(Roma il 28 gennaio 2021). Il primo ministro iracheno, Mustafa al-Kadhimi, ha affermato che il terrorismo è ritornato a minacciare il Paese per mettere a repentaglio il cammino dell’Iraq verso la democrazia. Nel frattempo, le forze impegnate nella lotta all’ISIS hanno annunciato l’uccisione di altri combattenti.
Le parole del premier sono giunte il 26 gennaio, nel corso di un incontro ministeriale svoltosi a pochi giorni di distanza dal doppio attentato suicida che, il 21 gennaio, ha colpito il centro della capitale Baghdad, causando la morte di circa 32 individui e il ferimento di altre 110 persone. Secondo al-Kadhimi, il terrorismo ha colpito indiscriminatamente la popolazione irachena, in un momento in cui questa si sta dirigendo verso le elezioni anticipate, previste per il 10 ottobre prossimo. L’obiettivo, a detta del premier, è seminare caos e alimentare un “settarismo aberrante”. In tale quadro, al-Kadhimi ha specificato come il terrorismo ha cercato più volte di infrangere il “cordone della sicurezza di Baghdad”, ma che è riuscito nel suo intento solo il 21 gennaio scorso, perpetrando il “crimine” di piazza Tayaran.
A seguito dell’attentato, le forze irachene hanno dato il via ad operazioni volte a eliminare le cellule terroristiche ancora attive nel Paese. A tal proposito, mercoledì 27 gennaio, la Media Security Cell ha riferito che 4 combattenti dello Stato Islamico sono stati uccisi a seguito di un raid aereo perpetrato dalla coalizione anti-ISIS a guida statunitense nel governatorato di Kirkuk, nel Nord dell’Iraq. Anche in questo caso, ha specificato la cellula di informazione irachena, l’operazione è stata condotta sulla base dei dati raccolti dai servizi di intelligence. Oltre ad aver danneggiato il rifugio dei terroristi, sono stati distrutti veicoli e rinvenute armi, tra cui fucili Kalashnikov. Nel frattempo, l’Agenzia per la sicurezza nazionale del governatorato di Kirkuk ha affermato di essere stata in grado di arrestare due persone accusate di terrorismo, ai sensi dell’articolo 4 della legge antiterrorismo. Gli imputati, è stato precisato, stavano raccogliendo informazioni sui movimenti delle forze di sicurezza locali per conto dell’ISIS.
Come riferito da diversi esponenti dell’apparato militare e di sicurezza iracheno, l’Iraq non può ancora dirsi al riparo dalla minaccia dello Stato Islamico, proveniente soprattutto dai confini Nord-orientali con la Siria e dal cosiddetto “triangolo della morte”, formato dai governatorati di Kirkuk, Salah al-Din e Diyala. In particolare, nel corso di un’intervista con al-Jazeera, il portavoce del Comando operativo congiunto, Tahsin Al-Khafaji, ha riferito che l’ISIS è ancora in grado di muoversi e nascondersi in diverse regioni del Paese, e che, attraverso le operazioni condotte negli ultimi mesi, che hanno colpito anche giacimenti petroliferi e strutture per la trasmissione di energia elettrica, l’organizzazione starebbe cercando di risollevare il morale di propri combattenti.
Oltre all’episodio del 21 gennaio a Baghdad, il 23 gennaio, le Forze di Mobilitazione Popolare (PMF) sono state il bersaglio di un altro attentato, perpetrato contro la regione di Salah al-Din. Le PMF, altresì note con la denominazione in arabo “Hashd al-Shaabi”, sono una coalizione di milizie paramilitari, in gran parte sciite, appoggiate dall’Iran, le quali hanno partecipato alla lotta contro l’ISIS a fianco della coalizione guidata dagli USA. Il riemergere della minaccia terroristica ha spinto le autorità irachene a condurre diverse operazioni, in collaborazione con la coalizione anti-ISIS, le cui forze aeree sono ritenute essenziali per colpire i rifugi dei gruppi terroristici con maggiore precisione. Una delle ultime operazioni, soprannominata “Vendetta dei Martiri”, è stata lanciata il 23 gennaio e ha portato all’arresto e all’uccisione di diversi combattenti dell’ISIS.
La presunta fine dello Stato Islamico risale al 9 dicembre 2017, quando, dopo tre anni di battaglie, il governo iracheno annunciò la vittoria sull’ISIS. Tuttavia, nel 2020 è stato registrato un crescente riemergere della minaccia terroristica. A tal proposito, un report rilasciato dalle Nazioni Unite, nel mese di agosto 2020, indica che sono più di 10.000 i militanti dell’ISIS ancora attivi in Iraq e in Siria. Questi sono organizzati in piccole cellule e si spostano tra i due Paesi liberamente, mentre altri avrebbero trovato riparo nel Nord-Est dell’Iraq, nella zona montuosa di Hamrin, da cui starebbero conducendo una “guerra di logoramento” contro le forze di sicurezza irachene.
Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)