambi sono stati a Tokyo e a Seoul. Mentre Blinken è tornato per l’incontro in Alaska, Austin è andato in India per incontrare il Ministro della difesa Rajnath Singh e il Presidente del Consiglio Modi.
La franchezza e le chiare critiche di Blinken sull’espansione cinese nell’Indo-pacifico, l’indifferenza per diritti umani in Tibet, a Xinxiang, ad Hong Kong e l’aggressività economica che non prende in considerazione i relativi danni sociali oltre che ambientali, ha gelato la delegazione cinese che non l’ha presa molto bene. Le speranze che avevano i cinesi di negoziare i dazi di Trump sono spariti nei primi minuti dall’apertura del summit. Il messaggio era chiaro, Biden ha poco tempo e vuole sistemare i danni creati dal governo Trump e la pandemia lasciando così un’eredità di orgoglio e potere al suo popolo. Avrà pur scelto una squadra stile Obama, perché nell’emergenza della pandemia gli servivano persone di fiducia con capacità comprovate, ma l’agenda Biden risulta essere assai molto più decisa di quella Obama.
Tanti commenti sono stati fatti da parole non diplomatiche usate da Biden nei confronti di Putin. Per un uomo frettoloso, non ha scelto le parole a caso. Le prime mosse di Biden sono un avvertimento per i nemici e alleati, la prima priorità è contenere e contrastare la Cina, ricostruendo le alleanze. Biden è disposto a crearne di nuove, poiché la Nato e Europa non collaborano più all’unisono e questi passi lo mettono in guardia anche dai leader della Ue e della Nato che, se non si adatteranno alle sue politiche, saranno messi in panchina.
Biden non cerca motivi per far nuove guerre, ma non ha paura di mantenere una nuova strategia che si basa sulla tensione, della quale detiene una lunga esperienza sia nella politica interna che in quella internazionale. Né Xi Jinping né Vladimir Putin confondono la debolezza del corpo dell’uomo con le debolezza della mente. Magari il presidente è pur inciampato sulle scale un paio di volte, ma il suo primo colpo era deciso e ha messo sotto scacco sia la Cina che la Russia.
Vas Shenoy. (Inside Over)