Prende il via domani a Khartum il processo all’ex presidente del Sudan, Omar al Bashir, che dovrà rispondere del colpo di Stato che nel 1989 rovesciò il governo democraticamente eletto dell’allora primo ministro Sadek al Mahdi. Si tratta di un processo senza precedenti nel mondo arabo, in quanto l’autore di un colpo di Stato non è mai stato processato nella storia recente. Bashir sarà giudicato insieme ad altri 16 imputati (dieci militari e sei civili), fra cui gli ex vice presidenti Ali Osman Taha e Bakri Hassan Saleh. Come riferito dal legale Moaz Hadr, Bashir e Saleh hanno rifiutato di collaborare durante le indagini preliminari che hanno condotto al processo, ma saranno presenti in aula. L’ex presidente sudanese è stato giudicato per altri crimini e affronta numerosi processi: nel dicembre scorso Bashir è stato condannato da un tribunale di Khartum a due anni di «arresti domiciliari» per corruzione, dopo essere stato rovesciato nell’aprile 2019 in seguito alle proteste di piazza.
Bashir, 75 anni, è comparso per la prima volta davanti ai pubblici ministeri di Khartum il 16 giugno del 2019, quando è stato formalmente incriminato per corruzione e riciclaggio di denaro dopo che nella sua residenza sono stati sequestrati più di 113 milioni di dollari in contanti. In merito a quest’ultimo processo, la difesa ha sostenuto l’innocenza di Bashir, affermando che durante il suo mandato l’ex presidente ha speso denaro pubblico per «questioni di interesse nazionale». L’ex leader sudanese era stato inoltre chiamato a giustificare i suoi presunti legami con terroristi, che hanno portato il Sudan ad essere inserito nell’elenco statunitense dei paesi finanziatori del terrorismo insieme a Iran, Siria e Corea del Nord. Il fondatore di al Qaeda, Osama Bin Laden, ha vissuto in Sudan tra il 1992 e il 1996. La Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja ha inoltre emesso mandati di arresto contro Bashir nel 2009 e 2010 con l’accusa di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio nella regione sudanese del Darfur, crimini per i quali numerose Ong, fra cui Amnesty International, hanno ripetutamente chiesto un processo davanti alla Corte.
Nel febbraio scorso il governo di transizione del Sudan ha inoltre accettato l’estradizione di Bashir, al potere per 30 anni, e la sua consegna alla Cpi. L’annuncio è arrivato tramite il portavoce del governo, Mohammed Hassan al Taishi, a margine dei colloqui con i ribelli del Darfur, in corso nella capitale del Sud Sudan, Giuba. Oltre a Bashir, saranno estradate altre tre persone indagate per i crimini di guerra dalla Corte dell’Aja: Abdel Rahim Hussein, Ahmed Haroun e un leader della milizia Janjawid, Ali Kushayb. «Abbiamo concordato di sostenere pienamente la Cpi accettando di consegnare Bashir e altri tre imputati», ha detto Taishi, precisando che questa è la posizione ufficiale del governo. Taishi ha aggiunto che il governo di transizione del Sudan ha la volontà politica di porre fine al conflitto nel Darfur, precisando al contempo che la giustizia è l’unico modo per raggiungere un accordo di pace globale. (Agenzia Nova)