La marea nera ? Terrorismo ambientale di Teheran. I sospetti di Israele

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epa09029595 Israeli soldiers search for tar grains while cleaning the Palmachim Beach near the city of Rishon Lezion, Israel, 22 February 2021. Volunteers clean the coastal strip of the country from tar while Israel is still investigating the cause of the pollution. The environmental protection ministry estimates it may result from a large quantity of oil spilled from vessels in the Mediterranean. EPA/ABIR SULTAN

(Roma, 04 marzo 2021). Secondo la ministra dell’Ambiente israeliana Gila Gamliel la marea nera che ha colpito le coste del Paese non sarebbe un incidente ma “terrorismo ambientale” dell’Iran. Qualche dubbio e una certezza: l’auspicato boom di turisti rischia di saltare.

Non un incidente ma “terrorismo ambientale”. Secondo la ministra israeliana dell’Ambiente, Gila Gamliel, la marea nera che ha investito le coste dello Stato ebraico arrivando fino al Libano sarebbe colpa di “una nave pirata di una società libica partita dall’Iran”. Ci sono “prove circostanziate” circa la responsabilità del governo di Teheran, ha dichiarato la ministra. Che ha aggiunto: “L’Iran sta facendo del terrorismo danneggiando l’ambiente” e in questo modo “non danneggia soltanto Israele”. E ancora: “L’Iran fomenta terrorismo non solo mediante le armi atomiche o arroccandosi attorno ai nostri confini ma anche attraverso attacchi di carattere ambientale”. Sembra di essere tornati indietro di trent’anni, alla guerra del Golfo con il dittatore iracheno Saddam Hussein che scatenava le piogge “nere” attaccando i pozzi per rappresaglia.

Israele punta il dito contro la Emerald, una nave libica battente bandiera panamense che fino a dicembre apparteneva a una società libanese. Da essa sarebbe scaturita la fuoriuscita di petrolio che ha ricoperto di catrame le coste israeliane. Secondo quanto ricostruito dal Jerusalem Post, a bordo della nave, che il 17 gennaio era al largo dell’isola iraniana di Kharg, c’erano 112.000 tonnellate di petrolio greggio.

Poi è entrata in acque egiziane navigando il Golfo Persico. Successivamente sarebbe entrata nelle acque economiche di Israele, davanti a Haifa: erano i primi tre giorni di febbraio e la nave, subito dopo un contatto con un porto iraniano, aveva spento il transponder (una pratica non nuova per le navi che vogliono aggirare gli embarghi, secondo Greenpeace Israele che ha condannato quanto accaduto). Alcune immagini documentano la macchia di petrolio avvicinarsi alle coste israeliane. Poi sarebbe ripartita in direzione Siria. “L’armatore ha sangue nero sulle sue mani”, ha dichiarato la ministra Gamliel.

Come riporta anche Novac’è un’immagine che mostra la Emerald in contatto con una seconda nave con il transponder spento a ovest della Siria. In particolare, in questo momento la profondità della nave Emerald passa da 14,3 a 8,5 metri, lasciando presagire il trasbordo di petrolio verso la nave con il transponder spento mentre si trovava in mare. Un’ulteriore foto mostra il trasferimento di 750.000 barili di petrolio iraniano sulla petroliera siriana, Lotus, di proprietà libica.

Da parte sua, la General National Maritime Transport Company libica ha dichiarato di aver venduto la nave lo scorso dicembre. Le fotografie trasmesse al ministero dell’Ambiente israeliano sono state rese pubbliche dal portale Tankertrackers. Secondo la ricostruzione, Lotus avrebbe spento il sistema di identificazione automatica mentre entrava nelle acque egiziane. Il sistema è stato acceso durante il transito attraverso il Canale di Suez, per poi essere spento per quasi un intero giorno all’ingresso delle acque territoriali israeliane. In questo lasso di tempo, tra il primo e il 2 febbraio, la nave avrebbe sversato grosse quantità di petrolio, per poi proseguire la rotta verso la Siria, dove ha acceso il sistema Ais.

Il quotidiano israeliano Haaretz ha raccolto le perplessità di diversi funzionari israeliani circa le rivelazioni della ministra. L’intelligence e la Marina militare, invece, hanno negato di avere partecipato all’inchiesta.

Intanto, c’è una certezza: il disastro. Che rischia di avere impatti devastanti sull’ambiente e anche sul turismo. Israele, Paese leader nella lotta al coronavirus, si preparava alla stagione estiva con ottimismo. Ma ora la balneazione è vietata e il boom di turisti rischia di saltare.

Gabriele Carrer. (Formiche)

(Foto-ANSA)