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«Biden ha visto i piani militari contro Teheran». Alla Casa Bianca l’ipotesi di un attacco contro gli ayatollah

(Roma, 05 gennaio 2025). Secondo un ex consulente di Obama e Biden gli Usa dovrebbero prepararsi ad attaccare il programma nucleare iraniano lasciando però un’ultima possibilità alla diplomazia

Un’ultima possibilità per l’Iran prima di un attacco americano al programma nucleare di Teheran. Si può riassumere così l’analisi pubblicata nelle scorse ore dalla rivista specializzata Foreign Affairs. A sorprendere gli osservatori non è solo la constatazione che la finestra temporale per risolvere il complicato dossier internazionale si stia per chiudere ma anche il fatto che l’autore dell’intervento sia Richard Nephew, ex consulente per i rapporti con la Repubblica Islamica dell’ex presidente Barack Obama e dell’attuale inquilino della Casa Bianca Joe Biden: i due massimi esponenti del partito democratico che più di tutti si sono spesi per trovare l’accordo con il regime degli ayatollah al fine di allontanare lo spettro della soluzione militare.

Durante l’amministrazione Obama, Nephew ha partecipato ai lavori che hanno portato alla firma nel 2015 del Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa), l’intesa, rinnegata poi da Donald Trump, che avrebbe dovuto arrestare la corsa agli armamenti nucleari da parte dell’Iran in cambio di un alleggerimento delle sanzioni. Da allora la situazione è molto cambiata. L’ex consulente e docente alla Columbia University afferma infatti che “il programma nucleare iraniano non è più in fase nascente” e Teheran “in realtà ha quasi tutto ciò che serve per costruire un’arma atomica”.

Nephew riconosce che ci sono ancora buoni motivi per non bombardare l’Iran. Farebbe aumentare il caos in Medio Oriente e sarebbe uno spreco di risorse per un’America intenzionata a concentrarsi su altre regioni, è il ragionamento dell’esperto che sottolinea anche come il rischio di fallimento di un raid contro gli impianti della Repubblica Islamica potrebbe comportare solo un rallentamento sulla tabella di marcia degli iraniani e un danno alla credibilità degli Stati Uniti.

Se per l’ex consulente è vero che “la soluzione migliore e più duratura al problema rimane un accordo diplomatico” allo stesso tempo Teheran, in una posizione di grande vulnerabilità dopo i colpi ai suoi proxy lanciati da Israele, “ha bisogno di un nuovo deterrente”. Specialmente se si considera che la comunità internazionale è divisa sulla strada da seguire e le dure sanzioni in vigore vengono violate da Cina, India e Russia. Nephew sostiene che “gli incentivi di Teheran a passare al nucleare non sono mai stati così grandi e i suoi costi previsti sono probabilmente diminuiti”. Fatte queste premesse, gli States dovrebbero quindi pianificare un’azione militare assicurandosi che l’Iran capisca che la minaccia è reale. In parallelo, considerati i rischi dell’opzione militare, gli Usa dovrebbero cercare di fare un ultimo tentativo per raggiungere una soluzione diplomatica. “Se ciò fallisce”, conclude Nephew, “Washington deve essere pronta”.

In effetti qualcosa alla Casa Bianca si starebbe già muovendo. Come riporta Axios, alcune settimane fa il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan avrebbe presentato al presidente Biden alcuni piani per possibili attacchi Usa ai siti nucleari iraniani. Tali incursioni potrebbero essere approvate qualora il regime degli ayatollah dovesse imprimere l’acceleratore sul suo programma atomico prima del prossimo 20 gennaio, data d’insediamento di Trump.

Stando a quanto rivelato, Biden avrebbe visionato nel corso del briefing “varie opzioni e scenari”. La convocazione del meeting, precisano le fonti consultate da Axios, non sarebbe arrivata dopo la scoperta di nuove informazioni di intelligence e al termine dell’incontro il presidente uscente non avrebbe preso una decisione finale su come agire. Sullo sfondo incombe il ritorno a Washington di The Donald. ll Wall Street Journal riporta che il tycoon sarebbe intenzionato a sfruttare il momento di debolezza di Teheran varando nuove sanzioni e valutando raid preventivi. Sanam Vakil della Chatam House ritiene che le profonde sfide che l’Iran deve affrontare potrebbero spingere i suoi leader ad aprire alle trattative.

Per l’esperta « c’è una finestra ristretta nella quale il regime sarà desideroso di negoziare » ma Trump punterebbe ad « un compromesso che gli iraniani potrebbero non essere pronti ad accettare ». Per la Repubblica Islamica si potrebbe dunque prospettare « una situazione dolorosa in arrivo ».

Di Valerio Chiapparino. (Il Giornale)

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