(Roma 09 novembre 2020). Il governatorato meridionale di Daraa è stato testimone di nuove tensioni “senza precedenti”, da collocarsi nel quadro di una rivalità più ampia che vede la Russia e l’Iran contendersi il controllo della regione.
Secondo quanto riferito dal quotidiano al-Arabiya il 9 novembre, nelle ultime ore le forze dell’esercito affiliato al presidente siriano, Bashar al-Assad, e le milizie filo-iraniane hanno condotto una campagna di raid nelle aree periferiche di Daraa, oltre a istituire posti di blocco e a ostacolare le vie d’accesso principali, mentre fonti locali hanno riferito di aver udito spari provenienti dalla periferia della città. Tali operazioni hanno avuto inizio nella mattina dell’8 novembre ed hanno visto impegnate soprattutto le forze della cosiddetta Quarta Divisione. Tuttavia, secondo quanto specifica al-Arabiya, si tratta della prima campagna di tal tipo dal 2018, a seguito dell’accordo con i gruppi ribelli, raggiunto sotto l’egida della Russia.
L’area di Daraa è nota per essere stata la culla della rivoluzione in Siria, che ha avuto inizio il 15 marzo 2011 ed è tuttora in corso. In particolare, è qui che alcuni giovani ribelli avevano scritto su un muro uno dei primi slogan antiregime, tra cui “È il tuo turno, dottore”, con riferimento al presidente siriano, Bashar al-Assad. Risale al mese di luglio 2017 l’accordo per il cessate il fuoco a Daraa, Quneitra e Suweida, in cui parteciparono anche Stati Uniti, Russia e Giordania. Combattenti e famiglie locali hanno poi evacuato l’area nel mese di luglio 2018, dopo settimane di violenti bombardamenti, seguiti da un accordo di resa con il regime siriano e la Russia.
Diversamente da altre zone circostanti, ritornate, nel corso del tempo, nelle mani del regime, l’esercito di Assad non ha dispiegato le proprie forze nell’area, facendo affidamento su alleati presenti sul posto per garantire la sicurezza della provincia. Numerosi combattenti dell’opposizione sono, però, rimasti nel governatorato, mantenendo il controllo di vaste aree rurali a Sud, Est ed Ovest. Alcuni cooperano con le istituzioni statali, altri si sono uniti al contingente dell’esercito del regime appoggiato dalla Russia. Pertanto, i diversi gruppi di opposizione del governatorato di Daraa sono in parte appoggiati da Mosca, con particolare riferimento a quelli stanziati a Nord e Nord-Est, mentre altri ricevono il sostegno di Teheran e di Hezbollah.
Tra gli attori attivi a Daraa vi è la Quinta Brigata russa, la quale è in conflitto con la Quarta divisione guidata da Maher al-Assad, fratello del presidente Bashar. Entrambe sono interessate ad assumere il controllo della regione, ma la loro conflittualità è, in realtà, il riflesso di una contesa tra Mosca e Teheran, relativa alla loro presenza nel Sud del Paese.
Già nel mese di giugno scorso, l’ottavo battaglione della Quinta Brigata, formato soprattutto da ex ribelli, si è impegnato nel contrastare le mire espansionistiche di Teheran verso Horan. Parallelamente, nello stesso periodo, Mosca ha cercato di reclutare un maggior numero di combattenti nella Brigata ad essa affiliata e si stima che siano stati circa 400 i nuovi combattenti, anch’essi ex membri dell’opposizione, unitisi ai ranghi filorussi. Ciò si è verificato in un momento in cui la divisione Al-Ghait, vicina alle Guardie della Rivoluzione Islamica iraniane, si è schierata nelle aree rurali di Daraa, perpetrando altresì omicidi contro coloro che si oppongono all’espansione di Teheran.
La regione meridionale assiste quasi quotidianamente ad attacchi e omicidi, perpetrati perlopiù con armi da fuoco e ordigni esplosivi da gruppi armati sconosciuti, che colpiscono membri del regime e suoi alleati, nonché persone impegnate all’interno dei “gruppi di riconciliazione”. Il gruppo “Ahrar Horan” ha documentato l’uccisione di 43 persone, tra cui due bambini, nel corso del mese di ottobre, uccise a colpi di arma da fuoco, a seguito dell’esplosione di residui bellici o di altri ordigni esplosivi, così come a causa delle torture subite nelle strutture di detenzione del regime. Inoltre, sono stati registrati 25 arresti da parte delle forze governative durante lo stesso periodo. Stando ai dati dell’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (SOHR), il numero di vittime da giugno 2019 ad oggi ammonta a 493, di cui 138 civili. Per la popolazione locale, la responsabilità è da attribuirsi prevalentemente all’esercito di Damasco e ai gruppi ad esso fedeli, i quali mirano ad ostacolare le forze di opposizione e le mire espansionistiche di Teheran nella regione.
Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)