(Roma 06 dicembre 2020). Nel corso degli anni le conversioni forzate dei cristiani, in Pakistan, sono diventate talmente normali da non far più notizia. Non passa giorno senza che le cronache internazionali ci consegnino nuovi casi di giovani donne minacciate con la violenza, o peggio con i rapimenti, a ripudiare la loro fede cattolica per abbracciare l’Islam. E pensare che nel 2016 sembrava che Islamabad stesse per fare qualche rilevante passo in avanti sul tema della protezione delle minoranze religiose.
Il 24 novembre di quell’anno, il parlamento della provincia del Sindh, situata nella parte meridionale del Paese, aveva dato il via libera a una legge per prevenire e bloccare la piaga delle conversioni forzate in tutto il territorio provinciale (che, per la cronaca, comprende anche la megalopoli Karachi, oggi sotto i riflettori per la sua posizione strategica a picco sull’Oceano Indiano). Sembrava, insomma, che la strada fosse finalmente tracciata.
Non è andata così, visto che il Parlamento nazionale, sotto la pressione dei potenti partiti religiosi e dei movimenti islamici più estremisti, ha bollato quella proposta come contraria “allo spirito fondamentale e ai principi dell’Islam”. La richiesta dei leader facenti capo ai suddetti partiti islamici era chiara: il governo di Sindh doveva abrogare la legge e riferirsi al Consiglio dell’ideologia islamica per vagliare i provvedimenti legislativi.
Una situazione complessa
Quello appena descritto è soltanto uno dei tanti tentativi di integrazione religiosa soffocato dallo strapotere di partiti e movimenti islamici. I quali rendono letteralmente infernale la vita alle minoranze, tra cui indù e cristiani – rispettivamente il 2% e l’1,5% della popolazione pakistana costituita da oltre 210 milioni di persone – ledendone diritti e libertà. I report diffusi da Ong e organizzazioni religiose, già nel quattro anni fa, parlavano di mille ragazze appartenenti alle suddette minoranze rapite ogni anno da potenti uomini musulmani.
Le prigioniere, oltre a dover affrontare conversioni forzate, erano (e sono) costrette a impegnarsi in nozze islamiche. Attenzione però, perché le cifre che leggete sui media considerano soltanto i casi ufficialmente denunciati che, a detta di molti esperti, rappresenterebbero la punta dell’iceberg di un fenomeno ancora più diffuso. Che cosa possono fare le famiglie delle ragazze rapite? Un bel niente. Nella maggior parte dei casi non ottengono giustizia, con il risultato che le violenze perpetuate dai musulmani restano quasi sempre impunite.
Arma di persecuzione
E pensare che, tra le varie proposte rimaste sul tavolo delle istituzioni a prender polvere, troviamo l’idea di creare una speciale Commissione per i diritti delle minoranze del Pakistan e una Legge per la protezione delle minoranze, nella quale la conversione forzata sarebbe considerata un reato penale. Ebbene, lo scorso ottobre, il suddetto progetto di legge per la protezione delle minoranze religiose, presentato a settembre dal senatore Javed Abbasi, del partito conservatore Pakistan Muslim League-N, è stato respinto dalla Commissione per gli affari religiosi del Senato.
La motivazione ? Semplice: le attuali norme pakistane sono sufficienti a garantire i diritti delle minoranze. Uno dei pilastri della legge cestinata riguardava proprio il fenomeno del sequestro di giovani ragazze, spesso minorenni cristiane. Come ha denunciato Shabbir Shafqat, presidente del National Christian Party, in Pakistan la conversione forzata “è diventata uno strumento per perseguitare i cristiani e le minoranze”. Ricordiamo che in Pakistan i rapimenti sono illegali e i matrimoni di minorenni (18 anni) vietate e punite con la pena di morte. Molto spesso le autorità falsificano i documenti delle ragazze rapite, trasformando i reati in conversioni volontarie.
Secondo quanto riferito dal cristiano pakistano Aftab Alexander Mughal, direttore della rivista Minority concern, dal 2018 in poi sono stati uccisi almeno 31 membri appartenenti a comunità di minoranze. Nello stesso lasso di tempo si contano poi 58 ferriti in attacchi mirati e 25 casi di blasfemia, oltre ad almeno sette luoghi di culto delle minoranze vandalizzati. Ma in questo momento i numeri potrebbero già essere cambiati.
Federico Giuliani. (Inside Over)